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Verso una rete elettrica affidabile e pulita: cosa possiamo imparare dal blackout iberico
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Articolo di Redazione
2 maggio 2025 15:03
 
Il problema non sono le rinnovabili ma il sotto-investimento in tecnologie di supporto come batterie e idroelettrico a pompaggio, e una propaganda nucleofossile che distorce la realtà

il blackout che ha colpito Spagna e Portogallo il 28 aprile 2025 ha riacceso un dibattito fin troppo familiare: l’affidabilità delle energie rinnovabili. Alcuni media, come il Corriere della Sera, hanno subito puntato il dito contro solare ed eolico, rilanciando il nucleare come soluzione. Ma questa narrazione ricorda da vicino le bufale diffuse durante la crisi del Texas nel 2021, quando le rinnovabili furono ingiustamente accusate di un blackout causato principalmente da centrali fossili. Analizzando i dati e confrontando il caso iberico con eventi storici e contemporanei, emerge un quadro diverso: il problema non sono le rinnovabili, ma la scarsa pianificazione, il sotto-investimento in tecnologie di supporto come le batterie e una propaganda nucleofossile che distorce la realtà.

Lezioni dalla storia: i blackout non sono una novità
I blackout non sono un fenomeno esclusivo delle reti ad alta penetrazione di rinnovabili.
Anche la Francia, spesso celebrata come “eden del nucleare”, ha vissuto blackout significativi negli anni 1978, 1987 e 1999.
Nel 2003, la Svezia ha subito un grave blackout quando il reattore nucleare di Oskarshamn Unit 3 si fermò improvvisamente, perdendo 1,2 GW in un minuto e causando un abbassamento della frequenza della rete. Pochi minuti dopo, la caduta di un nodo della rete di trasmissione causò il collasso della rete svedese.
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Lo stesso anno, l’Italia affrontò un blackout nazionale per un problema su una linea di trasmissione in Svizzera, senza che le rinnovabili fossero coinvolte.
Più recentemente, a novembre 2024, in Finlandia, il nuovissimo reattore nucleare Olkiluoto 3 ha perso tutta la sua potenza, 1600 MW, portando la frequenza della rete nordica a 49,55 Hz, e solo l’intervento di batterie e veicoli elettrici ha evitato un blackout.
Inoltre, sono ben noti i problemi di affidabilità della rete dell’Australia a causa di vetuste mega-centrali a carbone.
L’inerzia delle grandi turbine a vapore, tanto decantata dai sostenitori del nucleare e del fossile, non è più un fattore determinante in un sistema elettrico moderno, dove tecnologie come i grid-forming inverters possono simulare l’inerzia e garantire stabilità senza i rischi del nucleare o l’inquinamento del carbone.

Il caso iberico: cosa è successo davvero?
Il blackout del 28 aprile 2025 ha colpito Spagna e Portogallo, che sono tra le reti elettriche più verdi d’Europa. Nel 2024, il 59% della domanda elettrica spagnola proveniva da rinnovabili (il 44% da solare ed eolico). Un’analisi preliminare di Red Eléctrica de España (REE) indica che il blackout è avvenuto in seguito a due eventi ad oggi ancora non identificati sulla rete spagnola a cui ha fatto seguito un’oscillazione sull’interconnessione tra Spagna e Francia. In seguito a quest’ultimo evento, la rete iberica è stata isolata (“islanding”). Successivamente, si è avuto lo spegnimento a cascata dei generatori, ovvero il collasso della rete.
Un fattore critico è stato quindi la scarsa interconnessione della penisola iberica con il resto d’Europa: questa capacità di scambio è solo il 2% di quella europea e soffre di elevata congestione. Questo collo di bottiglia rende la rete iberica più vulnerabile a crisi come quella del 28 aprile. Progetti come il cavo sottomarino attraverso il Golfo di Biscaglia, che collegherà Gatika (Spagna) a Cubnezais (Francia), sono stati ripetutamente ritardati dalla Francia.
È plausibile che questo paese tema la competizione del solare ed eolico iberici, che potrebbero ridurre la domanda per il suo nucleare in crisi di redditività, come dimostrato dalla nazionalizzazione di EDF.

