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ERASMUS. OVVERO: L'ELOGIO .... DELLA BEFFA?
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 gennaio 2001 0:00
 


C'era una volta Erasmo da Rotterdam (1465-1536), filosofo, teologo e umanista, uomo libero, dall'ingegno multiforme e molto famoso gia' ai suoi tempi, che scrisse un altrettanto famoso "Elogio della pazzia", e che visse viaggiando fra i natii Paesi Bassi, la Francia, l'Inghilterra, l'Italia, la Germania e la Svizzera, testimone attento dei mutamenti incalzanti della sua epoca quali, ad esempio, la riforma anglicana e quella luterana, la diffusione della stampa, la scoperta delle Americhe.
Qualche secolo dopo, la Comunita' europea ha imposto il suo nome a un programma di scambio di studenti fra le Universita' del continente.
ERASMUS viene indicato, infatti, come acronimo (terribile termine, di origine greca, naturalmente, che significa che le singole lettere che compongono questa parola sono le iniziali di altre parole) di European Community Action Scheme for the Mobility of University Students, col desiderio esplicito di onorare questo grande personaggio che, secondo la presentazione del progetto, ci fa vedere quanto siano importanti i contatti con gli altri paesi per affinare l'intuito e far crescere e maturare la conoscenza e l'esperienza.

Il mio interesse e' stato attirato sul progetto Erasmus, che esiste peraltro dal 1987, da due miei giovani amici che frequentano a Firenze le facolta' di architettura e di scienze politiche e che hanno vinto questa "borsa di studio" per Madrid e Parigi.
Cio' che mi hanno detto sull'entita' della "borsa di studio" e sulla loro miniodissea fra i meandri della sempre fiorente burocrazia e gli ingranaggi di meccanismi di raccordo piuttosto rugginosi, mi e' parso degno di nota, e cosi' ho fatto una piccola ricerca in Internet sull'argomento, che mi ha confermato vari interrogativi.

Erasmus e' un progetto approvato dall'UE allo scopo di favorire l'integrazione europea a livello delle universita'. Ebbe inizio nel 1987, e, dal gennaio 2000 e' inserito nel piu' ampio progetto "Socrates" , che si occupa degli scambi scolastici in generale, e che coinvolge 28 nazioni (i 15 Paesi membri, oltre a Norvegia, Islanda, Liechtenstein e altri 10 Paesi dell'est).
Sicuramente il principio che ha ispirato questo progetto per l'universita' e' importante. Si tratta, infatti, stando a quanto si legge nella presentazione ufficiale , di agevolare lo svolgimento di una parte del proprio curriculum universitario in una Universita' di un altro Paese europeo, con il "pieno e integrale riconoscimento da parte dell'universita' di provenienza".
E' d'importanza fondamentale -a mio avviso- il fatto che qui la mobilita' degli universitari non venga considerata come una specie di diritto soggettivo del singolo studente. Essa e', al contrario, riconosciuta NECESSARIA per il bene comune dell'Europa, diventando, si potrebbe arrivare a dire, quasi un dovere per gli studenti.
Nella mobilita' e nello scambio interuniversitario di studenti (ma anche di docenti e amministratori) viene infatti ravvisato uno degli strumenti atti a creare i nuovi cittadini europei , e a rispondere alla sfida lanciata dall'integrazione europea e dal ritmo incalzante delle scoperte e delle applicazioni pratiche, che esige menti sempre piu' pronte e flessibili e legami sempre piu' saldi fra quei centri di studio, di ricerca e di diffusione delle conoscenze che sono appunto le Universita'.

