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Chiedete alla destra i rapporti col gruppo di Visegrad non con i gruppuscoli fascisti
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Articolo di Nicola Cariglia
25 ottobre 2021 18:07
 
C’è un po’ troppa confusione in Italia sulla questione del “pericolo” fascista e in troppi non la raccontano giusta. E’ vero che lo spauracchio è stato ed è, talvolta, usato contro i partiti di estrema destra (ieri MSI, oggi FdI) allo scopo di metterli in difficoltà. Altrettanto vero è che di fronte all’invito, rivolto da più parti, non necessariamente avverse, a condannare senza equivoci i gruppi di estrema destra autori di violenze, il partito di Giorgia Meloni spesso tergiversa e, dunque, appare come se fosse in imbarazzo. Non giova tirare in ballo i crimini del comunismo, in contrapposizione a quelli del fascismo e viceversa. In questo modo gli eredi di entrambi questi due partiti che instaurarono ferocissime dittature si condannano a portarsi dietro il fardello del passato, del quale, peraltro, nessuno sente il bisogno. Del resto, ci fu un tempo (fine anni ’50 inizio anni ’60) nel quale i comunisti del PCI ed i missini (non li chiamo neofascisti anche se all’epoca ce n’erano certamente) si allearono per governare assieme una Regione importantissima, la Sicilia. E, dunque, non si vede come possano, entrambi andare a frugare in un passato dal quale farebbero bene a stare lontani. Oggi Giorgia Meloni ed il suo Partito sono a pieno titolo rappresentati in Parlamento, così come lo erano, ieri, il PCI ed il MSI. E le domande da fare alla leader di Fratelli d’Italia sono altre: non i rapporti con i gruppi fascisti per una improbabile conquista del potere con il loro aiuto che solo se fosse pazza potrebbe avere in mente. Le domande riguardano piuttosto la sua vicinanza con i Paesi del Gruppo di Visegrad: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e la condivisione delle sue posizioni: dal problema dei migranti alla politica autoritaria che caratterizza alcune riforme istituzionali di questi paesi. E, soprattutto l’insofferenza nei riguardi di Bruxelles, appena espressa dalla Polonia con il rifiuto di adeguarsi alla supremazia delle decisioni dell’Unione Europea secondo quanto previsto dai trattati che pure erano stati sottoscritti e la recente sentenza della Corte costituzionale polacca, che vieta l’aborto anche in caso di malformazione del feto.
Ecco, una risposta chiara, non reticente, a queste domande per la politica italiana sarebbe utile. E forse anche a Fratelli d’Italia e alla Lega se su questi temi sviluppassero una riflessione approfondita e spregiudicata.
(Pensalibero.it)
 
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