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Il Carnevale della Dea Iside
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Articolo di Gian Luigi Corinto
20 febbraio 2023 10:59
 
 Il sospetto era grande: che la Madonna col bambino assomigliasse troppo alla rappresentazione di Iside che allatta Horus mi era venuto, e non solo a me, ma che l’insidia di una falsa origine si annidasse anche nel nome del Carnevale non mi aveva sfiorato. Ma il primo dubbio mi ha portato ad indagare.

L’etimo del nome della festa degli scherzi è sorprendente e trasgressivo: tutto quello che avete saputo finora sul nome del Carnevale non è vero, si tratta di uno scherzo. Non è per nulla certo che Carnevale derivi da carnem levare, banale espressione quaresimale cara al Cristianesimo. La parola ricorda più il nome di una festa di origine orientale in onore della dea egizia Iside, il Navigium Isidis, che anche i Romani praticavano con grande soddisfazione e molto fracasso. Era una festa orgiastica? Non del tutto, ma era una festa popolare e certamente sfrenata perché celebrava le forze del caos. Era una processione religiosa a seguito di una nave a ruote (dal cui nome in latino carrus navalis si contrae facilmente in Carnevale), nella quale erano allegoricamente rappresentate le forze del caos che contrastavano la creazione e la ricreazione dell’universo. Il seguito era di personaggi mascherati impegnati e canti e balli.
Il mito egizio racconta che Iside navigò per tutti i mari del mondo alla ricerca del corpo smembrato dell’amato (carnalmente) fratello Osiride per ricomporlo. L’etimo è quindi convincente per il suono e per la coincidenza nel calendario della festa di Iside con il nostro periodo del Carnevale e della Quaresima.
Di fronte a questa fascinazione, ogni altra interpretazione sull’origine della parola Carnevale appare molto pallida. Carne vale! carne, addio! ha lo stesso senso di carnem levare e significa che iniziano i digiuni quaresimali e si salutano i piatti di carne. Più interessante è la derivazione dal nome della dea Carna, divinità delle fave e del lardo, piatto rustico tuttora servito a chiunque partecipi al Carnevale di Mamoiada in Sardegna. Ci sono stato a Mamoiada, una decina di anni fa, e ho mangiato il piatto, ma avevo banalmente pensato che fosse un piatto tipico della cucina povera sarda. Anche carne a scialo, Carnasciale, è suggestivo e almeno rispecchia il senso del Carnevale: divertirsi e mangiare. Per alcuni fantasiosi Carne-vale si troverebbe anche nel nome di San Valentino, festeggiato un po’ ovunque il 14 febbraio. Questi più che fantasiosi sono degli sciagurati a cui una coincidenza può apparire come una forma di erudizione etimologica.
Ma eccoci al dunque della trasgressione onomastica. Il nome cristiano del Carnevale sembra proprio una deformazione (uno scherzo da preti) di una tradizione pagana. Perché chiamare con un nome che mortifica la carne una festa che invece esalta i sensi carnali ed è programmaticamente la festa del caos? La risposta va cercata nella negazione del godimento, nella soppressione del divertimento, nell’abolizione della tavola grassa (Il Berlingaccio). Basta vino, basta salsicce, chinate il capo, cospargetelo di ceneri, memento mori, vi aspetta la dannazione eterna.
 
Chiamare con nome negativo una festa significa dichiarargli guerra. Una specie di Lotta tra Carnevale e Quaresima, come nell’omonimo dipinto di Pieter Bruegel (1559). Dove mi vedo? Se guardate bene sono nella parte sinistra della rappresentazione, dietro a un uomo grasso che cavalca un barile e regge uno spiedo con polli infilzati, circondato da succulente pietanze. Stateci voi a destra, dietro a una donna smunta, pallida e laida, che regge una pala con due aringhe. A Carnevale io mi sono sempre accodato al grasso senza pensare alla megera secca, che porta a tavola un paio di pesci affumicati per non farli andare a male.

La guerra al culto di Iside era cominciata molto tempo prima. I primi imperatori convertiti Teodosio (391) e Arcadio (396) si erano opposti alla processione di Iside, tanto che in Italia il Navigium Isidis cessò nel 416, continuando a dispetto dei santi col nome popolare di Carnevale. I nemici veri e propri del Carrus navalis sono stati il frate francescano Salimbene da Parma, il domenicano Savonarola, e il Papa Benedetto XIV. A Reggio Emilia, qualcuno si era fatto dare le tonache dei frati con la scusa di renderle impermeabili. Per gettare scandalo sul convento le usarono per travestirsi da frati, ballare e cantare durante il Carnevale. Ancora oggi travestirsi da fratacchioni che si alzano la tonaca piace molto. Salimbene non poteva fare altro che tuonare contro l’oltraggio.

Anche a Firenze Savonarola tuonava dal pulpito contro le perverse abitudini del Carnevale, perché troppi erano consueti andare in maschera, far cene e banchetti con molte impudicizie, giochi e fiumi di vino. Cacciato il predicatore i fiorentini erano tutti contenti di poter riprendere a “sodomitare”: Di doman non c’è certezza, chi vuol esser lieto sia…

Un nemico totale del Carnevale fu Papa Benedetto XIV (1675-1758), molto più noto come lo scanzonato Cardinale Lambertini di Alfredo Testoni, interpretato a teatro da Ermete Zacconi e in un film da Gino Cervi. Si fece premura di inventare le encicliche papali e di usare la prima proprio per condannare il Carnevale. E se il Papa la pensava così mi posso immaginare che cosa pensassero preti e cardinali ben più accigliati: “Nel primo giorno di Quaresima molti vengono in chiesa ancora travestiti da bagordi e a malapena si tolgono la maschera”, tuonavano dai pulpiti contro chi si divertiva.
Il Navigium Isidis degli antiche Egizi coincideva con l’inizio della stagione della navigazione e i festeggiamenti annuali prevedevano la sfilata di navi montate su ruote per passare dal tempio di Iside al varo in mare. Non a caso i Carnevali più antichi e famosi si celebrano in città di mare o affacciate su fiumi navigabili, come Viareggio, Venezia, Rio de Janeiro, Colonia e Basilea sul Reno, Roma sul Tevere. La festa di Iside durava quaranta giorni, ma la Chiesa, quando Teodosio dopo il 391 ufficializzò il cattolicesimo come religione dell’Impero Romano, la divise in due parti e in due tempi. Funziona sempre il divide et impera: la resurrezione della carne, la ricomposizione del corpo smembrato di Osiride, la Pasqua di Cristo, fu fissata alla domenica successiva all’equinozio di Primavera. La data della processione navale fu portata indietro di quaranta giorni per evitare al massimo la contaminazione tra la festa della carne e la tristezza quaresimale. A Carnevale ogni scherzo vale ma bisogna dare a Iside quello che è di Iside.
 
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