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Fra truffe, consumatori, giornalisti e madri
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Articolo di Carlo Romeo
23 gennaio 2023 10:25
 
Per una questione di banale principio – roba ormai da bambini – e per quel che può interessare, ho cambiato questa settimana compagnia telefonica. Per ora – e toccando legno – con soddisfazione, tranne per il black out di una mattinata, un black out che peraltro credo sia dipeso da me. Costa la metà e i servizi sono gli stessi. Il fatto è però che ci si rende conto per l’ennesima volta che, di fronte a certi meccanismi, il consumatore finale  (honi soit qui mal ecc., dopo certi utilizzi del termine) sembra realmente indifeso.

Certo ci sono organizzazioni meritorie come l’Aduc dove opera un caro antico amico, Vincenzo Donvito, cui debbo l’onore di essere stato arrestato in Turchia più di trent’anni fa, storia già raccontata peraltro. Ma le organizzazioni a difesa dei consumatori sono tante, troppe, e in alcuni casi anche con qualche opacità. Dovrebbe comunque essere lo Stato a tutelare da speculazioni che vanno oltre le leggi di mercato. Un piccolissimo ma emblematico esempio è quello della legna da ardere. A settembre, con le previsioni catastrofiche di un inverno al freddo, la legna aveva già quasi raddoppiato il costo rispetto all’inverno precedente e non a caso non si trovava. O meglio c’era nei capannoni dei rivenditori ma sembrava invisibile. Poi l’Inverno ha tardato, sono arrivati camion da altri territori più lontani, carichi di legna a ottimi prezzi e la autarchica speculazione di cartello è fallita miseramente. Una piccola storia italiana.

Forse la GdF sarebbe la più idonea a avere mandato di monitorare certe strane operazioni che ricadono alla fine sulle spalle delle famiglie. È ben vero che le Fiamme Gialle hanno un numero verde che peraltro funziona anche bene, il 117, ma chi lo conosce, chi lo usa? Eppure è uno strumento semplice per una segnalazione per un accertamento. Ma qui scatta un antico problema italico. Tutti pronti a lamentarsi ma pochissimi a esporsi anche solo per una segnalazione.

Quante volte, in tanti anni di giornalismo diciamo non esattamente arrendevole, mi è capitato di sentirmi dire “Dovreste fare una inchiesta sulla tal cosa” ma, nel momento in cui chiedevo una testimonianza o dei fatti dal medesimo interlocutore, regolarmente la risposta era no. È anche vero peraltro che il giornalismo italiano, in fondo e in moltissima parte, è stato segnato da una vecchia e apparentemente immortale cultura di regime, dove la politica o i poteri forti esercitano un senso di sottomissione sotto molti aspetti aberrante. C’è una poesia dedicata alle madri dei giornalisti (ma in realtà non solo di loro) di Pasolini che aveva ben definito questa cultura di regime una vita fa.

La ballata delle madri di Pier Paolo Pasolini
Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E’ così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.



 

 
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