I dati Istat di maggio sulle vendite al dettaglio danno numeri in piccola crescita per i valori e piccolissima crescita (quando non decrescita) per i volumi (1). Questo vuol dire che si acquista meno e si spende di più. Situazione in armonia con l’inflazione dello stesso mese nonché sulle stime di quella del mese successivo, giugno.
Qualcuno non se n'era accorto?
Sono settimane e mesi che questa situazione si ripresenta ad ogni statistica diffusa da Istat. La reazione dei consumatori non potrebbe essere altrimenti. Si chiama sopravvivenza. Diventeremo tutti più parsimoniosi e più magri? Non crediamo visto che la conseguenza di questi andamenti non è fare a meno di questo o quel prodotto, ma di indirizzarsi maggiormente verso qualità inferiori a costi minori che, mediamente, comportano peggioramento della propria vita, fisicamente e non solo.
Nel contingente non c’è tanto da allarmarsi, anche perché la grande capacità di risparmio degli italiani dà ad ognuno una certa quantità di riserve. Ma sul lungo periodo c’è da preoccuparsi, non solo perché i risparmi non sono eterni ma perché per invertire questi percorsi occorrono politiche di liberalizzazione e defiscalizzazione che l'attuale governo e Parlamento non sembrano interessati a prendere in considerazione. Anzi.
Il segnale su come comportarci ce l’o ha dato la Banca Centrale europea (Bce) alzando i tassi d’interesse: acquistate meno perché i prezzi sono troppo alti, risparmiate di più perché i tassi sono più convenienti e, secondo la Bce, con maggiore offerta e meno domanda ci dovrebbe essere un calo dell'inflazione.
Ma la lungimiranza della Bce non trova purtroppo riscontro nel vivere alla giornata del nostro governo. Facciamone tesoro.
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