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Il Condominio. Balconi e distanze tra costruzioni
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Il condominio di Laura Cecchini
20 ottobre 2021 15:45
 
Il tema inerente il rispetto delle distanze legali trova la sua disciplina all'art. 873 Cod. Civ. rappresenta una questione che interessa la costruzione di nuovi edifici laddove si verifichi una violazione delle stesse che, potenzialmente e verosimilmente può compromette il diritto a luci e vedute degli immobili esistenti.
La ordinanza n.25191 del 17 settembre 2021 emanata dalla Suprema Corte di Cassazione Civile si occupa della materia soffermandosi sull'aspetto normativo ed interpretativo della disciplina codicistica e dei principi dettati in materia, tenendo anche conto delle possibili deroghe previste dalla normativa regolamentare locale, laddove esistente, come nel caso sottoposto alla sua attenzione.
Al contempo, la vicenda in esame è anche certamente un chiaro esempio di come, sovente, sia necessario esperire tutti e tre i gradi di giudizio per vedere riconosciuti i propri diritti.

Iter Giudiziale
La presente vertenza ha origine dal ricorso per accertamento tecnico preventivo avanzato dal proprietario di un immobile per intervenuta costruzione in aderenza di un edificio di quattro piani in luogo del precedente di due piani fuori terra.
Il ricorrente Tizio ha sostenuto di aver subito danni alla sua proprietà per il mancato rispetto delle distanze legali anche in considerazione del fatto che detta edificazione aveva realizzato una limitazione alla veduta dalla sua terrazza.
Confermata la situazione illustrata dalla CTU espletata in sede di istruzione preventiva, Tizio ha promosso giudizio di merito avanti al Tribunale con il quale è stata formulata di arretramento della nuova costruzione di (i) dieci metri tra le pareti finestrate, (ii) sei metri relativamente della parte nuova eretta in aderenza al suo appartamento, (iii) 5 metri dei terrazzi del nuovo edificio da quello di sua proprietà oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale respingeva la domanda così come la Corte d'Appello per cui la vertenza veniva portata innanzi alla Corte di Cassazione innanzi alla quale sono stati sollevati tre motivi di censura, in sintesi riportati: il primo afferente al denunciato contrasto tra la normativa statale e locale, in ordine alla violazione e falsa applicazione del regolamento comunale, il secondo lamentando la violazione del regolamento comunale e falsa applicazione dell'art. 877 Cod. Civ. ed il terzo avente ad oggetto la violazione dell'art. 873 Cod. Civ. e falsa applicazione del regolamento comunale.
Ebbene, come nel prosieguo meglio esposto ed argomentato, la Corte ha accolto il ricorso su tutti e tre i motivi avanzati, rinviando la causa alla Corte di Appello.

Nuove costruzioni e distanze legali
L'art. 873 rubricato "Distanze tra le costruzioni" recita <Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore>.
E' di tutta evidenza come la ratio della richiamata norma abbia avuto l'intento di stabilire la distanza minima che deve intercorrere tra due costruzioni, fatta salva la facoltà delle amministrazioni comunali di definire dei limiti più diversi e maggiori distanze.

Principio della prevenzione
Posto quanto sopra, venendo alla fattispecie sottoposta all'esame dei Giudici di Piazza Cavour occorre evidenziare la bontà della censura mossa con espresso riferimento alla dedotta violazione del regolamento comunale e falsa applicazione dell'art. 877 Cod. Civ. riferito alle costruzioni in aderenza.
Invero, sebbene la normativa emanata dal Comune sulle distanze stabiliva distanze maggiori rispetto a quelle dettate dall'art. 873 Cod. Civ., richiamando lo stesso, nulla disponeva sulla edificazione in aderenza.
Sotto tale profilo, il mero rinvio al Codice Civile contenuto nel regolamento locale, ad avviso degli Ermellini, non può essere ritenuto idoneo a permettere la costruzione in aderenza in quanto è principio consolidato quello per cui laddove sia vigente una norma regolamentare che prescrive determinate distanze tra palazzi e tra questi ultimi ed i confini la previsione di tale facoltà deve essere espressamente prevista con una norma ad hoc.

A conferma, è confacente ricordare che in aderenza al principio della prevenzione temporale in ragione del quale il proprietario che costruisce per primo determina le distanze da osservare per le altre costruzioni da erigersi sui fondi vicini <In tema di distanze legali, il principio della prevenzione ex art. 875 c.c. non è derogato nel caso in cui il regolamento edilizio si limiti a fissare la distanza minima tra le costruzioni, mentre lo è qualora la norma regolamentare stabilisca anche (o soltanto) la distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che in quest'ultimo caso l'obbligo di arretrare la costruzione è assoluto, come il corrispondente divieto di costruire sul confine, a meno che una specifica disposizione del regolamento edilizio non consenta espressamente di costruire in aderenza> (Cassazione civile sez. II, 20/04/2005, n.8283).
Nella vicenda de qua, il Comune ha adottato il piano regolatore per cui non si può legittimamente procedere ad alcuna esegesi integrativa della normativa regolamentare con quella posta dal Codice Civile.

Balconi e computo distanze
Per quanto attiene al motivo di impugnazione inerente l'erronea applicazione dell'art. 905 Cod. Civ. e non dell'art. 873 Cod. Civ., con riferimento alla domanda di arretramento di cinque metri dei balconi di pertinenza del nuovo edificio, i Giudici di Legittimità ne hanno ravvisato la fondatezza ritenuto e considerato che il balcone è una parte dell'edificio che non investe unicamente un profilo di veduta ma, indubbiamente, anche di distanze tra edifici in quanto rientra nel concetto di civilistico di costruzione.
In proposito è appropriato rammentare che non vi può essere alcuna esitazione, anzi deve ritenersi pacifico che il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica.
E' noto che l'art. 9 D.M. 2 aprile 1968 stabilisce la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti antistanti, per cui un regolamento edilizio che preveda un criterio di misurazione della distanza tra edifici senza comprendere l'estensione del balcone determina una chiara violazione di Legge proprio perché sottraendo dal calcolo della distanza l'estensione del balcone, la distanza tra fabbricati risulterebbe inferiore a 10 metri in disprezzo di quanto prescritto.
Sul punto, nella ordinanza de qua, è stato espresso il principio per cui <ai fini del calcolo della predetta distanza legale fra gli edifici, costituiscono corpo di fabbrica le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi sostenuti da solette aggettanti, anche se scoperti, ove siano di apprezzabile profondità e ampiezza, giacché, pur non corrispondendo a volumi abitativi coperti, rientrano nel concetto civilistico di costruzione, in quanto destinati ad estendere ed ampliare la consistenza dei fabbricati>.
Diversamente, restano escluse dal suddetto computo tutti quegli elementi che abbiamo una funzione meramente estetica ed ornamentale.

(da Condominioweb.com)
 
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