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Buco ozono... e nel cielo si produsse uno squarcio
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Articolo di Alexander Stim *
18 maggio 2010 14:32
 
Venticinque anni fa i ricercatori scoprirono che lo strato d'ozono s'assottigliava. La storia di un'azione di salvataggio.

Un buco nell'ozono? Sciocchezze! Jonathan Shanklin, giovane fisico del Centro di ricerche sui Poli a Cambridge, non dava nessun peso agli scenari terrorizzanti che i giornali britannici dipingevano nei primi anni '80. Lui aveva a che fare tutti i giorni con i dati dell'ozono e non s'era mai imbattuto in variazioni significative.
Perciò, quando nel 1983 dovette organizzare la Giornata delle porte aperte del suo Istituto, stampò alcuni grafici utili a convincere i visitatori che la fascia d'ozono era nella norma. Solo che quei diagrammi mostrarono il contrario, persino a lui. Uno sguardo più approfondito alle cifre e alcune discussioni lo indussero a rivedere la sua posizione.
Due anni dopo, il 18 maggio 1985, egli pubblicò con alcuni colleghi un saggio innovativo su Nature, dove spiegava che per la fascia d'ozono i problemi erano seri. Senza volerlo, Shanklin aveva scoperto il buco nell'ozono. La conseguenza fu la paura che cominciò a serpeggiare tra la gente, ma anche una nuova consapevolezza. In poco tempo le scoperte di Shanklin divennero il simbolo della distruzione della Terra a opera dell'uomo e l'avvio del piano di salvataggio più grande e più efficace mai intrapreso. "Come per molte scoperte scientifiche, anche nel nostro caso la fortuna ha giocato un ruolo importante", spiega oggi Shanklin. All'inizio degli anni 1980 egli doveva elaborare al computer i valori dell'ozono misurati manualmente dal British Antartic Survey. Ma le cose andavano per le lunghe e i dati storici da immettere si accumulavano. "Per caso, in quel cumulo si trovava anche il decennio decisivo, quello in cui i valori dell'ozono cominciarono a scendere", ricorda Shanklin nell'articolo odierno su Nature.  

Le preoccupazioni a farsi la barba

Che lo strato d'ozono fosse a rischio l'avevano previsto già dieci anni prima i chimici Mario Molina e Sherwood Rowland, poi insigniti del premio Nobel. Leggenda vuole che, all'epoca, mentre si stava radendo, Molina un giorno s'interrogasse sui possibili effetti per l'ambiente del propellente della schiuma da barba. A seguito di ricerche approfondite, il duo giunse a una conclusione inquietante: i composti chimici industriali fluoroclorocarburi (cfc) sono potenzialmente dannosi alla fascia protettiva d'ozono. Ma Molina allora non disponeva di dati attendibili dell'atmosfera.
Quei dati si trovavano invece nell'archivio di Shanklin, che, insieme ai colleghi Joseph Farman e Brian Gardiner, andò a frugare tra le cifre dell'ozono del periodo 1957-1984. E dai loro calcoli emerse un quadro che impressionò il mondo scientifico: non solo esso dimostrava una forte riduzione della concentrazione d'ozono a partire dalla metà degli anni 1970, ma ne attribuiva una delle responsabilità agli cfc. Prontamente la Nasa rielaborò le misurazioni satellitari degli anni prima che non avevano rilevato alterazioni nella fascia. Questa volta dovette ammettere che un algoritmo automatico aveva selezionato dei dati ingannevoli: essendo minimi, il computer li aveva considerati come semplici errori di misurazione, mentre ora emergeva che, tra il 1975 e il 1985, la concentrazione d'ozono sull'Antartico era diminuita del 40%.
Per l'opinione pubblica fu uno choc. In un'epoca di crescente consapevolezza ecologica e in cui si discuteva di lotta alle deforestazione, la notizia del "buco nell'ozono" provocò nuove paure, soprattutto riguardo ai tumori della pelle, visto che l'ozono protegge in modo naturale dai raggi solari. Le sue molecole, composte di tre atomi d'ossigeno, assorbono infatti oltre il 90% dei raggi uv-b a un'altitudine di 15-25 chilometri. E basta una minima riduzione a causare delle conseguenze negative; se la concentrazione d'ozono nella stratosfera diminuisce del 10%, l'impatto dei raggi uv-b aumenta della metà sulla superficie terrestre, ciò che, secondo le previsioni dell'epoca, poteva causare ogni anno 250.000 nuovi casi di cancro alla pelle. 

