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Condominio. Per la Corte europea di Giustizia può essere considerato un consumatore
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Il condominio di Valentina A. Papanice *
21 aprile 2020 16:27
 
 La Corte di Giustizia Europea ammette l’orientamento della Corte di Cassazione: sì, il condominio in Italia può essere considerato un consumatore.
Per la Corte di Giustizia il condominio, in Italia è un consumatore
Chiamata a rispondere su una pregiudiziale posta dal Tribunale di Milano, la Corte di Giustizia sezione I (con la sentenza del 2 aprile 2020 causa C-329) ha risposto, in estrema sintesi, che sì, il condominio può qualificarsi come consumatore secondo l’interpretazione compiuta dalla Corte di Cassazione. Questo, nonostante la definizione di consumatore contenuta nella direttiva n.93/313/CEE porti a conclusioni contrarie. Ciò in quanto la risposta della Corte di Giustizia presuppone un’interpretazione delle norme nel loro complesso.

La controversia su cui doveva decidere il Tribunale di Milano riguardava la richiesta di interessi di mora rivolta ad un condominio, sempre di Milano, da parte di una società di fornitura di energia termica.
La questione attiene all’interpretazione dell’art. 1 par. 1 e dell’art. 2 lett. b, della Direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, riguardante le clausole abusive nei contratti stipulati con il consumatore. In particolare, il giudice italiano si chiede se il condominio possa ritenersi un consumatore alla luce della definizione contenuta nella direttiva europea, che richiede che si tratti di persona fisica. Infatti, nel sistema giuridico italiano, il condominio non è considerato né persona fisica né persona giuridica.

Il giudice milanese è conscio del fatto che la giurisprudenza italiana di Legittimità da un lato riconosce ai condomìnii, pur non essendo persone giuridiche, la “qualità di soggetto giuridico autonomo” e dall’altro, le norme a tutela del consumatore vengono applicate ai contratti sottoscritti (con il professionista) dai condòmini tramite l’amministratore, laddove il condomìnio è definito come un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti”, sulla base del fatto che l’amministratore agisce per conto dei condòmini, i quali sono da considerarsi come consumatori.
Il giudice si chiede però se tale orientamento possa armonizzarsi con le norme europee, le quali appunto richiedono che il consumatore sia una persona fisica. Al tempo stesso egli è ben consapevole del fatto che con l’esclusione del condomìnio dalla nozione di consumatore si sfornirebbero di tutela dei soggetti giuridici ove esista una situazione di inferiorità tale da giustificare l’applicazione delle norme poste a tutela del consumatore. Il giudice ricorda che la Corte di Giustizia ha già affermato tale esclusione in altra sentenza (del 22 2001, C-541/1999 e C-542/1999 EU:C:2001:625).
In conclusione il giudice si chiede se la tutela possa essere riconosciuta anche a soggetti che non rientrano tra le persone fisiche (e le persone giuridiche), che però agiscano per fini diversi da quelli professionali e versino in condizioni di inferiorità rispetto al professionista, sia sotto l’aspetto delle trattative che sotto quello del potere di informazione.

Nozione di consumatore e autonomia degli Stati membri
In effetti, osserva la Corte, secondo le previsione normativa europea la nozione di consumatore richiede che il soggetto interessato sia una persona fisica e che abbia agito per motivi non professionali. E ricorda di avere già in passato escluso dalla nozione le persone non fisiche e che nella fattispecie e che ha altresì a mente che il condomìnio nel sistema italiano, come osserva il giudice del rinvio, non è né persona fisica né persona giuridica.
Osserva poi che la nozione di proprietà non è armonizzata tra gli Stati europei e che i trattati lasciano impregiudicato il regime di proprietà esistente nell’ambito degli stessi. Dunque ciascuno Stato attualmente è libero di disciplinare il regime giuridico del condomìnio, qualificandolo o no come persona giuridica.
Dunque, il condomìnio italiano non soddisfa la prima condizione, non essendo persona fisica; caso diverso è quello, continua la Corte, dove i singoli condòmini stipulino il contratto con il professionista (come nel giudizio ha deciso la stessa Corte con la sentenza del 5 dicembre 2019 C-708/17 e C-725/17, EU:C:2019:1049).
Bisogna quindi vedere se l’orientamento della Corte interna di Legittimità, che interpreta le norme europee sulla tutela dei consumatori come dirette anche al condomìnio, contrasti con la ratio del sistema di tutela di dette norme.
In proposito ricorda la Corte che (secondo il Trattato sul funzionamento dell’UE, TFUE) gli Stati possono introdurre o mantenere norme di tutela dei consumatori più severe, purché rispettino i trattati. Che la direttiva 93/13 si propone di armonizzare in maniera parziale e minima le norme in materia di clausole abusive, lasciando ai singoli Stati la possibilità di emettere disposizioni più severe ma compatibili con il trattato per offrire un livello maggiore per il consumatore. Inoltre, sempre la Corte rammenta che secondo la direttiva 2011/83 sui diritti dei consumatori, gli Stati possono estendere, in conformità con il diritto dell’Unione, le dette norme anche ad ambiti non ricompresi nella direttiva e che quindi è possibile l’applicazione del concetto di consumatore anche alle persone fisiche e giuridiche che non rientrano nell’ambito previsto dalla direttiva 93/13.
La Corte di Cassazione ha esteso la nozione di consumatore del diritto europeo al condomìnio. Ebbene, osserva la Corte di Giustizia, tale orientamento è volto ad una tutela rafforzata del consumatore ed è dunque in linea con l’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva. Dunque le norme in questione (l'articolo 1, paragrafo 1, e l'articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13) non ostano a siffatto orientamento giurisprudenziale. È possibile infatti un’interpretazione più estesa del concetto di consumatore se è funzionale ad una più rafforzata tutela e sempre in conformità con le previsioni dei trattati.

* legale, consulente Aduc
 
 
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