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Francia. Eutanasia: l'eterna arte di ciurlar nel manico
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Articolo di Marco Bazzichi
18 ottobre 2008 0:00
 
Premesso che il dibattito sull'eutanasia in Francia è più evoluto che in Italia, rimane il fatto che in questa terra i politici hanno due modi di cacciare la testa sotto la sabbia, pur di non scrivere una legge chiara e semplice su questo scottante tema. Il primo è di diluire i tempi del dibattito, di indugiare in lunghi silenzi, che non si sa se siano sintomo di vuoto del pensiero o di profonda riflessione, il secondo è di rifugiarsi nel falso tema delle cure palliative. E diciamo “falso tema”, non perché le cure palliative non siano importanti, ma perché diventa un espediente per non affrontare la vera questione, che è quando una persona non ha più niente di che essere curata, e ha magari il corpo in disfacimento durante un coma decennale, e quindi non c'è niente da palliare. Fermo restando che, oltretutto, a vedere quanto la reazionaria Lombardia spende in cure palliative ci sembra solo un modo per finanziare l'accanimento terapeutico. E purtroppo anche il dibattito politico, più che però quello concreto nella società, ha preso questa duplice piega. Alla festa nazionale del PD, a Firenze, avemmo modo di avvicinare la leader socialista Ségolene Royal la quale preferì scappare via inorridata dalla domanda: “cosa pensa del sucidio di Sebrie?”, scortata da quella che fa finta di essere laica, cioè la senatrice Vittoria Franco e quello che fa finta di essere un segretario politico, cioè Andrea Manciulli del PD toscano. Chiacchiere e cure palliative dunque rappresentano la ricetta laica per aggirare il problema dell'eutanasia, a fronte del ben più chiaro e onesto “col cacchio” di clerical concezione.
Infatti la commissione di valutazione della legge Leonetti si è intanto presa qualcosa come altri 6 mesi di tempo per non si sa bene cosa. La commissione, presieduta dallo stesso autore della legge, che così se la canta e se la suona, questo Jean Leonetti popolare anziché socialista, ha ascoltato il parere /non parere di Roselyne Bachelot, ministro della Sanità la quale è stata molto brava a ciurlare nel manico: bisogna “rafforzare la formazione dei medici curanti e creare un osservatorio delle pratiche”, delle pratiche palliative, manco a dirlo, e dei medici curanti specializzati in questo par di pallie. Il ministro ha detto che “la massima urgenza va riservata alla sofferenza delle persone in fin di vita. Favorevole alla creazione di “un osservatorio sul fine vita”, ha spiegato che è “impossibile promuovere un dibattito pubblico [sic!]su questo argomento, visto che quello in sede legislativa non comincerà che tra qualche settimana e dovrà durare molti mesi”. E la chiamano democrazia: questa sì, è un malato terminale.

 
 
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