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Il Condominio. Cousufrutto di immobile, occupazione abusiva e legittimazione attiva all'azione di rilascio
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Il condominio di Laura Cecchini
4 febbraio 2022 12:14
 
L'esperienza ci insegna che la sussistenza di più titolari di diritti reali di godimento su di un bene, quale un immobile, è sovente causa di controversie aventi ad oggetto l'uso e l'amministrazione del medesimo.
Invero, se la comunione o la contitolarità di diritti ha il vantaggio di ridurre le spese di gestione e conservazione, dall'altro, l'insorgere di un eventuale contrasto in ordine a tali aspetti, che si riflettono anche nella proposizione di azioni a tutela verso terzi, conduce inevitabilmente le parti coinvolte avanti alle aule di giustizia.
Sull'argomento è significativa la decisione emanata dal Tribunale di Lecce (sentenza del 16 dicembre 2021) la quale ha interessato, contestualmente, anche un'altra questione, afferente alla occupazione abusiva di unità abitative ed alla tutela riconosciuta che, oggi, rappresenta una problematica ricorrente ed attuale.

Occupazione abusiva di casa: la vicenda
Le nude proprietarie ed usufruttuarie al 50% di un immobile hanno agito in giudizio, presentando ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al fine di ottenere la restituzione dello stesso a seguito di intervenuta occupazione sine titulo ad opera di un terzo.
Nel caso, il cousufruttuario ha posto opposizione alla azione, manifestando il proprio dissenso successivamente alla introduzione della causa, all'uopo costituendosi nel procedimento instaurato contro il terzo.

In proposito, per compiutezza, è utile sottolineare che dalle difese in atti non risulta alcuna contestazione in merito alla esistenza dei diritti reali evocati dalle ricorrenti a fondamento delle pretese avanzate, né sulla carenza di titoli in relazione al godimento dell'immobile del bene del terzo.
Quale è allora l'oggetto del contendere?
Da un lato la legittimazione attiva delle ricorrenti, stante l'eccezione mossa dal cousufruttuario, con riferimento all'applicazione alla fattispecie dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di amministrazione della cosa comune, secondo cui «Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune» e, dall'altro, il diritto a veder condannato il terzo al rilascio dell'appartamento ed al risarcimento dei danni.
In ragione delle differenti posizioni in essere tra le parti, occorre affrontare il tema inerente la legittimazione ad agire ed illustrare le conseguenti tutele che possono essere vantate dal proprietario e/o titolare di diritto reale di godimento su un immobile occupato senza il loro consenso, ovvero abusivamente.

Azioni a tutela del bene comune e legittimazione
In via preliminare appare confacente ricordare che, qualora si verta in materia di comproprietà di un bene, ciascun titolare è legittimato ad agire in giudizio e proporre le azioni più opportune per ottenere la giusta tutela, sia contro soggetti terzi che verso gli altri partecipanti alla comunione.
Tale legittimazione è chiaramente propedeutica ad impedire che possano essere assunte condotte, anche omissive, che rappresentino un pregiudizio non solo per l'esercizio dei pari diritti sul bene in relazione all'uso ed al godimento ma, anche ed in particolare, come nel caso, per la stessa sua conservazione ed integrità, o meglio, per impedirne il deterioramento o danneggiamento.
In proposito, non si può ignorare che, in rispondenza a dette esigenze, la Giurisprudenza ha riconosciuto che «Ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l'intera cosa comune e non una frazione della stessa, è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti del terzo o di un singolo condomino» (Cassazione civile sez. II, 22/02/2018, n.4336).
Dal richiamato principio ne deriva, inevitabilmente, la pretestuosità della eccezione sollevata, relativamente alla applicazione dell'art. 1105 c.c., proprio in quanto contraria all'interesse della proprietà alla tutela del bene e tanto più ingiustificata, tenuto conto del fatto che è sollevata dal mero cousufrutturario.
Preso atto delle osservazioni esposte, pertanto, la legittimazione ad agire delle ricorrenti è affermata senza esitazione alcuna dal Giudicante anche in considerazione dei danni subiti al bene dalla occupazione sine titulo.

Danni da occupazione abusiva
Ferma l'esperibilità e la legittimazione all' azione, è confacente procedere alla disamina della domanda che attende al rilascio ed al risarcimento dei danni.
Nell'ipotesi, risultando incontestata la occupazione abusiva del bene, è assiomatica la condanna al rilascio non essendo stata prodotta alcuna prova atta a giustificare la presenza del terzo nell'immobile.
Da ciò, ne consegue che ben può essere accolta anche la richiesta di risarcimento del danno avanzata poiché l'occupazione sine titulo costituisce un illecito extracontrattuale, la cui disciplina è codificata all'art. 2043 c.c. in base al quale «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»
A tal riguardo, non possiamo ignorare che, nelle vertenze che interessano l'occupazione senza titolo, il danno per la mancata disponibilità del bene è da ritenersi in re ipsa, come confermato da orientamento costante e consolidato della Giurisprudenza «In caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario è in re ipsa, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso.
La determinazione dell'indennità di occupazione ben può essere operata dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, con riferimento al c.d. danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del bene usurpato» (Tribunale Torino, 30/11/2020, n.3728, in senso conforme Tribunale Roma sez. II, 03/09/2020, n.11882; Tribunale Roma sez. II, 16/12/2019, n.23979; Cassazione civile sez. II, 05/10/2020, n.21272)
In conclusione, il danno subito dal proprietario dell'immobile che ne ha perso la disponibilità a causa di un contegno illegittimo è funzionalmente collegato alla impossibilità di conseguire l'utilità connessa all'uso dello stesso, motivo per cui sarà sufficiente dedurre il valore locativo per poter ottenere il risarcimento dovuto per tutto il periodo tra la domanda ed il rilascio.


(da Condominioweb.com)
 
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