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Controriforma professione forense. Il ministro della Giustizia, piu' che interlocutore sembra un ostacolo: corporativismo travestito da modernismo
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Articolo di Vincenzo Donvito
16 aprile 2010 14:57
 
Riportiamo integralmente in calce l'editoriale che oggi 16 aprile il ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, ha pubblicato sul quotidiano “IlSole24Ore” (1). La sua lettura e' determinante per capire le nostre osservazioni, per cui consigliamo di leggerlo prima di quanto a seguire scriviamo.
Sulla riforma della professione forense abbiamo gia' espresso in modo articolato il nostro pensiero e le nostre iniziative anche parlamentari, per cui qui ci limitiamo ad alcune osservazioni sul pensiero compiuto del nostro ministro nel rapporto tra professionista e quello che lui chiama consumatore, con la conclusione -sconsolata- che Angiolino Alfano e' un ostacolo e non un interlocutore.
Il suo corporativismo (che non chiamiamo fascista per rispetto storico di una concezione economica ed illiberale dell'organizzazione della professione forense), ovviamente si manifesta negando di essere tale e, soprattutto, presentandolo come metodo di lotta proprio al corporativismo... potenza del linguaggio e delle frasi ad effetto. Stesso linguaggio e stessi effetti il nostro usa nella parola “consumatore”, dimenticando (per volonta' od ignoranza, poco importa) che non e' sinonimo di cliente (obbligato, quindi suddito), ma soggetto portatore di interessi e diritti nell'ambito di un rapporto economico paritario. Rapporto economico che il nostro ministro dimostra di ignorare del tutto, quando lo considera solo come rapporto di fiducia tra il professionista (detentore della scienza) e il fruitore dello stesso. Infatti Alfano critica le timide (secondo noi) riforme Bersani della passata legislatura perche' -secondo lui- non solo non avrebbero portato benefici ai consumatori (abolizione tariffe minime) ma anche danni ai professionisti, costretti a guadagnar meno proprio in un momento di crisi economica. Dice letteralmente il ministro: “L'errore di fondo di quelle iniziative sta nell'avere immaginato una dicotomia fallace secondo cui il professionista e il consumatore sono controparti, trascurando, invece, il fatto che il legame tra il cittadino e il libero professionista è basato sulla fiducia nella qualità della prestazione fornita”. Il cliente che prima Alfano ha chiamato “consumatore” qui diventa “cittadino” e le parti contrattuali sono lette come “controparti”, cioe' di per se' in conflitto e non soggetti di eguale diritto e diritti che raggiungono un accordo.
E, con questa impostazione, Alfano “chiude” il “capitolo” dedicato al consumatore in questo modo: “La riforma che il governo intende varare porrà gli interessi dei consumatori in primo piano, ma in un modo totalmente differente, cioè puntando innanzitutto a garantire con più rigore la qualità del prodotto professionale, e costituirà il punto di equilibrio tra la tutela del consumatore cittadino, la tutela della dignità dei professionisti, la garanzia di un futuro dignitoso ai giovani meritevoli e il rispetto degli impegni comunitari”. Il consumatore, dopo esser diventato cittadino, torna nella nuova veste di cittadino consumatore negando, per l'appunto il suo ruolo di consumatore, ma esaltando solo quello di cittadino-suddito che puo' e si deve solo fidare del professionista senza alcun proprio potere contrattuale. Il perfetto contrario di qualunque politica liberale e liberista.
Ci fermiamo qui. Tutto quello che poi dice il nostro ministro (i giovani che vengono valorizzati, la professionalita' il mercato, la presunta affinita' della sua riforma alle direttive comunitarie, etc..) e' ampiamente e ben smontato da quanto Claudia Moretti, legale Aduc, ha scritto nella presentazione delle nostre iniziative.

(1) n.b. La nota * in cui si riporta l'articolo 33 della Costituzione e' nostra.

