testata ADUC
DEDICATO A ORIANA FALLACI -ovvero: AH, FIRENZE, QUANTE VIOLENZE!
Scarica e stampa il PDF
La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 novembre 2002 0:00
 
"Signora Fallaci!" -un commesso attraverso' di corsa il salone della Banca Commerciale di via Tornabuoni, a Firenze, gridando il Suo nome. Drizzai le orecchie, identificai il commesso proprio nel momento in cui La raggiungeva per consegnarLe qualcosa -e La vidi. Vidi Lei, signora Fallaci, il segno vivente della mia speranza di poter fare, anch'io, quel lavoro "da uomini" che era considerato allora il giornalismo. Restai a bocca aperta, ammirata, ma non ce la feci ad avvicinarmi a Lei, a salutarLa, come qualcosa pur mi spingeva a fare. Ero, allora, un'adolescente imbranata e Lei, pur giovane, era una donna affermata, famosa, sicura di se'. Non mi andava di diventare tutta rossa davanti a Lei, farfugliando qualche cretinata e, magari, chiedendoLe l'autografo.......
Leggevo allora gli articoli che Lei scriveva da New York, e fu grazie al Suo "Se il sole muore" che capii qualcosa sulle imprese spaziali e soprattutto che gli astronauti non erano dei robot ma degli esseri umani che avevano, come tutti, paure, speranze, desideri. Quel Suo approccio all'avventura spaziale, che ricordo curioso e amichevole, contribui' ad aprirmi la mente e mi suggeri' che, prima di giudicare specialmente cio' di cui diffidiamo, bisogna indagare a fondo, documentarsi, conoscere.
E fu ancora Lei, con le "Interviste con la storia" a confermarmi che con le autorita', per quanto potenti siano, ci si poteva rapportare anche da pari a pari -erano esseri umani anche loro, come Lei, come me.
Mi pare di non aver letto molti altri Suoi libri -mi perdoni-, ma cio' non significa che non abbia continuato a sentirLa come una persona autentica che, nelle cose che diceva e faceva, c'era con tutta se stessa. Ricordo, per esempio, l'incontro narrato in un Suo libro con una bimba cieca (in India?) che chiedeva l'elemosina, e Lei che l'avrebbe voluta prendere e portare via con se'. E anche, una mattina presto, alla radio, la Sua voce rotta dal pianto, perche' Alekos Panagulis, l'uomo che amava, era stato assassinato da emissari dei colonnelli greci.
Lei, per me, dunque, non e' una persona estranea, ha contato in qualche modo nella mia vita, e ora, che abbiamo ambedue alle spalle il dantesco "mezzo del cammin di nostra vita", posso fare quello che non feci quarant'anni fa. Mi avvicino a Lei, mi presento e Le chiedo se possiamo fare insieme una passeggiata per questa Firenze che Lei ama.

Vede, io sono arrivata a Firenze nel 1960, lasciando una piccola citta' vicina piena anch'essa di opere d'arte. Ma Firenze, per me, era una magia, forse per l'entusiasmo della mia nonna materna che mi mostrava le fotografie -allora in bianco e nero- dei palazzi, delle chiese, delle pale d'altare e dei quadri. E quando, per una di quelle svolte sorprendenti della vita, la ditta in cui lavorava mia madre si trasferi' a Firenze, pur nel groviglio di sentimenti contrastanti che accompagnano sempre anche l'esaudimento del desiderio piu' profondo e autentico, per me fu come un'altra nascita.
Dai primi di agosto di quel 1960 -quando ci trasferimmo- a tutto settembre (le scuole cominciavano il primo ottobre) perlustrai il centro da cima a fondo, fotografando il fotografabile. E non sempre prendevo il filobus, ma spesso andavo a piedi -ed era per me come una marcia trionfale nei vicoli come sui lungarni, attraverso i ponti e le piazze. E il silenzio delle chiese, la loro maestosita' -poter leggere "I sepolcri" in Santa Croce -come dire, in presa diretta - che gioioso privilegio! E mi pareva che la Firenze che vivevo io fosse proprio quella di Ugo Foscolo, e che lui, in quel carme, mi desse le parole giuste per esprimere il mio entusiasmo per questa citta': "Te beata, gridai, per le felici/ Aure pregne di vita, e pe' lavacri/ Che da' suoi gioghi a te versa Appennino!/ Lieta dell'aer tuo veste la Luna/ Di luce limpidissima i tuoi colli/ Per vendemmia festanti; e le convalli/ Popolate di case e d'oliveti/Mille di fiori al ciel mandano incensi" .
Questo, signora Fallaci, per dirLe che anche io amo Firenze - di un amore riverente, trepidante.

