Alla fine del mese di luglio la Cassazione ha emesso una sentenza (la numero 31596 del 2008) che, complice il periodo vacanziero alle porte, non ha sollevato piu' di tanto clamore. Se questa stessa sentenza fosse stata emessa in un altro periodo dell'anno, sarebbe stata la classica notizia dal titolo forte per giornali e telegiornali (o forse lo e' stata ma in pochi ad agosto guardano la TV) con titoli del tipo "Se l'amministratore non si comporta bene potete mandarlo a quel paese!" o ancora "Lecito insultare l'amministratore di condominio!" . Se cosi' non e' stato, meglio, altrimenti prima di ritenere lecito questo comportamento pensiamoci su due volte.
Per valutare la portata di questa sentenza, sono necessarie un paio di considerazioni preliminari. Innanzitutto va detto che in Italia, per come e' strutturato il sistema giurisdizionale, le pronunce di un giudice (Cassazione compresa) non vincolano gli altri giudici per i casi analoghi che in futuro dovranno essere affrontati e giudicati. Non c'e', insomma, quel c.d. precedente vincolante che spesso riecheggia nella nostra memoria al pensiero di qualche telefilm americano. Praticamente uniformarsi non e' obbligatorio, ma per tutta una serie di ragioni -prima fra tutte l'uniformita' di giudizio- consigliabile. In secondo luogo, nel caso specifico che andremo ad approfondire, semplificare dicendo che insultare l'amministratore non e' reato e' fuorviante. Con cio' si vuole dire che non si e' sicuri di non subire un'azione penale. Non e' stata approvata una norma che consente questo comportamento. Infatti, i giudici hanno ritenuto applicabile la causa di giustificazione del diritto di critica, ma una lettera o una frase ingiuriosa espressa fuori da un determinato contesto puo' comunque portare a una condanna, in quanto l'applicazione della causa di giustificazione viene valutata in modo discrezionale dal giudice. Entriamo piu' nello specifico. L'insulto, solitamente, puo' essere espresso in pochi modi: per lettera, in un colloquio, con un gesto (es. gesto ad ombrello, dito medio alzato, ecc.). Quando l'insulto e' diretto ad una persona presente, l'autore del fatto incorrera' nel delitto di ingiuria (art. 594 c.p.). Se, invece, l'insulto e' comunicato ad almeno altri due soggetti e diretto ad una persona assente, il colpevole incorrera' nel delitto di diffamazione (art. 595 c.p.). In linea generale (salve alcune ipotesi piu' gravi) si tratta di reati giudicati dal Giudice di Pace e perseguibili solo se viene sporta querela dalla persona offesa dal reato. La succitata sentenza del Supremo Collegio affrontava il caso di un condomino che indirizzava una lettera ad un amministratore criticandolo in modo aspro. Ma quali erano le parole ingiuriose rivolte all'amministratore di condominio? Dalla sentenza si desume che il condomino aveva accusato l'amministratore "… di usare in modo improprio, illegale ed arbitrario i poteri di amministratore e dichiarando falsita'…". Lo stesso condomino era stato querelato per ingiuria ed anche per diffamazione, in quanto la lettera era stata portata a conoscenza degli altri condomini. In primo grado il Giudice di Pace aveva condannato il condomino, che, invece, in secondo grado era stato ritenuto non punibile per il delitto di ingiuria ma condannato per quello di diffamazione. Giunti al giudizio di Cassazione, l'imputato e' stato assolto in quanto, con riferimento alla critica rivolta all'operato dell'amministratore, e' stato statuito "che cio' si possa fare anche usando frasi certamente aspre perche' e' fuori dubbio che a ciascun condomino spetta il diritto di controllare i comportamenti dell'amministratore e di denunciare eventuali riscontrate irregolarita'". A questo comportamento, pero', va posto un limite, ossia non vi deve essere aggressione alla sfera morale della persona, ma "… una censura soltanto delle attivita' svolte come amministratore".
Infine, per quanto riguarda la discrasia tra assoluzione per ingiuria e condanna per diffamazione, adottata nel giudizio d'appello, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che "cio' che non si comprende e' la decisione in ordine alla diffamazione consistita nella distribuzione della lettera ai vari condomini. Anche il delitto di diffamazione e' infatti scriminato quando sia espressione del legittimo esercizio del diritto di critica e, quindi, le considerazioni svolte a proposito del delitto di ingiuria si sarebbero dovute ritenere valide anche per il delitto di diffamazione". Come dire che non fa differenza parlar male di una persona di fronte a lui o alle sue spalle; basta che non si degeneri nell'insulto gratuito. Solo da questa brevissima illustrazione di uno degli aspetti del diritto di critica, si comprende come si versi in un settore del diritto molto delicato e controverso, dove spesso le convinzioni personali dei giudici ed anche il contesto sociale nel quale vanno ad operare incidono in modo tale da non poter permettere di dare un giudizio uniforme e certo al concetto di critica. E' chiaro, allora, che il titolo del giornale non possa che essere necessariamente sintetizzatore di un discorso molto piu' complesso. Bisogna stare attenti prima di lasciarsi andare a critiche che qualche volta potrebbero essere considerate degli insulti. Come dire, uomo avvisato…