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Diritto di sosta nelle parti comuni del condominio
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Il condominio di Laura Cecchini
18 agosto 2020 17:56
 
 In materia di condominio, la sosta dell'auto o di altro mezzo, anche temporanea o sporadica, nelle parti comuni (cortile/giardino/viale di ingresso) può costituire causa di vertenze.
A conferma della attualità dell'argomento, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, offre uno quadro compiuto delle problematiche che si verificano nelle ripetute e molteplici situazioni portate all'esame delle aule di giustizie.
E' chiaro come la sempre più frequente difficoltà di reperire un parcheggio sulla strada rappresenti l'occasione per delineare nuove esigenze di occupazione degli spazi comuni presenti nel condominio.
Sul punto, non dobbiamo dimenticare che, per quanto concerne la fruizione delle parti comuni, principio cardine, nella disciplina vigente sul condominio, è il rispetto del pari diritto altrui, motivo per cui, qualora si realizzi una violazione, occorrerà procedere affinché la stessa sia eliminata o impedita, anche mediante la previsione di sanzioni ad hoc.

Parcheggio in condominio
Negli ultimi anni, alla sempre maggiore esigenza di necessità legate al parcheggio dell'auto, alcune parti condominiali sono state destinate ad area di sosta.
Tale facoltà, prevista nel regolamento o adottata mediante delibera, può assumere differenti configurazioni a seconda anche dello spazio a disposizione.
In alcuni casi sono stati realizzati veri e propri posti auto delimitati, in altri è stato prevista la possibilità di sosta a rotazione, oppure il parcheggio solo in alcuni giorni (pulizia della strada).
Ciò che rileva, come è presumibile, è la presenza di un regolamento o decisione della assemblea che detti e determini le modalità con cui gestire ed organizzare la sosta delle auto e di ulteriori eventuali mezzi (motorini/moto/biciclette).
Quando non vi sono disposizioni, la questione impone, in caso di contrasto, l'adozione di una disciplina dell'uso e/o della fruizione da parte dei partecipanti al condominio.
Dall'altro lato, come vedremo, anche laddove esista un regolamento non sono esclusi comportamenti in disprezzo delle clausole dettate nello stesso, per cui, a volte, è opportuna ed utile la previsione di sanzioni atte a inibirli.

Parcheggio e uso delle parti comuni art. 1102 Cod. Civ.
Quale che siano le circostanze nel caso concreto, in assenza di un regolamento o delibere sul punto, il principio a cui non può sfuggire il tema che interessa, è codificato all'art. 1102 Cod. Civ.<Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa>.
Il dettato normativo richiamato consente a ciascun condomino l'utilizzo gli spazi comuni a condizione che (i) non ne alteri la destinazione e (ii) non impedisca agli altri di farne pari uso.
Sul punto, preme evidenziare come la disposizione de qua non richieda, per l'accertamento della violazione, la contestualità delle due condotte indicate, in quanto la stessa si verificherà anche con il concorso di una sola delle due fattispecie previste.
Ad esempio, nel caso di area destinata unicamente a giardino, il condomino che ivi parcheggi l'auto, ne avrà alterato la destinazione, così come la sosta di auto avanti al cancello di ingresso dell'abitazione di un condomino ne impedirà l'accesso.

Sotto tale profilo, in aderenza alla funzione nomofilattica propria, la Corte di Cassazione ha sottolineato la giusta prospettiva con cui si deve procedere all'analisi della questione concreta, operando una valutazione che deve coinvolgere, inevitabilmente, la posizione relativa alla possibilità di utilizzo da parte del singolo in correlazione al pari diritto di tutti gli altri condomini.
E' dirimente, dunque, l'interpretazione offerta dalla Suprema Corte, secondo cui <se e in che misura l'uso diretto e più intenso della cosa comune da parte di un condomino sia legittimo o venga ad alterare il rapporto di equilibrio tra partecipanti e perciò sia da ritenere non consentito a norma dell'art. 1102 cod. civ., occorre avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno dei partecipanti al condominio, proporzionalmente alla quota di ognuno di partecipazione alla cosa comune>(Cass. 23 giugno 2014 n. 14245).
Ad ulteriore conforto di tale assunto, in una recente ordinanza (n. 7618/19) la Corte ha ribadito che qualora insorga una controversia avente ad oggetto la sosta/parcheggio in una area comune condominiale, il giudicante investito della causa dovrà procedere a vagliare la legittimità o meno della condotta contestata, prendendo in esame non unicamente il diritto d'uso del condomino che lamenta il suo diritto a fruire del bene comune ma, anche ed in particolare, di di tutti gli altri partecipanti alla compagine.

Parcheggio nelle parti comuni, azioni e regolamento
Qualora sia contestata una condotta violatoria relativamente alla fruizione delle parti comuni, o meglio ad un potenziale abuso della stessa, l'amministratore di condominio dovrà, in primis, inviare una formale diffida al condomino in merito al contegno posto in essere, in pregiudizio del pari diritto degli altri e, nel caso di continuazione del contegno censurato, promuovere un'azione giudizialetesa ad accertare l'uso illegittimo, con richiesta di condanna al risarcimento del danno e inibizione per il futuro.
Certamente più agevole la soluzione alla querelle sulla sosta nelle parti comuni del condominio se vi è un espressa previsione delle modalità con cui può avvenire, o dei divieti, nel regolamento condominiale.

L'avvenuta cristallizzazione di norme ha, come logica conseguenza, una significativa riduzione di incertezze interpretative e applicative, quantomeno nell'accertamento della eventuale condotta illecita posta in essere e dei possibili rimedi.
Invero, in rispondenza a tale esigenza, in base all'art. 70 Disp. Att. Cod. Civ., i condomini possono deliberare la comminazione di sanzioni, ove le stesse siano indicate espressamente nel regolamento in ragione della avvenuta violazione di prescrizioni contenute nello stesso.
In rispondenza della disposizione citata, la sanzione può essere determinata in una somma fino all'ammontare di Euro 200 all'uopo stabilendo un aumento nella misura massima di Euro 800, nel caso di reiterazione della condotta trasgressiva, ovvero di recidiva.
La funzione che assolve tale sanzione è chiaramente di deterrente ma, non è insolito, che, all'occorrenza, la stessa venga irrogata, previa assunzione di debita delibera che, ove non adempiuta dal condomino trasgressore, potrà trovare attuazione mediante azione esecutiva.

(articolo pubblicato su Condominioweb)
 
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