Lo scorso 28 febbraio i senatori francesi, dopo che a fine gennaio l’Assemblea nazionale aveva fatto altrettanto, hanno votato a favore dell’inserimento in Costituzione della “libertà garantita” alle donne “di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza”. Un voto (267 favorevoli, 50 contrari) decisamente bipartisan.
Si tratta del primo Paese al mondo a prendere una simile decisione. Un voto importante che, a livello mondiale riequilibra la decisione della Corte Suprema Usa che ha annullato la sentenza Roe v Wade nel giugno 2022, e dopo la crescita in Europa di alcuni movimenti che cercano di limitare il diritto all’aborto e alla contraccezione.
Il diritto all’aborto in Italia è riconsciuto sempre dalla metà degli anni 70, ma oggi, 2024, parlare di dirtto è un azzardo, visto che, a parte alcune “isole” felici, riuscire ad interrompere la gravidanza è un’impresa. Il problema maggiore è che, il diritto all’obiezione di coscienza per medici e personale sanitario, è diventato ostacolo all’esercizio del diritto: in molte città e regioni per abortire ci si deve sottomettere ad una sorta di turismo sanitario verso regioni (ad esempio Toscana e Piemonte) dove i problemi sono minori che altrove.
La Francia, come fu negli anni 70 del secolo scorso ché molto ci aiutò nella battaglia civile e parlamentare, ci potrebbe essere ancora maestra di diritto, di libertà e di vita.
La sostanza che dovrebbe/potrebbe essere affrontata anche qui è che non si tratta del diritto ad abortire in sé, ma che ogni donna è libera di disporre del proprio corpo come ritiene opportuno. La conseguenza sarebbe che amministrazioni e istituzioni, oltre all’attuale legge sul diritto all’aborto (spesso disattesa), avrebbero un ulteriore impegno nei confronti di Stato e Repubblica.
Crediamo che, se si usa onestà intellettuale e politica, quantomeno l’apertura del confronto in materia sarebbe auspicio di tutti i parlamentari e di tutti gli italiani.
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