"Una leggenda fantascientifica"

I produttori dei killer dell'ozono fecero spallucce. Il responsabile dell'azienda chimica DuPont viene ricordato ancora oggi per aver detto che la teoria della distruzione della fascia protettiva d'ozono altro non era che "fantascienza, un mucchio di stupidaggini, pura idiozia". 
I politici non seguirono le lobby industriali. Il 16 settembre 1987, appena due anni dopo la pubblicazione di Shanklin, 47 Stati sottoscrissero il protocollo di Montreal, in base al quale i cinque cfc più nocivi dovevano essere banditi entro il 1996. In seguito, nella lista delle sostanze vietate vennero aggiunti altri prodotti chimici al cloro e al bromo. Nel frattempo il protocollo è stato firmato da 196 Stati. Per Kofi Annan, ex Segretario generale dell'Onu, è stato probabilmente "l'intesa internazionale di maggior successo di tutti i tempi".
In effetti sembra che funzioni. E' vero che il buco nell'ozono sopra l'Antartico s'allarga sempre a settembre -l'anno scorso era di 24 milioni di chilometri quadrati (a causa delle condizioni meteo al Polo Sud). Ma sul Nordeuropa la concentrazione  è continuata a crescere; dalla metà degli anni '90 è cresciuta dello 0,2% l'anno. Per i ricercatori il maggior successo dell'accordo di Montreal è però la riduzione dei valori di cloro e bromo nella stratosfera, la cui concentrazione dieci anni fa aveva superato il limite massimo.
Ci vorrà ancora tempo prima che lo strato d'ozono si ricostituisca completamente. Non prima del 2050; Shanklin calcola il 2080. Il motivo della lunga attesa? I cfc hanno una vita lunga. In più, la fascia d'ozono è minacciata da un nuovo rischio. Mentre le temperature aumentano sulla Terra, il mutamento climatico riserva giorni più freddi alle sfere superiori dell'atmosfera. E il freddo, soprattutto se la temperatura è sotto i 78 gradi celsius, è nemico dell'ozono.

Non c'è una soluzione rapida per la salvaguardia del clima

A differenza del buco dell'ozono, la tutela del clima non avrà una soluzione veloce. "Allora l'opinione pubblica voleva che succedesse subito qualcosa. Le prove erano forti e convincenti, il buco dell'ozono aveva un suono sinistro, il legame con il tumore della pelle sfuggiva alle previsioni", dice Jonathan Shanklin. Inoltre, l'industria, dopo le resistenze iniziali, trovò subito le alternative ai killer dell'ozono, ricavandoci dei bei guadagni. Nessuno ci ha rimesso, nessuno ha dovuto rivoluzionare il proprio stile di vita. "Il cambiamento climatico attuale è diverso. Le persone hanno l'impressione che la civiltà stia per sprofondare se non rinunciamo all'auto e se non modifichiamo radicalmente la nostra vita. Nessuna meraviglia dunque se l'irritazione e le resistenze sono forti".
Ma anche la partita dell'ozono non è conclusa. Nonostante le alternative ai cfc, nonostante Montreal, nonostante le prove convincenti... la fascia non è ancora salva. Negli ultimi anni gli studiosi dell'atmosfera hanno individuato un nuovo nemico della protezione solare terrestre: il gas N2O. Questa sostanza incolore innesca nella stratosfera un'incontrastata reazione a catena che distrugge velocemente l'ozono. Ed entra sempre più spesso in azione. Il gas -protossido d'azoto- viene dall'agricoltura intensiva e dall'allevamento industriale tramite gli impianti d'incenerimento e di depurazione, ma soprattutto dall'uso dei fertilizzanti all'azoto. E ciò potrebbe rappresentare una nuova minaccia. Dunque, malgrado i successi, la battaglia non è ancora vinta. Anche perché, rispetto alle bombolette spray e ai prodotti refrigeranti, l'agricoltura è un osso molto più duro, meno facilmente convertibile e con costi di ben altra dimensione.

* pubblicato sul quotidiano Sueddeutsche Zeitung del 18/05/2010

(traduzione di Rosa a Marca)
 
 
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