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Regolamento di condominio e divieto di possedere animali
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Il condominio di Alessandro Gallucci
16 novembre 2009 7:36
 
 E' vietato ai proprietari degli appartamenti, nonche' ai conduttori degli stessi, possedere animali.
E' usuale trovare nei regolamenti di condominio clausole simili.
La questione e' di fondamentale importanza e spesso genera contenziosi che riguardano la legittimita' di tali clausole.
Vale la pena capire se e quando queste norme possano essere considerate legittime e che cosa fare se non lo sono.
Innanzitutto bisogna distinguere tra regolamenti condominiali di natura contrattuale e regolamenti assembleari.
I primi sono quelli solitamente predisposti dal costruttore ed inseriti nei singoli atti di compravendita. Si tratta di veri e propri contratti che, per costante giurisprudenza, possono imporre degli oneri reali o delle servitu' alle unita' immobiliari.
I regolamenti assembleari sono quelli approvati a maggioranza dall'assemblea di condominio e, ai sensi dell'art. 1138, primo comma, c.c., devono contenere "le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonche' le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione".
In quale regolamento può essere inserito il divieto di possedere animali e come deve essere formulato?
Partiamo dal dato certo ed incontrovertibile: nessun regolamento assembleare potra' vietare ai condomini (siano essi proprietari o inquilini) di possedere un animale (tra le tante Tribunale di Piacenza 10 aprile 2001).
Allo stesso modo, per quanto questo tipo di regolamento debba contenere le norme relative all'uso delle cose comuni, potranno essere considerate nulle tutte quelle clausole che pur riguardando solamente le cose comuni comportino, di fatto, una restrizione del godimento della propria abitazione. Si pensi al divieto di introdurre cani (o animali in genere) in ascensore. In tal caso, pur disciplinando l'uso di una parte comune (l'ascensore) si incide sul godimento della propria unita' immobiliare. Sempre facendo riferimento al caso di prima si pensi alle difficolta' di chi anziano, e proprietario di un appartamento ad un piano alto, non possa utilizzare l'ascensore se accompagnato dal cane.
Diverso e' il caso in cui il limite e' accompagnato da una giustificazione posta a tutela dell'integrita' delle parti comuni. Si pensi alla clausola che vieta di introdurre animali in ascensore se gli stessi creino sporcizia. In questo caso, e' evidente, il divieto non opera automaticamente, quindi il condominio dovra' dimostrare che l'animale sporca le parti comuni (nel caso di specie l'ascensore), per ottenere un ordine del giudice teso a vietare quell'uso.
Tutti i divieti, dunque, sono validi solo se finalizzati ad evitare un pregiudizio che deve essere sempre dimostrato in concreto (es. divieto di sostare con il cane nell'androne comune, ecc.).
Ogni regolamento assembleare che contenga clausole difformi da quelle appena elencate potra' essere impugnato per nullita' delle stesse.
Passiamo al regolamento contrattuale.
In questo caso, e' pacifico sia in dottrina, sia in giurisprudenza (tra le tante Cass. 14 dicembre 2007, n. 26468) che il regolamento di condominio possa contenere delle limitazioni agli usi tanto delle porzioni di piano di proprieta' esclusiva, tanto delle parti comuni.
Stando cosi' le cose, ci si e' chiesti: tutti i limiti sono validi o essi devono essere formulati in un modo particolare?
La Cassazione, con un orientamento consolidato, ha recentemente ribadito che  "le restrizioni alle facolta' inerenti alla proprieta' esclusiva, contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni"(Cass. 20 luglio 2009, n. 16832).
Alla luce di questo principio c'e' da chiedersi: e' lecita e non equivoca la clausola "e' fatto divieto di introdurre e possedere animali nelle unita' immobiliari"?
La specie animale e' talmente tanto vasta che non si puo' pretendere con una simile clausola di vietare un comportamento: sarebbe la stessa cosa possedere un gattino o uno scimpanze'? Non e' azzardato ritenere che una clausola del genere sia nulla e come tale impugnabile in ogni momento per eccessiva genericita'.
Si potrebbe obiettare che, allora, e' legittima la clausola "e' vietato possedere cani" (tra le altre cose molto piu' frequente). Pure questa disposizione, a parere di chi scrive, deve essere considerata nulla in quanto contraria a norme imperative.
Quali sono le norme imperative? Sono quelle dettate dalla legge e non derogabili dalle parti. Tra queste rientrano quelle cosi' dette precettive, tra le quali va annoverato l'art. 2 della Costituzione, relativo ai diritti inviolabili dell'uomo, che e' considerato una norma aperta, vale a dire soggetta alla costante interpretazione storico-evolutiva al fine di garantire anche i diritti inviolabili non espressamente tutelati da altre disposizioni costituzionali. In questa norma, sempre piu' spesso, e' ricondotto il diritto al legame affettivo con un'animale domestico.
E' pacifico, infatti, che gli animali rientrino nel novero di quelle affettivita' personali intangibili e utili al corretto e completo sviluppo della personalita' umana.
In effetti, se ci si ferma un attimo a pensare non si puo' non convenire che e' arbitrario permettere che con un contratto vieti di possedere animali senza alcuna fondata ragione.
Allo stesso modo della clausola troppo generica, quindi, anche quella troppo "selettiva" (es. e' vietato possedere cani), seppur per diverse ragioni deve, a parere di chi scrive, essere considerata nulla e come tale impugnabile in ogni tempo.
In definitiva, in relazione agli animali, quali sono le clausole da considerasi lecite?
Se si tiene presente che un regolamento condominiale puo' imporre un divieto sia in relazione all'attivita', sia in relazione al pregiudizio che la stessa comporta (da ultimo Cass. 18 settembre 2009 n. 20237) non e' azzardato ipotizzare che le clausole che vietano di possedere animali siano lecite solamente quando sia anche specificato il pregiudizio che gli stessi recano.
Ad esempio, dicendo, e' vietato possedere animali che rechino disturbo alla tranquillita' ed al riposo delle persone o che rechino pregiudizio al decoro dello stabile (es. cani che abbaiano di continuo giorno e notte sporcando ascensore e altre parti comuni con escrementi). In questi casi, pero', spettera' al condominio dimostrare i pregiudizi arrecati. Solo il giudice in sostanza, dopo l'accertamento del pregiudizio, potra' allontanare l'animale.
 
 
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