Ma come si realizza questo intento? Con quali mezzi economici? Con quale tipo di organizzazione?
Ho visitato i siti di cinque universita' italiane (FI, BO, SA, NA, PG), e in tutti quanti, doverosamente, si tiene a precisare subito che la "borsa di studio" non intende coprire l'intero costo del soggiorno di studi all'estero, "ma e' destinata a compensare almeno in parte i costi supplementari nel Paese ospitante". E sfido! Con una cifra di circa 150 euro al mese (neanche 300.000 lire) , forse anche soggette a tassazione, che cosa integra una persona a Parigi, Londra, Berlino quando, a Parigi -appunto- occorrono solo per l'alloggio almeno 700.000 al mese per persona? E a Madrid circa 500.000? E' vero che le Universita' italiane annunciano nei bandi un loro possibile contributo, ma anche con le eventuali 400.000 lire al mese di Bologna (gli altri atenei non quantificano nell'informazione a cui ho attinto), l'apporto delle famiglie resta irrinunciabile.
E qui ci sarebbe un ulteriore motivo di ispirazione a Erasmo, il quale, da giovane, fu anche lui beneficiario di una borsa di studio a Parigi, talmente esigua che, per sopravvivere, dovette dare lezioni ....... A Erasmo, forse, ironico com'era, questa coincidenza suggerirebbe qualche sottile arguzia. A me suggerisce una serie di domande sulla utilita' di distribuire in questo modo i soldi pubblici e sulla congruita' fra lo scopo fissato dal progetto e lo strumento economico usato per raggiungerlo.
Siamo sicuri che, al posto di queste "paghette mensili" che finiscono col favorire esclusivamente chi ha una solida famiglia alle spalle, non sarebbe piu' produttivo un tipo di intervento teso ad assicurare la totale autonomia economica degli studenti all'estero? Lasciando la possibilita', che mi pare di capire esista di gia' a prescindere dal contributo economico, di effettuare fino a un anno di studio riconosciuto in una Universita' europea, non si potrebbero concentrare le risorse economiche in modo tale da creare delle vere, sostanziose borse di studio, sia da assegnare come stipendio sia da dare come prestito da rimborsare, del tutto o in parte, una volta laureati e occupati?
Perche', se la motivazione che sta alla base del progetto Erasmus, e' davvero l'INTERESSE DELL'UNIONE EUROPEA a preparare cittadini, scienziati, professionisti, ricercatori, studiosi, politici, con un'esperienza gia' di integrazione a livello sovranazionale e capaci di rispondere alle sfide dell'oggi e del domani, l'Unione europea non puo' rischiare ne' permettersi di perdere neppure una di queste intelligenze attualmente disponibili nelle varie Universita', solo per una questione di soldi. Perche', nonostante i costi sempre piu' elevati dello studio universitario, di persone che all'Universita' ci vanno per autentica passione allo studio e con sacrifici economici, risulta che ce ne siano ancora. Cosi' com'e' messa ora, pero', l'offerta Erasmus sembra rivolta solo a una clientela medio-alta.
C'e' poi anche un altro aspetto che va considerato, e cio' a prescindere dal reddito familiare. Questo genere di contributi risicati non fa altro che rendere piu' forti i vincoli di dipendenza fra il giovane e la famiglia, che invece, specie in Italia, andrebbero allentati. E quale occasione migliore per sperimentare la propria autonomia in tutti i sensi, che passare un anno a studiare all'estero, resi indipendenti da una vera borsa di studio (in forma di stipendio o di prestito che sia)?

Non potrebbe essere questo un modo moderno, civile e intelligente da offrire ai giovani per raggiungere quella "maturita'", che a molti sembrava legata al servizio militare obbligatorio -peraltro limitato ai maschi?

Anche a livello organizzativo mi pare, tuttavia, che ci siano molte cose che lasciano perplessi.
I miei due giovani amici, che fra loro non si conoscono, mi hanno raccontato una storia analoga, fatta di un'enorme perdita di tempo nella ricerca, prima, dei programmi delle facolta' ospitanti, per scegliere i corsi da seguirvi, poi delle firme di accettazione dei docenti di "quaggiu'" a garanzia del futuro riconoscimento dei corsi frequentati e degli esami sostenuti "laggiu'". Una volta arrivati a destinazione, pero', vi e' stata la triste scoperta che alcuni dei programmi sui quali si erano basati non erano piu' validi, che certi corsi non esistevano piu', il che ha obbligato i malcapitati studenti a un'affannosa ricerca delle sostituzioni e, una volta tornati in Italia per le vacanze di Natale, all'ulteriore ricerca dei docenti a cui sottoporre i nuovi programmi per l'approvazione, ecc. ecc.
Il mio giovane amico che studia a Madrid mi ha detto che questo problema ha interessato quasi esclusivamente gli studenti italiani (e, fra questi, un po' meno quelli di Bologna -dove, in effetti, si nota una maggiore organizzazione anche nell'uso di Internet). Gli studenti tedeschi e francesi si sono visti all'Ufficio apposito a Madrid il tempo strettamente necessario a consegnare (o ritirare) la documentazione prescritta; quelli italiani, invece, vi hanno fatto, come suol dirsi, "il solco". Sono piu' sprovveduti i nostri studenti di quelli degli altri Paesi? O il problema sta da qualche altra parte?

