In materia di condominio è frequente l'insorgere di controversie inerenti richieste risarcitorie per il realizzarsi di danni alle parti comuni dell'edificio correlate ad opere compiute sulle stesse da un condomino.
Nella molteplice varietà delle fattispecie che possono presentarsi, di certo rilievo appare quella portata all'esame del Tribunale di Roma (
sentenza n. 5319/2023) ove il Giudicante investito della causa inquadra, correttamente, la domanda risarcitoria avanzata da un condominio nella previsione di cui all'art. 2043 c.c., applicando, quindi, la normativa che attiene alla responsabilità da fatto illecito aquiliano (o extra contrattuale).
Nel caso, ciò che assume rilevanza è, chiaramente, il profilo che interessa l'assolvimento dell'onere probatorio gravante su chi propone la domanda, dovendo quest'ultimo, non solo dimostrare il fatto colposo e/o doloso ravvisabile nell'altrui condotta ma, altresì e contestualmente, il nesso causale con il danno che si è verificato.
Trattandosi di una disciplina cardine del nostro ordinamento, la disamina della vicenda si incentra, primariamente, sulla indagine e ricostruzione degli elementi di fattuali allegati dalle parti a sostegno delle loro pretese e sulle risultanze acquisite all'esito della istruttoria espletata (CTU).
Apertura di un varco, installazione di cancello e apposizione di pannelli su muro perimetrale comune da parte del condomino proprietario del giardino. Fatto e decisione
La vertenza in esame ha ad oggetto la richiesta risarcitoria avanzata da un condominio nei confronti di un condomino, in considerazione dell'avvenuto crollo del muro perimetrale che circonda il giardino di proprietà di quest'ultimo.
In proposito, il condominio ha contestato al condomino convenuto in giudizio l'avvenuta esecuzione di interventi sul muro, quali la realizzazione di un'apertura con installazione di un cancello e l'apposizione di pannelli ciechi in acciaio sulla ringhiera già esistente, ovvero di lavori che avrebbero determinato un aggravio alla struttura dello stesso, causa del cedimento in occasione di un evento atmosferico contrassegnato da forti temporali e raffiche di vento.
Al contempo, il condominio ha denunciato che, per quanto concerne i pannelli in acciaio, non era stata richiesta, né data, alcuna autorizzazione.
Il condominio quantificava i danni nel costo dei lavori di demolizione, rifacimento e consolidamento del muro.
Ad avviso del condominio, i lavori compiuti e gli elementi collocati avevano appesantito oltremodo il muro, creando una situazione di precarietà ed instabilità, da provocarne il crollo all'indomani di condizioni meteorologiche intense ed avverse.
Il condomino si è costituito confutando la tesi attorea all'uopo rilevando che le problematiche relative all'equilibrio statico del muro di cinta erano presenti prima del suo acquisto, rilevato che la sua dante causa aveva rappresentato la sussistenza di crepe all'amministratore.
Parimenti, eccepiva il difetto di prova del nesso causale e svolgeva domanda riconvenzionale per i danni patiti per il mancato godimento del giardino.
Nel procedimento veniva disposta CTU sulla base della documentazione fotografica prodotta in atti, essendo stato ricostruito, medio tempore, integralmente il muro de quo.
Il Tribunale ha rigettato la domanda formulata dal condominio e quella riconvenzionale proposta dal convenuto, osservando e motivando che, per entrambe, non era stato assolto l'onere probatorio.
Considerazioni conclusive. Muro perimetrale quale parte comune ex art. 1117 c.c.
In questa sede, è utile rammentare che, nella elencazione delle parti comuni di cui all'art. 1117, comma I, n.1, c.c., sono indicati i muri maestri i quali, sotto un profilo tecnico, sono definiti quali elementi che assolvono alla funzione di struttura portante dell'edificio, ivi compresi quelli perimetrali, di rivestimento o di riempimento.
Nel caso, non vi è stata alcuna contestazione sulla comproprietà del muro di cinta.
In via preliminare occorre, quindi, valutare se le modifiche apportate al muro (installazione cancello/pannelli) dal condomino proprietario del giardino siano legittime o meno.
A tal riguardo, è risolutiva una sentenza della Suprema Corte, confermativa di un orientamento costante, secondo cui "Il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini di utilizzare il bene comune e senza pregiudicare la sicurezza e il decoro architettonico del condominio" (Cassazione civile sez. II, 21/02/2017, n.4437).
In considerazione di quanto sopra, l'esecuzione degli interventi oggetto di causa incontrano l'unico limite nel pregiudizio che potrebbero aver causato - appunto - alla stabilità del muro di cinta.
Difetto di prova del nesso di causa
Preso atto della facoltà del singolo condomino proprietario del giardino circondato dal muro perimetrale a realizzare interventi sullo stesso che gli consentano di trarne un maggior godimento, l'analisi deve ora incentrarsi sulla incidenza causale che tali opere possano aver arrecato all'equilibrio statico e sicurezza del muro.
Per rispondere a detto quesito, il Condomino deve dimostrare, quindi, che le modifiche compiute dal singolo condomino sul muro hanno determinato il crollo dello stesso in rispondenza dell'onere incombente in virtù dell'art. 2043 c.c.
Nella motivazione della sentenza in commento, il Giudice richiama la suddetta norma rilevando che, per riconoscere il risarcimento del danno extracontrattuale, non è sufficiente la sua configurazione potenziale, non potendo essere riconosciuto il danno in re ipsa, ma è necessario provare il nesso di causa tra la condotta illecita e l'evento ritenuto dannoso, quale condizione inderogabile per poter attribuire la responsabilità del fatto ritenuto illecito ad un soggetto.
Nell'ipotesi de qua, il condominio non ha dimostrato il legame eziologico (nesso di causa) tra le opere realizzate sul muro dal singolo ed il cedimento intervenuto, motivo per cui non ha assolto l'onere probatorio sul medesimo gravante, neppure mediante la relazione tecnica di parte prodotta, dove sono state descritte unicamente le lavorazioni da porre in essere (demolizione e ricostruzione del muro) e la relativa spesa economica, senza menzione alcuna menzione ed investigazione sulla causa del crollo e, in particolare, della sua connessione con i lavori realizzati (cancello/pannelli).
Ugualmente, il condomino non ha dato prova del danno lamentato in relazione al mancato utilizzo del giardino, conseguente all'inibitoria resa dai Vigili del Fuoco al momento del cedimento, per cui, in applicazione dei medesimi principi sopra illustrati, la domanda riconvenzionale promossa è stata rigettata.
(da
Condominioweb.com)
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