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Condominio e decreto formazione amministratori: attenzione a quel che si acquista
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Il condominio di Alessandro Gallucci
9 ottobre 2014 10:49
 
In materia di condominio, il decreto del Ministero della Giustizia recante regolamento sulla formazione degli amministratori di condominio (d.m. n. 140 del 13 agosto 2014, pubblicato in G.U. serie ordinaria n. 222 del 24 settembre 2014 è stato senza ombra di dubbio l’atto normativo più atteso in materia condominiale dal 2012 (data di approvazione della così detta riforma del condominio).
Il decreto ha come obiettivo quello di disciplinare il contenuto dei corsi di formazione iniziale e di aggiornamento (la cui frequenza è fondamentale per iniziare e proseguire quest’attività, cfr. art. 71–bis disp. att. c.c.), nonché quello di stabilire i requisiti per i soggetti che si impegneranno a tenere tali corsi, ossia i formatori ed i responsabili scientifici.
Diciamolo subito con chiarezza: chi si aspettava che questo decreto ponesse dei correttivi efficaci per arginare l’enorme mole di corsi di formazione più o meno validi presenti sul mercato deve ritenersi deluso. Il regolamento per certi aspetti chiarisce definitivamente durata e contenuti dei corsi (ed anche su questo punto c’è da non essere soddisfatti), per il resto nel determinare i requisiti dei responsabili e dei formatori, al di là dei titoli fa riferimento a requisiti assai vaghi e senza prevedere un adeguato sistema di controlli, lascia alla responsabilità degli operatori la scelta di tali figure. E se molti operatori del settore fino ad oggi non si sono comportati nel modo migliore, non c’è da ben sperare per il futuro.
La sensazione è che anche questa volta più che dell’interesse dell’utente del servizio (chi deve andare a formarsi) s’è tenuto conto dell’interesse del formatore-medio, cioè lucrare sulle altrui necessità e aspettative. In Italia la formazione è un business il cui obiettivo sembra sempre di più quello di gratificare economicamente i formatori, piuttosto che essere incentrato sulle esigenze dei corsisti, ossia l’apprendimento di conoscenze e di esperienze utili per il settore nel quale s’andrà ad operare o già si opera.
Durata dei corsi di formazione iniziale. 72 ore minime delle quali almeno un terzo di esercitazioni pratiche. Non dormendo e non facendo pause basterebbero tre giorni per diventare amministratori di condominio. Più realisticamente con un corso full immersion sarà sufficiente poco più di una settimana. Basta questo per capire la reale (in)utilità di questi corsi. Gli argomenti dei corsi (i moduli li chiama il decreto) devono andare dalle attribuzioni dell’amministratore di condominio, alla gestione dei conflitti, alle basi d’informatica. Tutta la teoria in 48 ore perché le restanti 24 (se il corso sarà di questa durata) dovranno essere dedicate ad esercitazioni pratiche. I ritmi serrati imposti dai corsi full immersion ridurranno il tutto alla mera acquisizione acritica di nozioni. Qualche utilità in più la avranno i corsi ordinari, ma il monte ore, a nostro avviso, non sarebbe dovuto essere così basso. Teoricamente superato il corso una persona può trovarsi a gestire un condominio con un rendiconto da migliaia di euro l’anno. Bastano 72 ore per saperlo fare? Per qualcuno si dato che, scelleratamente, la legge prevede che i così detti amministratori interni non debbano avere nessun genere di formazione né tanto meno il diploma di scuola superiore. 15 ore l’anno, invece, è il tempo da dedicare all’aggiornamento (oltre a quello quotidiano che chi lavora seriamente utilizza).
Formatori e responsabili scientifici: è qui, se così si può dire, che arriva il bello.
Chi può assumere l’incarico di formatore? Secondo il d.m. n. 140/2014, una persona che possa provare con idonea documentazione al responsabile scientifico:
a) di avere determinati requisiti di onorabilità (Es. assenza condanne penali, interdizione, ecc.);
b) di essere laureato (basta laurea triennale) o abilitato all’esercizio della libera professione (definizione vaga che sembrerebbe rimandare alle professioni ordinistiche) o ancora un docente in materie giuridiche, tecniche ed economiche presso università, istituti e scuole pubbliche o private riconosciute;
c) di aver maturato una specifica competenza in materia di amministrazione condominiale o di sicurezza degli edifici.
Per i docenti l’esperienza è dimostrabile anche con due pubblicazioni in materia condominiale o di sicurezza degli edifici munite di codice ISBN.