Da IlSole24Ore del 16 aprile 2010
IDEE / L'Ordine dei cittadini vero obiettivo della riforma
di Angelino Alfano
Con la convocazione degli stati generali delle professioni, il governo ha inteso lanciare l'ambiziosa sfida a realizzare prima possibile la riforma delle professioni, in coerenza agli impegni assunti con gli elettori per rilanciare l'economia del nostro paese.
Il superamento di una delle crisi economiche più gravi degli ultimi decenni richiede il contributo delle migliori energie del nostro paese e, tra queste, occupano un posto di eccellenza le energie dei due milioni di professionisti che operano in Italia i quali, pur rappresentando solo il 3,3% della popolazione, producono il 12,5% del Pil.
La congiuntura economica ha colpito duramente il mondo delle professioni, privo di ammortizzatori sociali e perciò più indifeso, con grave danno soprattutto per i professionisti più giovani.
Intendiamo reagire a questo stato di cose approvando, innanzitutto, uno Statuto delle Professioni con il quale verranno fissati i principi generali validi per tutti gli Ordini, procedendo altresì a interventi specifici volti a modernizzare le regole di ciascuna singola professione, senza che ciò significhi dimenticare quelle non regolamentate, anch'esse bisognose di una disciplina.
Le iniziative assunte dal precedente governo, sebbene adottate sotto la bandiera della tutela dei consumatori, non hanno apportato alcun apprezzabile beneficio per questi ultimi, mentre hanno danneggiato fortemente i professionisti, privandoli di una fondamentale tutela proprio nel momento in cui si abbatteva su di loro la crisi.
L'errore di fondo di quelle iniziative sta nell'avere immaginato una dicotomia fallace secondo cui il professionista e il consumatore sono controparti, trascurando, invece, il fatto che il legame tra il cittadino e il libero professionista è basato sulla fiducia nella qualità della prestazione fornita.
La riforma che il governo intende varare porrà gli interessi dei consumatori in primo piano, ma in un modo totalmente differente, cioè puntando innanzitutto a garantire con più rigore la qualità del prodotto professionale, e costituirà il punto di equilibrio tra la tutela del consumatore cittadino, la tutela della dignità dei professionisti, la garanzia di un futuro dignitoso ai giovani meritevoli e il rispetto degli impegni comunitari.
Come ci ricorda anche l'Europa, il settore delle professioni è caratterizzato da un'asimmetria informativa: i professionisti dispongono di un elevato livello di competenze tecniche che i consumatori non necessariamente possiedono, cosicché questi ultimi incontrano difficoltà per valutare la qualità dei servizi loro forniti.
Consapevole di ciò, il legislatore costituzionale ha fatto una scelta importante, con l'articolo 33 (*) della Costituzione, sancendo la necessità, attraverso il sistema ordinistico, di un controllo pubblico sull'esercizio delle professioni intellettuali.
Ecco perché occorre responsabilizzare al massimo gli ordini professionali, rendendoli i primi garanti della qualità dei servizi resi dai loro iscritti e allontanando qualunque tentazione di corporativismo.
Vanno cambiate le regole assicurando rigore nella selezione dei professionisti, istituendo un obbligo di aggiornamento professionale e incentivando una maggiore specializzazione, senza trascurare l'importanza della possibilità di scambio culturale tra le professioni, grazie alla possibilità di creare società multidisciplinari.
È indispensabile garantire la massima trasparenza dei rapporti con i clienti, con una radicale riforma della giustizia disciplinare, che ne assicuri l'imparzialità e l'efficienza, nonché attraverso la semplificazione della disciplina delle tariffe professionali, per renderle semplici, eque e comprensibili ai cittadini.
Lo Statuto delle Professioni che il governo ha in mente dovrà sancire un binomio inscindibile tra qualità elevata della prestazione e adeguatezza del compenso: non possiamo più negare ai liberi professionisti il diritto a un'esistenza libera e dignitosa che deriva da una retribuzione realmente proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.
Alla base della sfida lanciata c'è l'idea di offrire ai professionisti una motivazione in più a lavorare per se stessi e per il paese, perché promuovendo se stessi promuovono l'economia italiana e tutto ciò non può che far bene all'Italia.

(*) Articolo 33 della Costituzione
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E` prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
 
 
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