A quel che ho capito, nella pratica, e' allo studente che viene lasciata del tutto la funzione di fare da cerniera fra le due Universita' , anche se nei programmi Socrates/Erasmus dei vari Atenei si parla di "docente promotore" (NA), di "docente proponente la mobilita'" (BO), di "docente responsabile dello scambio" (PG), di "docente delegato" (FI e SA), a cui si aggiunge un "docente tutor" (NA e SA). Quale sia l'effettiva funzione di queste figure, a quanto risulta pagate per svolgere la funzione di raccordo fra l'Universita' di partenza e quella ospitante, non e' dato capire bene. Inoltre balza agli occhi la differenza di denominazione per figure che "dovrebbero" svolgere lo stesso ruolo. O non e' cosi'?
E poi: per quale motivo -in tempi di navigazione virtuale e di e-mail, - non e' possibile avere nel famoso "tempo reale" i programmi delle Universita' gemellate e le loro variazioni in modo da far partire gli studenti con la certezza di quello che troveranno a destinazione? Non e' possibile dialogare -chattare- fra Universita' e Universita' a proposito dei programmi didattici, e pure fra Universita' e Aziende di soggiorno, ad esempio, per avere anche tutte le informazioni logistiche necessarie a far si' che agli studenti non sia richiesto il dispendio, lo spreco, di tempo ed energie per trovare ai prezzi piu' equi alloggio, vitto e quant'altro e' necessario per potersi dedicare seriamente e tranquillamente all'attivita' precipua per cui si sono recati in quella certa Universita', che dovrebbe essere quella di studiare?
C'è qualche Università che lo fa per i suoi iscritti? E, ancora, come vengono accolti gli studenti che vengono a studiare da noi da altri Atenei europei?
Sarebbe molto impertinente suggerire alle nostre Universita' di dotarsi, semmai, di un professionista del settore turistico per svolgere questo servizio essenziale perche' lo scopo del progetto Erasmus sia centrato con sicurezza e non succeda che alcuni giovani siano costretti a tornarsene a casa per l'impossibilita' di trovare una sistemazione equa ed adeguata?
E un'ultima osservazione, sul "pieno e integrale riconoscimento" dello studio svolto all'estero.
A questo proposito, fatta salva la dichiarazione di principio, pare che il riconoscimento, specie delle votazioni, possa essere messo in discussione.
Prendo le due posizioni limite: l'Universita' di Salerno garantisce questo riconoscimento e stabilisce che "le strutture didattiche di riferimento sono tenute a deliberare, con le relative motivazioni, in merito agli esami che gli studenti NON possono sostenere presso le Istituzioni estere".
All'altro capo trovo la posizione della Facolta' di Medicina e Chirurgia di Firenze, in cui gli studenti debbono fare domanda di riconoscimento degli esami sostenuti all'estero (e per i quali vi era già stata l'approvazione del docente fiorentino) alla Segreteria Studenti di Facolta', ed e' prevista una relazione della Commissione di Facolta' "per l'approvazione dei vari riconoscimenti e l' EVENTUALE trasformazione in voti". La Facolta' di Farmacia, sempre di Firenze, dal canto suo, riconosce come superati gli esami sostenuti all'estero, ma dichiara che "il voto ottenuto NON entra a far parte della media degli altri esami".
Evviva l'integrazione!

Ci sarebbero ancora diverse osservazioni da fare, ma preferisco fermarmi. Di interrogativi anche questa piccola scorribanda nell'Erasmus ne ha suggeriti. E, dunque, per oggi basta cosi'.

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