E' per queste ragioni che ho preso molto sul serio la Sua angoscia per l'incolumita' di Firenze espressa sul "Corriere della Sera" del 6 novembre, anche se non condivido quasi niente di quello che scrive. Ma, mi chiedo e Le chiedo: l'incolumita' di Firenze non e' minacciata gia' da molto tempo? Non sta subendo, questa citta', da anni, ingiurie e violenze con cui pero' siamo talmente abituati a convivere che facciamo fatica a distinguere, perche' cio' significherebbe un cambiamento radicale di tutto il nostro modo di fare, a partire proprio dalle nostre abitudini piu' quotidiane, dalla mentalita' piu' scontata, che individua nell'immediato vantaggio personale l'unico metro con cui misurare le cose?
E' proprio sicura, oltre ogni ragionevole dubbio, che tutte le violenze siano ascrivibili alla tenda dei Somali in piazza San Giovanni, o all'appuntamento del Forum Sociale europeo, di cui Lei ha ignorato -mi permetta, con poco spirito giornalistico- l'oggettiva vitale importanza dei temi trattati? E ora che il Forum sociale europeo si e' svolto e concluso tranquillamente, e i suoi partecipanti sono partiti, va tutto bene per Firenze? Vogliamo cercare di verificarlo insieme?

Vede, se mi fossi fatta coraggio quarant'anni fa, avremmo potuto cominciare la nostra passeggiata facendo un salto in via Vecchietti da "Digerini e Marinai", la pasticceria famosa per i frou frou alla cioccolata -una vera categoria dello spirito. Ma quella pasticceria non c'e' piu'. Da tanto tempo, forse addirittura da prima dell'alluvione. Mi pare che sia stato il primo famoso esercizio del centro di Firenze a scomparire -in una strada destinata a vedere, in seguito, solo banche. E poi, in un crescendo serrato che trova oggi il suo culmine, sono scomparsi tanti e tanti altri negozi, che, con la loro varieta', rendevano il centro pulsante di vita vera, autentica -vissuta in primo luogo dai suoi abitanti, e quindi accogliente anche per i suoi visitatori. Ed erano negozi sempre eleganti, e molti di essi offrivano merci raffinate e costose accanto ad altre un po' meno costose, ma sempre di estremo buon gusto.
Si ricorda, signora Fallaci, la "Farmacia inglese" di via Tornabuoni e, in una strada vicina, il famoso "Forno Balboni e Mueller"? E il negozio di tende e stoffe per l'arredamento di "Haas" (ho ancora alcune sedie ricoperte con la loro stoffa)? E il caffe' Giacosa (una reliquia del quale lo stilista Cavalli ha, bonta' sua, conservato in un angolo)?. E Bianzino sull'angolo di piazza San Giovanni? E l'affascinante negozio degli Alinari in via Strozzi? Fra breve anche la bella libreria Seeber sara' solo un ricordo -come lo e' nella mia mente e, forse anche nella Sua, un'altra raffinata libreria di Via Tornabuoni, di cui non ricordo il nome, e negozi di strumenti ottici, con splendidi telescopi che facevano sognare, e negozi di dischi e d'altro ancora. Era un piacere passeggiare per quelle strade, tante sorprese occhieggiavano dalle vetrine che erano spesso da sole dei piccoli capolavori. Una gioia per gli occhi, uno stimolo per la mente, uno spettacolo fruibile da tutti, anche se, poi, non tutti potevano permettersi di varcare quella soglia.
