Pochissimi giorni fa è stata resa di pubblico dominio l’intercettazione del colloquio tra Filippo Turetta, il sadico assassino di Giulia Cecchettin, e i genitori, avvenuto nel dicembre dell’anno scorso, dopo l’arresto del figlio il 19 novembre.
In realtà, da quello che si è venuti a sapere sui media, sembra che l’unico a parlare sia stato il padre Nicola che cerca di consolare il figlio, dicendogli frasi che sminuiscono e banalizzano il femminicidio perpetrato dal giovane, come se, tutto sommato fosse un’attenuante il fatto che “
ci sono altri duecento femminicidi! …”.
Leggere queste frasi mi ha turbato molto, e lì per lì ho capito le reazioni durissime, che esse hanno innescato, e che forse hanno spinto Nicola Turetta a cercare di rimediare, giustificandosi con la paura che Filippo potesse suicidarsi, dato che nel carcere di Verona, dove egli è recluso, nei giorni precedenti si erano consumati ben tre suicidi.
Poi, però, nella mia mente si sono insinuati degli interrogativi che reputo molto seri, e ai quali mi sembra non sia stata data ancora alcuna risposta.
Il primo –
è legale che un colloquio tra un detenuto e i propri genitori sia intercettato?
E, se non fosse legale, è stata perseguita la persona che lo ha disposto?
Il secondo, poi, è ancora più bruciante –
da chi è stata divulgata questa intercettazione e a quale scopo?
Infatti, a mio avviso, l’unica cosa che ha ottenuto questa delazione è lo scatenarsi di una grande violenza, sia pure, per fortuna, solo verbale, che si nasconde e si giustifica con l’alibi della insopportabilità del barbaro assassinio di una ragazza che in qualche modo voleva ancora bene al suo ex fidanzato e confidava che egli fosse ragionevole.
Quell’omicidio è assolutamente intollerabile e sono convinta che il suo autore – lui come tutti gli altri che commettono un simile genere di omicidio – debba essere condannato e scontare la pena in carcere, con gli sconti previsti, se rientrerà nei parametri, da vivere comunque tenendo un profilo più che basso. Anche nel caso che riesca a laurearsi, come desidera il padre, anche in questa eventualità, che non esito ad augurargli, lo faccia, ma senza allori sulla testa, senza feste, senza annunci sui social, ma nel modo più silenzioso e schivo possibile.
Perché è cosa imprescindibile rispettare la ferita inferta al papà, al fratello e alla sorella di Giulia, che continuerà a farli soffrire di un dolore lancinante finché vivono; che, è giusto ricordare, si aggiunge alla sofferenza che già sopportavano per la perdita, nel 2022, della moglie e madre, Monica.
E, tuttavia, l’assoluta intollerabilità di quell’assassinio (come, in realtà, di qualunque altro), non consente a noi, che viviamo il tutto a distanza, di metterci in cattedra quali solerti soloni, e distribuire premi e castighi a destra e a manca.
Anche qui, solo la com-passione per la vittima, ma anche per l’assassino, può aiutarci a restare umani.
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