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Intervista al direttore dell'associazione per il suicidio assistito Dignitas
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Articolo di Agathe Duparc
29 maggio 2008 0:00
 
Da un'ampia intervista del quotidiano Le Monde a Ludwig A. Minelli, fondatore e direttore dell'associazione d'assistenza al suicidio Dignitas, riportiamo le sue precisazioni sui fatti che piu' hanno suscitato scalpore, non solo in Svizzera.

Riguardo al "turismo della morte", la cui responsabilita' risalirebbe proprio a Dignitas, il suo direttore risponde: "In Svizzera si puo' aiutare qualcuno a suicidarsi purche' non vi sia un intento egoistico. Ora, io ho sempre pensato che la morte volontaria assistita sia un diritto universale. Perche' dovrei accettare d'assistere una signora che soffre di cancro a Ginevra, e negare l'aiuto a un'altra signora che soffre dello stesso male ad Annemasse, dall'altra parte del confine? E' una cosa che non regge dal punto di vista etico. L'espressione "turismo della morte" e' stata inventata dal procuratore generale di Zurigo. Nel 1999, un anno dopo la creazione di Dignitas, mi disse: "Perche' importate questi stranieri?". Io non accetto un simile atteggiamento, poiche' difendo un diritto dell'uomo universale, garantito dal diritto europeo. E poi, in Svizzera si critica forse il turismo bancario che permette a dei cittadini europei di non pagare le imposte? Il turismo nasce dalla differenza tra offerta e domanda".
Il 17 maggio di dieci anni fa nasceva Dignitas; ecco il bilancio quantitativo della sua attivita': "Abbiamo avuto 868 accompagnamenti, di cui l'85% stranieri. Tra loro, oltre la meta' sono tedeschi, poi vengono gli inglesi, i francesi, ecc."
L'altra associazione svizzera d'assistenza al suicidio, Exit, ha da ridire sul fatto che Dignitas richieda 10.000 franchi (6.152 euro) per un accompagnamento al suicidio. A questa critica Minelli risponde che lo statuto prevede riduzioni per persone a basso reddito e anche la possibilita' di non pagare. Poi aggiunge: "Dal punto di vista della legge svizzera, avremmo potuto creare una societa' anonima e fare profitti. Ma se Dignitas e' un'associazione senza fine di lucro, abbiamo pero' bisogno di fondi per finanziare la nostra battaglia non solo in Svizzera, ma anche all'estero. Mi piacerebbe che il suicidio assistito diventasse possibile ovunque in Europa."
Una sorta di proselitismo?
"In partenza non diciamo di no a nessuno. Discutiamo, anzitutto per cercare soluzioni in favore della vita. Se s'arriva alla conclusione che il suicidio e' la sola possibilita', accade uno strano fenomeno. Su cento persone che ricevono il nostro via libera provvisorio purche' un medico svizzero acconsenta di prescrivere il Penthotal previa consultazione del dossier, soltanto il 12% realizza il desiderio di morire. Circa il 70% non ci richiama piu', mentre il 18% dice di voler aspettare ancora. Quando sanno che la via del soccorso esiste, gli individui si sentono piu' tranquilli, hanno meno paura." Cita il caso di un professore tedesco malato di cancro che quattro anni fa voleva venire a Zurigo a suicidarsi, dopo il colloquio ci ha ripensato, e da allora ogni sei mesi telefona che sta preparando i documenti, ma poi desiste perche' dice che ha ancora delle cose da sbrigare. Delle 7.368 domande d'assistenza al suicidio pervenute dal 1998, solo 868 persone sono passate all'azione."
Caso Chantal Sebire in Francia.
La signora aveva contattato anche Dignitas, ma poi si procuro' da se' il pentobarbital sodico. "Se si sceglie la via dei tribunali, bisogna attivarsi presto. E si puo' anche vincere. Io lo consiglio spesso alle varie associazioni all'estero giacche' e' molto difficile trovare delle maggioranze parlamentari per cambiare la legge. Tutti coloro che vogliono una morte volontaria possono invocare l'articolo 8.1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, da cui discende che ognuno ha il diritto di decidere la data e il metodo della propria morte."
Sulle polemiche seguite al suicidio assistito di due persone in un parcheggio nel dicembre 2007, Minelli chiarisce, tra l'altro: "Quando i due tedeschi sono venuti a Zurigo, noi non avevamo un appartamento dove accoglierli. Si sono rifiutati di andare in albergo e hanno proposto di utilizzare la loro auto. Siamo andati a un chilometro e mezzo da casa mia. Li' c'e' un grande prato e un ristorante chiuso da mesi, con un parcheggio davanti. A Berlino, il ministro della giustizia ha parlato di un parcheggio ai bordi dell'autostrada!".
Sull'impiego ell'elio utilizzando un sacchetto di plastica.
"Bisogna riportare i suicidi all'elio nel loro contesto. A fine gennaio, ho ricevuto una lettera del direttore dell'autorita' di sorveglianza sanitaria di Zurigo che m'informava di una nuova direttiva. D'ora in poi gli stranieri devono avere diversi colloqui con il medico che gli dovrebbe prescrivere il pentobarbital; devono soggiornare piu' a lungo in Svizzera, anche una settimana.
Non e' sempre possibile. Se la procedura s'allunga, potrebbe essere necessario il ricovero in ospedale, cio' rischia di costare caro. Quindi ho detto alle autorita' che ci riserviamo la possibilita' di utilizzare l'elio, che consente la morte assistita senza prescrizione medica.
Ci sono stati quattro casi di suicidio con l'elio: i primi due non sono stati mediatizzati."
Favorevole all'eutanasia?
"Sono contrario, tranne che per i malati d'Alzheimer, i quali, se vogliono un suicidio assistito, devono sacrificare un tratto della loro vita prima che la demenza li colpisca. Il sistema svizzero non e' ideale, ma e' comunque uno dei migliori al mondo. In Olanda, la legge precisa che ci debba essere un rapporto stretto tra il medico e il candidato alla morte volontaria: se il medico e' contro l'eutanasia, il soggetto si scontrera' con un rifiuto. Negli Stati Uniti, il paziente puo' procurare da se' il medicinale e assumerlo, con il rischio di sbagliare per insufficienza di istruzioni. E se muore prima, la sostanza resta nell'abitazione, ed e' pericoloso. In Svizzera, il pentobarbital e' sempre sotto il controllo delle nostre associazioni."

(Traduzione di Rosa a Marca)

 
 
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