Può essere formatore, al di là dei titoli di studio, chi ha "già svolto attività di formazione in materia di diritto condominiale o di sicurezza degli edifici in corsi della durata di almeno 40 ore ciascuno, per almeno sei anni consecutivi prima della data di entrata in vigore" del d.m. n. 140/2014. Almeno in questo modo s’è cercato di salvaguardare minimamente l’esperienza maturata sul campo, anche se si poteva fare molto di più.
Il responsabile scientifico, a sua volta dev’essere:
a) un docente in materie giuridiche, tecniche o economiche (ricercatore universitario a tempo determinato o a tempo indeterminato, professore di prima o di seconda fascia, docente di scuole secondarie di secondo grado),
b) un avvocato o un magistrato;
c) un professionista dell’area tecnica.
Anche il responsabile scientifico deve possedere specifica competenza in materia di amministrazione condominiale o di sicurezza degli edifici, oltre ai requisiti di onorabilità.
Il responsabile scientifico a chi deve dimostrare di possedere questi requisiti? Il regolamento del ministero non dice nulla, ma pare evidente che tale potere di controllo spetti all’organizzatore del corso. E se è il responsabile scientifico ad organizzarlo? Ma soprattutto, che cosa vuol dire “aver maturato una specifica competenza in materia di amministrazione condominiale o di sicurezza degli edifici”? Come si misura questa competenza? Non esistono dei parametri obiettivi (salvo il caso delle pubblicazioni sostitutive dell’esperienza per i docenti). Ciò vuol dire che qualunque avvocato o magistrato o tecnico, il quale abbia avuto a che fare con qualche questione condominiale (si pensi ai recuperi crediti o a qualche partecipazione ad assemblee) può essere considerato soggetto con solida esperienza? Mistero del decreto.
Entrambe le tipologie di corsi, è utile ricordarlo, possono anche tenersi in via telematica, salvo l’esame finale che dev’essere svolto in una sede indicata dal responsabile scientifico.
Tutte queste informazioni (nominativo del responsabile scientifico, durata del corso, inizio del medesimo, ecc.) devono essere comunicate a mezzo pec al Ministero della Giustizia.
E chi vigila su tutto ciò? Teoricamente il ministero, ma in pratica si teme nessuno perché come ha detto il Consiglio di Stato nel parere sullo schema di decreto, rientra nell’esercizio legittimo della discrezionalità del dicastero la mancata previsione di un sistema di controllo ad hoc dell’intero sistema dei requisiti di formatori e responsabili scientifici? Una manna per chi opera “zerbinizzando” quotidianamente il concetto di legalità e Stato di diritto.
Ed allora? Che cosa può accadere se un qualunque ente tiene un corso senza che formatori o responsabili scientifici abbiano le reali competenze a farlo? Si potrebbe avere questo risultato: “Amministratore lei ha buttato i soldi dalla finestra!” Va ricordato, infatti, che seguire un corso che non ha i requisiti richiesti dal regolamento ministeriale equivale a non averne seguito alcuno.
È evidente che trasparenza e correttezza nell’organizzazione dei corsi debbano essere il minimo requisito imprescindibile per tutti coloro i quali vogliano organizzare seriamente percorsi formativi iniziali e di aggiornamento. Chi li organizza dovrebbe dare massimo risalto alle figure che si occupano dei corsi di formazione iniziale e periodica. Se ha un sito web, attraverso questo canale, ed in ogni caso al momento della pubblicizzazione di questi corsi.
Se ciò non accadesse? Meglio, siccome ciò già non accade (basta visitare il sito di molte associazioni di categoria per rendersene conto), che cosa deve fare chi intende iniziare quest’attività o chi, comunque, deve aggiornarsi?
Innanzitutto si scartino le offerte poco trasparenti nelle quali vengono messi in evidenza solamente il costo del corso e suggestive facili promesse di lavoro e guadagno o di facile aggiornamento.
In ogni caso, se chi organizza non s’è premurato di farlo di sua spontanea volontà, chiedere informazioni precise e dettagliate sulle persone del responsabile scientifico e dei formatori (ed avere quanto meno modo di visionare il CV del primo), in modo tale da avere chiaro chi saranno i docenti dei corsi.
Invitiamo anche coloro che sono già iscritti ad un’associazione a operare questi controlli; che chiedano informazioni dettagliate ai referenti di zona senza timori di offendere sensibilità: è conoscere un diritto. Non cadete nel tranello del classico: “Avrà tutte le informazioni utili al momento dell’iscrizione”. Qualora gli enti organizzatori si rifiutassero di fornire queste informazioni prima della sottoscrizione della domanda d’iscrizione, lasciate perdere quei corsi e segnalate quel comportamento all’Antitrust.
 
 
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