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Cryptovalute. Il fallimento di Nuri, piattaforma tedesca
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Articolo di Redazione
12 agosto 2022 0:50
 
 Nuri, piattaforma tedesca di scambio criptovalute, ha richiesto l’apertura di una procedura di insolvenza. Prosegue la crisi dell’industria crypto. Ecco dettagli e contesto

La piattaforma di scambio di criptovalute Nuri GmbH ha richiesto questa settimana l’apertura di una procedura di insolvenza a Berlino, dove ha sede.
LE RAGIONI DI NURI
Fondata nel 2015, la società ha spiegato di aver preso questa decisione per via della crisi del settore delle criptovalute, della bancarotta di Celsius, sua partner, (è una sorta di “cripto-banca” che prometteva rendimenti altissimi), e dell’incertezza sui mercati finanziari.
Ha precisato che i suoi utenti – circa 500mila – continueranno ad avere accesso ai loro depositi. Ad aprile gestiva asset per circa 500 milioni di euro.

ALLA RICERCA DI FINANZIAMENTI, MA SENZA SUCCESSO
Il Sole 24 Ore ha scritto che nei giorni scorsi Nuri ha cercato dei finanziari per aumentare il suo capitale, ma senza successo. La società non possiede una licenza bancaria, ma collabora con la fintech tedesca Solarisbank dal 2018.

LA CRISI DELLE CRIPTOVALUTE
Pur essendo il primo in Germania, quello di Nuri non è un caso isolato a livello globale. Anzi, è l’ultimo episodio di una ben più ampia fase di crisi delle monete digitali basate sulla crittografia, il cui crollo del valore ha causato grandi sconvolgimenti nel settore, tra perdite di fatturato e licenziamenti corposi.
Bloomberg spiegava che l’industria delle criptovalute sta accusando il restringimento delle politiche monetarie adottato da diverse banche centrali nel mondo per contenere l’inflazione, che ha sviluppato una tendenza alla vendita di token all’interno di un più ampio distacco dagli asset a maggiore rischio.

I CASI DI VOYAGER, THREE ARROWS, COINBASE E NON SOLO
Qualche settimana fa Voyager Digital ha emesso una notifica di inadempienza nei confronti di Three Arrows Capital – un hedge fund di criptovalute con sede a Singapore; Voyager è una sua sussidiaria – per l’impossibilità di effettuare il pagamento di un prestito in criptovalute dal valore di oltre 650 milioni di dollari.
Nello stesso periodo, anche Three Arrows Capital ha presentato un’istanza di fallimento sulla base del Capitolo 15 statunitense, che consente ai debitori stranieri di proteggere gli asset americani: il fondo, così, è diventato una delle entità di investimento di più alto profilo a venire colpita dal crollo dei prezzi delle criptovalute.
A giugno Coinbase, la società americana dietro l’omonima piattaforma di scambio di criptovalute, ha annunciato un taglio del 18 per cento dei suoi dipendenti. Ci sono stati licenziamenti anche in altre aziende del settore come Crypto.com, BlockFi, Gemini e nella stessa Nuri.

UNA NUOVA BOLLA?
Diversi esperti ripetevano da tempo che la crescita straordinaria vissuta dal settore delle criptovalute negli ultimi due anni non era destinata a durare a lungo, e l’hanno paragonata alla cosiddetta “bolla delle dot-com” (ovvero le società del settore informatico) sul finire degli anni Novanta. La bolla esplose all’inizio dei Duemila: molte dot-com sovrastimate sparirono dalla circolazione, ma le più solide – come eBay, Amazon e Yahoo! – sono sopravvissute e rimangono rilevanti ancora oggi.
Mike Jones, investitore presso Science Inc., ha detto al New York Times che anche l’euforia per le criptovalute ha portato a valutare eccessivamente tante società “che non hanno le basi”, ma ci sono anche aziende ben organizzate che sopravvivranno alla crisi.

(Marco Dell'Aguzzo su Start Magazine del 11/08/2022)
 
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