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ATTACCO A INTERNET
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Comunicato 
6 marzo 2001 0:00
 


DOPO LA GIUSTIZIA FRANCESE E CALIFORNIANA, ORA E' LA VOLTA DEL PARLAMENTO ITALIANO CON IL CONTROLLO GOVERNATIVO DEI DOMINI.
COME CREARE ILLEGALITA' CHE PUO' SOLO SFUGGIRE DI MANO

Firenze, 6 Marzo 2001. Mentre il Parlamento italiano si appresta a dare il suo contributo alla morte di Internet con l'approvazione della legge che avoca al Governo il rilascio dei domini e -invadendo la giurisdizione del potere giudiziario- la loro sospensione in caso di contenzioso sulla proprieta', in altri Paesi la situazione non e' da meno: in Francia le condanne di Yahoo! a oscurare i siti razzisti e -vista l'ineseguibilita' della sentenza sul territorio Usa- l'uniformarsi dell'azienda americana alla sentenza; in California la condanna di Napster ad applicare il diritto d'autore sui brani che fa scambiare in Internet.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
E' proprio grazie a quest'ultima condanna si capisce meglio cosa sta succedendo e perche' ci stiamo avviando all'assassinio di Internet. Il caso Napster sembrerebbe il meno adeguato perche' lede uno dei diritti base della comunita' mondiale, quello della proprieta' delle opere del proprio ingegno, ma sta succedendo qualcosa che sfugge alle logiche di quel diritto che, concepito in termini territoriali definiti per la sua applicazione, si mostra inadeguato a normare la situazione.
Oggi, si trovano centinaia di software derivati da Napster. Ve ne sono di due tipi: il primo sono i cloni di Napster, che consentono anche -come Gnutella- lo scambio anche di immagini e video. L'altro tipo sono programmi che sfruttano le risorse di Napster, come ad esempio Napigator, che permette di sfruttare tutti i server (un centinaio) che fanno capo a Napster aumentando all'infinito le potenzialita' di ricerca (il semplice Napster condannato in California collega l'utente soltanto ad un server). Probabilmente, alla chiusura di Napster, o alla sua messa a pagamento (fa lo stesso) non solo rimarranno in vita tutti i software analoghi, ma anche il centinaio di server che non sono propriamente di nessuno. Inoltre e' bene ricordare che gli stessi file musicali coperti dal diritto d'autore circolano in Rete con nomi diversi da quelli originali, e quindi irrintracciabili (www.timwilson.org e' dove si trova il software per la loro modifica).
C'e' poi un'ultima infinita e incalcolabile risorsa: i normali siti di download, come audiofind.com .
Quindi, tra server piu' o meno nascosti e programmi di condivisione di hard-disk, chi si collega a Internet ha tra le 500 e le mille opzioni diverse ogni giorno.
Se poi un giorno -ma non vediamo come tecnicamente sia possibile- sparira' tutto questo, ci si potra' scambiare i file via posta elettronica. E se, infine, arriveremo alla totale intercettazione della posta elettronica, non rimarra' che passarsi cd e dvd di mano in mano e ringraziare aziende come la Sony, che si sentiranno anche danneggiate dalla pirateria, ma sono le stesse a mettere in commercio i masterizzatori.
E' evidente che la domanda sporge spontanea: dobbiamo lasciare tutto questo alla presunta illegalita' per questo o quell'altra giustizia nazionale, fomentandola? Non e' un fenomeno che andrebbe raccolto nel suo potente messaggio innovativo cosi' come il software open-source, e aiutato e alimentato? Noi non abbiamo certezze, come i deputati italiani che si apprestano a porre i domini italiani di Internet sotto il controllo del potere politico, ma ci rendiamo conto che il mondo e Internet stanno andando in modo diverso, e fermarlo con questa o quell'altra leggina di corto respiro nazionale e ipocrita non contribuisce certamente alla comprensione del fenomeno e alla sua armonica gestione, ma solo ad ammazzarlo.
 
 
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