Roma è in agonia e forse è morta nonostante i fiumi di turisti che continuano a affollare questa agonia che sarà quella più filmata nella storia. Vagano con i telefonini davanti agli occhi, ignorando completamente quello che stanno riprendendo. Sfugge loro completamente il fatto che in rete di immagini del genere ne possono trovare quante ne vogliono, mentre invece le sensazioni che si provano, quelle no che non le riesci a raccogliere solo con gli occhi, visto che la natura ci ha dotato non a caso di cinque sensi. È la maledizione del turista che spesso si muove solo per fare sapere di esserci stato. Maledizione di altra natura invece é quella del viaggiatore, curioso di cose nuove, di sentieri ignorati, che lascia e prende qualcosa nell’anima dei luoghi e delle persone che incontra. Uno o una che insomma se ne frega delle recensioni sul web di sconosciuti e come tali inaffidabili, rischiando quindi parecchio e facendo una vita bestiale ma bellissima.
Roma credo dunque sia in agonia. Priva di una classe dirigente degna di questo nome, con sindaci scelti fra le seconde o le terze scelte perchè Roma è il contentino da dare a qualche trombato alle elezioni nazionali, da un ventennio resta saldamente nelle mani della Terra di Mezzo. “Capitale corrotta, nazione infetta” insomma che poi è pure roba degli anni ‘60. Così, quando in radio mi capita di vagheggiare il Cecato come il sindaco più adeguato, vedo Alessio ( ndr: Falconio
, direttore Radio Radicale) che mi guarda perplesso, preoccupato come sempre che io stia scherzando e altrettanto preoccupato che io sia serio.
All’inizio degli anni ‘90 mi ritrovai per una serie di circostanze singolari a fare
il consigliere municipale nel 18mo Municipio che si chiamava allora Circoscrizione per la lista antiproibizionista. Fu l’unico incarico politico e ci arrivai per sostituire, come primo dei non eletti, la consigliera che mi pare dovesse candidarsi in parlamento. Mi ritrovai in una situazione complessa, la valanga di Tangentopoli inimmaginabile ma ormai prossima. Roma aveva a quei tempi venti circoscrizioni e quella era anche il polo ospedaliero più grande d’Europa con il Forlanini e il San Camillo. In più nel suo territorio c’era una borgata impegnativa oltre alla discarica cittadina di Malagrotta.
Fu una esperienza importante che si concluse con una operazione geniale che gestimmo con due giovanissimi bravissimi Pci come Claudio Mancini e Fabio Bellini e un vecchio professore missino, persona veramente onesta e per bene, che si chiamava Carlo Carocci. In sintesi facemmo una maggioranza – prima e unica al mondo – che andava dai due consiglieri missini (l’altro mi pare fosse Sandro Medici) a Verdi e Rifondazione, mettendo in minoranza la precedente giunta democristiano – socialista, non molto credibile in quelle circostanze.
Pensi a quei momenti e ti tornano improvvise in mente
due immagini quasi dimenticate. Una votazione importante una sera in aula e la mattina dopo
alle 11 a Praga al Castello un incontro con Vaclav Havel, primo presidente democratico cecoslovacco che riceveva la delegazione che il 21 agosto del 1989 era stata aggredita dalla polizia del regime di allora (
ndr mentre manifestava contro l'aggressione sovietica alla Cecoslovacchia che stava rinascendo). Così votazione, di corsa Fiumicino con l’ultimo aereo verso Venezia, auto a noleggio e tutta la notte a guidare, finestrini aperti e cassetta di Venditti a palla per tenere gli occhi aperti. Arrivai a Praga quasi in tempo e ricordo che chiesi la strada per il castello a un anziano praghese che mi rispose in perfetto italiano.
Memoria chiama memoria così viene in mente un matrimonio capitolino. Una coppia di amici che si sposa – lui è il mio più vecchio amico – e mi chiedono di sposarli in Campidoglio. A quei tempi era possibile solo per i consiglieri comunali e circoscrizionali quindi accettai anche se un po’ perplesso. Fu una cerimonia particolare, in uno stanzone al piano terra del Palazzo dei Conservatori sotto l’occhio disinteressato di Marco Aurelio, che traversava da fermo la piazza. Difficile prendersi sul serio ma in qualche modo ci riuscimmo tutti.
Finale epocale con l’usciere, unico rappresentante capitolino nonchè praticamente il sosia di Franco Lechner in arte Bombolo, che finita le cerimonia quando, convinto fosse finito tutto, mi alzai dalla poltrona senatoriale – allora unico lusso della sala – mi bloccò, mentre mi levavo la fascia tricolore di rappresentante del Sindaco, dicendomi con un tono fra lo stanco e il rassegnato “
Ah Consigliè, guardi che deve da firmà l’atto de matrimonio, si no qui oggi avemo scherzato”.
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