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La Corte federale tedesca rinvia la sentenza sulla brevettibilità delle cellule staminali embrionali
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Articolo di Redazione
14 novembre 2009 9:57
 
Era parso chiaro fin dalle prime schermaglie: i giudici della Corte federale tedesca (BGH) vogliono il parere della Corte di giustizia delle Comunità europea prima di decidere sul delicato caso della patentabilità delle cellule staminali embrionali. Serve un'interpretazione della questione pregiudiziale, ossia se il quesito sia giudicabile alla luce della direttiva europea in materia di brevetti biologici, ha comunicato la Corte il 12 novembre.
Greenpeace s'era opposta al brevetto richiesto dal ricercatore Oliver Bruestle vari anni fa, perché sosteneva che la patente avrebbe portato all'uccisione degli embrioni a fini commerciali. E il tribunale dei brevetti le aveva dato parzialmente ragione. Ora il verdetto finale spetta a BGH, che però si riserva d'interpellare la Corte di giustizia europea. L'esperienza insegna che ci vorrà almeno un anno perché si pronunci. 
L'organizzazione ecologista attacca la brevettabilità del procedimento con le cellule staminali per motivi etici. Sostiene che, alla fine, s'arriverà all'uso commerciale degli embrioni -proibito sia dalla direttiva europea sia dalla legge tedesca sulla patentabilità. Ma il ricercatore si richiama alla legge sulle cellule staminali, la quale autorizza, sebbene a determinate condizioni, la ricerca con le cellule staminali. Ciò che è legale non può essere vietato dalla legge sulla patentabilità, sostiene la difesa di Bruestle.
Nella vertenza è in gioco il brevetto su un procedimento con cui si vorrebbero curare la malattia di Parkinson e il morbo d'Alzheimer. A questo scopo vengono importate in Germania cellule staminali con cui si sviluppano le cellule precursosi del cervello. E il trapianto delle cellule cerebrali dovrebbe aiutare a trattare più efficacemente le due malattie.
Dieci anni fa Oliver Bruestle ottenne il brevetto, ma su denuncia di Greenpeace, l'Ufficio federale dei brevetti glielo ritirò nel 2006. Di qui il suo ricorso alla Corte federale.
 
 
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