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Eutanasia, la Corte Suprema del Montana la dichiara legale
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Articolo di Redazione
2 gennaio 2010 9:04
 
La Corte Suprema dello Stato del Montana ha stabilito che la legge statale non debba perseguire penalmente i medici che aiutano i pazienti terminali a morire. Con una decisione a stretta maggioranza, la Corte ha però evitato di pronunciarsi sul punto centrale, ovvero se il suicidio medicalmente assistito sia o meno protetto dalla Costituzione del Montana.
Evitando di pronunciarsi sulla questione costituzionale, ma semplicemente ribadendo che nessuna legge vieta la pratica della morte medicalmente assistita, la Corte ha passato la palla al Legislatore statale, che potrebbe ora intervenire in un senso o nell'altro con una legge ordinaria.
Il ministero della Giustizia aveva sostenuto che il Parlamento e il processo democratico, piuttosto che una Corte di sette giudici, hanno il diritto di decidere su un argomento così carico di implicazioni filosofiche. Commentando la sentenza, il ministero ha spiegato che i problemi sollevati da questo caso rimangono senza risposta e dovranno comunque essere affrontati altrove. "La Corte Suprema del Montana ha riconosciuto che il suicidio medicalmente assistito è materia di indirizzo politico su cui devono pronunciarsi i cittadini del Montana e il loro Legislatore", ha spiegato il direttore dell'avvocatura di Stato Anthony Johnstone. "Abbiamo sostenuto proprio questo, ovvero che la soluzione a questo importante problema appartiene a loro".
La portavoce dell'associazione per il diritto a morire con dignità 'Compassion and Choices', che ha partecipato alla causa in qualità di parte civile e co-difensore del ricorrente principale, Robert Baxter, ha ammesso che avrebbe preferito una sentenza più ampia.
Baxter, un autotrasportatore in pensione, è morto lo scorso anno di leucemia linfocitica. Aveva 76 anni. Poco prima di morire, aveva fatto causa allo Stato per ottenere una prescrizione di farmaci per porre fine alle proprie sofferenze. E' poi deceduto lo stesso giorno in cui il giudice gli aveva dato pienamente ragione. "I diritti costituzionali del Montana alla riservatezza individuale e alla dignita' umana permettono il diritto per un paziente terminale a ottenere una morte dignitosa", aveva scritto il giudice di primo grado, Dorothy McCarter. Che aveva anche spiegato come il paziente abbia diritto ad ottenere medicinali da autosomministrarsi per accelerare il processo di morte in caso di sofferenza insopportabile, e che i medici possono prescrivere questi medicinali senza timore di essere perseguiti dalla giustizia. "Il diritto del malato di morire con dignità include anche la garanzia che il suo medico non sarà perseguito per omicidio", aveva scritto il giudice. L'allora ministro della Giustizia Mike McGrath, ora presidente della stessa Corte Suprema, aveva impugnato la sentenza.
"Avremmo preferito una decisione robusta e ampia sul merito costituzionale", ha spiegato Kathryn L. Tucker, direttrice dell'ufficio legale di 'Compassion and Choices'. Ma Tucker ha detto che la sentenza ha indubbiamente ampliato il diritto di scelta per i malati terminali del Montana e il grado di protezione legale per i loro medici. "La corte ha riconosciuto che la morte assistita è un diritto del paziente", ha detto.
La Corte, che aveva ascoltato le argomentazioni delle parti lo scorso settembre, era profondamente divisa, con quattro motivazioni scritte separate su sette giudici: una motivazione di maggioranza sottoscritta da quattro giudici; una in dissenso sottoscritta da due giudici, e due opinioni favorevoli alla decisione della maggioranza ma per motivazioni diverse.
Uno dei membri della Corte, James C. Nelson, si è detto parzialmente d'accordo con la decisione della maggioranza, ma avrebbe voluto spingersi oltre, riconoscendo alla scelta di morire con dignità il rango di diritto Costituzionale. "Questo diritto all'assistenza medica per ottenere una morte dignitosa riguarda a pieno il diritto inviolabile alla dignità umana, il nostro diritto più fragile", ha scritto Nelson nella sua appassionata motivazione.
Al contrario, il linguaggio della motivazione di maggioranza è sommesso e avvocatesco. La maggioranza ha spiegato che il medico non corre conseguenze penali se aiuta un paziente terminale consenziente e capace di intendere e di volere ad accelerare il processo di morte grazie ad una legge approvata dal Parlamento nel 1985 sulla sospensione dei trattamenti vitali per i pazienti terminali.
I due giudici contrari hanno scritto che la maggioranza ha interpretato male la legge del 1985, ampliandola a tal punto da stravolgere il significato originale. "La legge non offre alcun sostegno alla tesi secondo cui un medico può trasformarsi da osservatore della morte naturale a partecipante attivo nel suicidio del paziente", hanno scritto.

Questo articolo si basa in parte su un pezzo di Kirk Johnston apparso il 31.12.2009 sul quotidiano New York Times

 
 
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