Il ruolo del nucleare spagnolo: un’emergenza nell’emergenza
Un aspetto cruciale del blackout iberico, taciuto dai sostenitori del nucleare, è che le centrali atomiche spagnole non solo non hanno evitato il blackout e né hanno contribuito al “black start”—la complessa operazione di riavvio della rete—ma hanno rappresentato un’emergenza nell’emergenza.
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Tutte le centrali nucleari spagnole sono rimaste senza alimentazione esterna a causa del blackout, entrando in modalità di raffreddamento d’emergenza assistita da gruppi diesel. Questo ha costretto Red Eléctrica de España a concentrare gli sforzi iniziali di ripristino sulla riconnessione delle centrali nucleari, per garantire la sicurezza dei reattori e il mantenimento delle funzioni di raffreddamento. Come dichiarato dal primo ministro Pedro Sanchez, le centrali nucleari spagnole non sono state un aiuto in questa crisi ma un problema per questi sforzi aggiuntivi del ripristino del loro allaccio di rete (qui il video, è spagnolo, ma si capisce senza traduzione).
Approfondimento: per chi vuole capire quali sono le tecnologie che aiutano una rete elettrica a risollevarsi dopo un blackout, consiglio questa lettura.
Spoiler: no, il nucleare non è nella lista. Al primo posto in ordine di importanza ci sono gli impianti idroelettrici. In particolare, per queste emergenze e per altri servizi di accumulo, risultano particolarmente utili gli impianti idroelettrici a pompaggio.
Da notare che gli impianti idroelettrici a pompaggio sono più abbondanti in Italia (ne abbiamo 7,6 GW) che in Spagna (che ne ha 3,3 GW), e no, la domanda elettrica italiana non è più del doppio di quella spagnola (è maggiore di circa un terzo soltanto).
Altro dato interessante, l’idroelettrico a pompaggio operativo durante questa crisi in Spagna è stato pari a circa 1,4 GW, meno della metà del totale. Può darsi che questa sia stata una concausa, ovvero un mal programmato piano di manutenzione di questi impianti (fonte del grafico seguente).
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Aggiungo che il potenziale di idroelettrico a pompaggio che non richiede nuovi sbarramenti fluviali, che non consuma acqua perché a ciclo chiuso (e con altri vantaggi sul territorio come contrasto alla crisi climatica) è vastissimo in Europa e particolarmente, per struttura orografica, in Italia (si veda la figura seguente tratto da questo articolo e questo rapporto tecnico che contiene delle schede divulgative in italiano (l’Italia ha il doppio della capacità potenziale dei migliori siti rispetto alla Spagna)).
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Batterie: la soluzione che la Spagna ha trascurato
Il confronto con altri paesi è illuminante.
Il Sud Australia, con una rete molto più piccola (circa un sedicesimo) di quella spagnola copre il 71% della sua domanda con solare ed eolico (rispetto al 44% della Spagna). Inoltre, il Sud Australia ha quasi zero idrolettrico, a differenza della Spagna (che ne ha per il 13% della domanda). Come fa quindi quella rete elettrica a reggersi? Se si dovessero prender per buone le valutazioni dei sedicenti esperti che imperversano sui giornali come sui social ciò sarebbe impossibile. Invece è possibile, grazie a un investimento in batterie (0,9 GW di capacità).
La Spagna, invece, ha solo 0,06 GW di batterie, meno di altri paesi europei, e lontanissima dal Texas, che ne vanta circa 11 GW (fonte del grafico seguente).
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Il Texas ci insegna un’altra lezione: le batterie possono rispondere a una caduta di 2,5 GW in un quarto di secondo, stabilizzando la rete in un modo che il nucleare non può eguagliare (fonte del grafico seguente).
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Con le batterie, la Spagna potrebbe non solo evitare blackout, ma anche ridurre drasticamente la sua residua dipendenza da nucleare e fossili che rimane ancora pari al 41%.
Sono pertanto legittime le critiche rivolte alla Spagna da analisti australiani che evidenziano l’errore di aver preferito le centrali a gas alle batterie per gli incentivi sul mercato della capacità (capacity market).
Ancora una volta, assecondare gli interessi fossili nel ritardare il cambiamento rinnovabile non è solo ambientalmente dannoso, ma anche economicamente deleterio per i rischi aggiuntivi di queste obsolete tecnologie come evidenziato da questo blackout iberico.

La propaganda nucleofossile: un déjà vu
La narrazione che incolpa le rinnovabili per il blackout iberico ricorda le bufale del 2021 in Texas, dove le centrali fossili furono le vere responsabili della crisi, ma solare ed eolico furono ingiustamente accusati. Come riportato da NPR e The Guardian, figure come il governatore del Texas Greg Abbot e think tank legati all’industria fossile diffusero disinformazione per screditare le rinnovabili.
I soliti “esperti” che oggi attaccano le rinnovabili in Spagna sono probabilmente gli stessi che alimentarono quella campagna. La loro arma preferita? Termini tecnici come “inerzia” e “masse rotanti”, usati per confondere l’opinione pubblica e oscurare una verità scomoda: le rinnovabili, se supportate da tecnologie moderne, sono più affidabili e sostenibili di nucleare e fossili.

Conclusioni: verso una rete affidabile e pulita
Il blackout iberico non è una condanna delle rinnovabili, ma un monito sulla necessità di investire in infrastrutture adeguate. La Spagna deve aumentare la capacità di stoccaggio, migliorare le interconnessioni con l’Europa e adottare tecnologie innovative come i grid-forming inverters. Regioni come il Sud Australia, la Germania, la California, la Danimarca, la Scozia e il Texas dimostrano che le rinnovabili sono il futuro, se accompagnate da una pianificazione strategica. È ora di smettere di ascoltare la propaganda nucleofossile e iniziare a costruire un sistema energetico davvero sostenibile.


(Luigi Moccia su Greenreport.it del 02/05/2025)

 
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