Cosa c'e', adesso, al posto di questa ricca, elegante varieta'? Abiti firmati, scarpe firmate, borse firmate, sperdute, una qui, una li', in luccicanti arredamenti postqualcosa , il tutto per una clientela che dire esclusiva e' dir poco, e poi banche, tante banche...... e, sui percorsi piu' turistici, gelaterie e pizzerie a volonta'. Sulla cui volgarita', pare vi sia un consenso unanime. Ma non e' volgare, anche questo corpo a corpo delle grandi firme della moda in poche decine di metri quadrati? Quantomeno monotono, me lo vorra' concedere. E anche un po' ridicolo.
Ed e' cosi' che il centro di Firenze non ha quasi piu' posto per altro. E' diventato sempre piu' un quartiere artificioso e fantasma con tutti i problemi, e' ovvio, che i quartieri non vissuti dagli abitanti comportano. Non crede che il presidio migliore di un luogo non lo faccia la polizia, ma chi ci abita e ci puo' vivere con pienezza?
Cosa ritrova Lei, signora Fallaci, della "Sua" Firenze, quando vi torna dalla Sua residenza di New York? Che effetto Le fa QUESTA Firenze?
A me stringe il cuore vedere cosi' stracciato quel delicato tessuto che ho conosciuto in tempi migliori, con tutto che esso si e' sgranato, sfilacciato, filo per filo, sotto i miei occhi.
E non mi sento innocente, e mi domando che cosa avrei potuto fare -che cosa posso fare ancora oggi.

Perche' i problemi si sommano ai problemi, e forse qualcosa possiamo cambiare. Anzi, e' necessario cambiare, per la stessa sopravvivenza delle persone e anche delle pietre che Le stanno tanto a cuore. Dico sul serio.
C'erano, una volta, negli angoli piu' riposti della citta', delle iscrizioni scalpellate direttamente su una delle pietre di un muro oppure su una lapide murata sull'edificio; su di esse "gli Otto di balia" o altre autorita' intimavano di non giocare a palla in quello spiazzo o ricordavano che era proibito il gioco d'azzardo..... Mi ricordo l'emozione con cui le ho sempre lette, perche' esse mi davano la sensazione di essere presente alla vita vissuta in quella via quattro o cinquecento anni prima. Sono state al loro posto, perfettamente leggibili per quattro, cinque, sei secoli; poi, nel giro di dieci o vent'anni la pietra ha cominciato a disfarsi, la leggibilita' a scemare, fino a diventare tutto un'unica anonima screpolatura. Un umile quanto prezioso pezzo di vita della citta' se n'e' andato. Per sempre. Come rischiamo di andarcene noi. Perche' il morbo che colpisce noi come la pietra si chiama inquinamento atmosferico, e Firenze e' una citta' inquinata a tal punto che a causa dello smog si starebbe addirittura modificando il DNA dei fiorentini ("La Repubblica" del 18 ottobre 2001).

Che ne e', dunque, delle "aure pregne di vita" che Ugo Foscolo respirava a Firenze ai primi dell'Ottocento?
Che cosa sono diventate se non nubi soffocanti dall'inquietante colore rossastro, se si guardano dai poggi sovrastanti la citta'? Se cammina per un po' per queste strade, non si sente anche Lei, signora Fallaci, venir meno il respiro?

