
La figliola 17enne frequenta l’ultimo anno di liceo a Firenze, non il Michelangelo, e ieri mattina le ho inviato un videomessaggio in cui si vedeva il pestaggio fascista in via della Colonna di alcuni studenti del liceo fiorentino, frequentato anche da una sua amica.
Figliola: Ma per cosa sono stati aggrediti?
Io: alcuni ragazzi distribuivano volantini con simboli fascisti e sono stati invitati a buttarli in un cestino, ma sono spuntati altri ragazzi più grandi che hanno cominciato a menare le mani contro i liceali del Mike. Dice la tua amica che fa parte del collettivo studentesco del ragazzo picchiato, che spesso questi fascisti vanno davanti alla scuola e provocano anche se prima non erano mai arrivati a cazzotti e calci
Figliola: Sì, che ovviamente è degenerata
Io: purtroppo non è così. Abitualmente chi si dice fascista per confrontarsi non usa il ragionamento, ma la violenza fisica: lui ha ragione e se tu non sei d'accordo, te lo impone con la violenza. E' per questo che nel linguaggio corrente un atteggiamento/comportamento si dice fascista e sta ad indicare qualcuno che ti vuole imporre il suo pensiero con la violenza. Per questo, per esempio, in tutto il mondo (ed è un termine inventato da noi italiani nel secolo scorso) si dice che un modo di fare è fascista quando si cerca di importelo con la violenza. Esempi: il velo obbligatorio per le donne in molti Paesi, l'imposizione della religione pena il reato di apostasia (infedele)... tutti comportamenti che riguardano la libertà individuale che, nei regimi cosiddetti fascisti, non è mai accettata.
Figliola: ah.
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