Ma c'e' dell'altro.
Dove sono -e come stanno-, per citare ancora Foscolo, quei "lavacri/Che dai suoi gioghi a te versa Appennino"?. Ne sono rimasti pochi, e scarseggiano sempre di piu'. Per garantire l'approvvigionamento idrico alla citta' si e' trasformato in un lago artificiale (il Bilancino) il paesaggio in cui era inserita la villa medicea di Cafaggiolo. Che cosa direbbero Michelozzo e Cosimo il vecchio se fosse dato loro di vedere -e di parlare?
Ma quanto durera' anche questo approvvigionamento, se in questo stesso Mugello, terra bellissima e gentilissima, per la costruzione dell'Alta Velocita', si perdono ogni 24 ore 60 milioni di litri d'acqua, "acqua buona, acqua di montagna. Acqua che se ne va per sempre", come denuncia l'associazione "IDRA" (LINK) in un comunicato del 9 novembre? Ci importera' molto di arrivare a Milano in due ore anziche' in tre, quando avremo l'acqua da bere razionata? Non sono, questi, pericoli attuali e concreti per la nostra vita, sui quali si fa troppo poco caso?

Ecco, signora Fallaci, siamo quasi arrivate al termine della nostra passeggiata. Ma prima di congedarmi da Lei, mi permetta di fare un salto in un altro paesaggio che a Lei e' senz'altro molto caro: il Chianti.

A me piace davvero tanto, e ci vado a camminare spesso, specialmente d'autunno e d'inverno. Mentre cammino ammiro i poggi, le vallate, le vecchie coloniche restaurate sparse per le vigne e quei pugni di case di pietra che, a volte, a sorpresa, fanno corona al viottolo. Sono belle queste costruzioni e mi fa piacere di vederle rispettosamente restaurate e ben tenute, ma non posso allontanare dalla mente questo semplice fatto: parecchie di queste case che, fino un tempo non molto lontano, hanno visto fra le loro pareti la fatica del vivere contadino, con i suoi stenti quotidiani, la paura di non riuscire a sfamare tutte le creature che nascevano, a volte la disperazione, perche' anche da noi, un tempo, bastava poco per mettere in dubbio la sopravvivenza di tutta una famiglia, oggi sono usate come case di vacanza per i proprietari o turisti danarosi -e comunque, ormai, sono case da gente parecchio ricca.
Mi fermo, a volte, nei paesi chiantigiani davanti alla vetrina delle agenzie immobiliari, guardo i prezzi, e mi domando quante persone normali, nate e cresciute li', possono permettersi di comprare una casa in quelle zone. Non dico mica una casa colonica, ma proprio un semplice appartamento, anche piccolo. I prezzi sono letteralmente "mondiali" (qualcuno, tempo fa, parlava di Chiantishire!). E' la stessa cosa che accade a Firenze, e spinge molte persone comuni, fra le quali ci sono anch'io, ad andarsene, ragion per cui dal 1982 a oggi la popolazione del capoluogo e' passata da 460.924 unita' a 380.000, (prendo per buona la cifra da Lei fornita), con una emorragia di 80.000 persone, un sesto degli abitanti di vent'anni fa. Ma, torno a domandare a me e a Lei come possono vivere davvero citta' e paesi senza persone normali che traggono la propria sussistenza da uno stipendio da operaio o impiegato o poliziotto?
E questo allontanamento forzato delle persone comuni dalla bellezza -naturale o artistica che sia- non e' anch'esso una violenza?

Ma ora, e' proprio venuto il momento di salutarci. Mi ha fatto piacere muovermi, sia pur idealmente, con Lei attraverso Firenze e i suoi dintorni, e mi sentirei onorata se accettasse un altro invito. Prendiamo davvero insieme un caffe' in uno dei pochi posti che per ora resiste nella piazza piu' bella del mondo. Sedute a un tavolino all'aperto potremmo passare qualche minuto in partecipe silenziosa contemplazione del tenero incarnato di Palazzo Vecchio.
Sinceramente Sua
Annapaola Laldi
 
 
LA PULCE NELL'ORECCHIO IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS