testata ADUC
Musica classica (occidentale) e Paesi islamici 
Scarica e stampa il PDF
La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
30 marzo 2019 18:26
 
 Se Maometto non va alla Scala, la Scala va da Maometto . Con questo titolo un po’ intrigante il quotidiano "Huffington Post" del 26 marzo presentava un articolo sulla prossima apertura di un Conservatorio per 600 bambini e bambine in Arabia Saudita.
Chiuse le porte all’ingresso di questo Paese del Vicino Oriente come socio nel teatro milanese, prosegue invece il progetto di aprire, appunto, un Conservatorio scaligero a Riyad, in cui sono previste diverse attività: corsi di coro per voci bianche, preparazione alla danza per bimbi (e anche bimbe?) dai 6 ai 10 anni, scuola musicale di strumento e altro ancora. Il progetto è triennale e ricalca, come si legge nell’articolo, quelli già in svolgimento in altri Paesi, tra cui la Romania, il Kazakistan e l’Uruguay; esso prevede anche la formazione del corpo professionale e dei docenti della sezione araba.
Se questo progetto andrà avanti e si concretizzerà, vorrà dire che l’Arabia Saudita si sta aprendo a una cultura “altra”, come quella occidentale, così diversa da quella islamica e, soprattutto dall’interpretazione, a volte feroce, dell’Islam. Se davvero questo Conservatorio sarà aperto anche alle bambine in tutti i suoi corsi (coro, danza, strumento), ciò potrà significare l’inizio di una svolta epocale per il Paese asiatico, il quale adesso è disgraziatamente fin troppo famoso perché calpesta sistematicamente molti diritti umani, come rileva il Rapporto 2017/2018 di Amnesty International. Tra i più evidenti diritti calpestati possiamo citare il ricorso troppo frequente e disimvolto alla pena di morte, la negazione di ogni libertà di espressione e scelta religiosa, la totale soggezione delle donne all’arbitrio maschile, lo sfruttamento del lavoro, e spesso anche sessuale, delle lavoratrici immigrate.
Dunque, data la situazione di partenza, mi aspetto un processo di apertura alle istanze portate dalla cultura occidentale molto lento e graduale; ma se, intanto, esso ha inizio con la musica di Mozart o di Verdi, bene: ancora una volta viva Mozart, viva Verdi!
 
Ma se l’Arabia Saudita sembra interessata a stabilire un rapporto con questo aspetto del mondo occidentale, poco più a nord, c’è un Paese pur confinante con l’Europa, cioè la Turchia, che invece si sta tragicamente chiudendo in se stesso anche nel campo culturale.
La vibrata denuncia è di Can Dündar, un giornalista turco esule da tempo in Germania, perché perseguitato dal regime di Erdogan che lo vorrebbe morto. Alla fine del gennaio scorso questo coraggioso giornalista, già direttore del quotidiano di opposizione “Cumhuriyet” (Repubblica), importante a livello mondiale e ora ridotto a fare da voce a padroni contigui a Erdogan , ha firmato un articolo dal titolo “Mozart, è già fascismo?” , pubblicato su questo sito pochi giorni fa. In esso Dündar denuncia come Erdogan, nel quadro del rafforzamento del proprio potere che vuole diventare assoluto, non fa altro che perseguitare tutti coloro che si prendono la benché minima libertà di criticarlo (giornalisti, musicisti, cineasti, attori, ecc.) e cerca di costringere tutta la società turca in una gabbia islamista senza vie di uscita. In questo tentativo, per esempio Mozart (e con lui tutta la musica classica occidentale) diventa sinonimo di fascismo, perché il musicista austriaco, con molti altri musicisti occidentali, era stato apprezzato dai Padri fondatori della Turchia moderna, tra cui Atatürk, i quali avevano preferito questa musica a quella tradizionale dell’impero ottomano, e avevano ammirato l’opera lirica, arrivando a creare un Conservatorio a guida tedesca in Turchia. Questo nel 1923, un anno dopo la fondazione della Repubblica sorta dalle rovine dell’impero ottomano.
Così, sulle note dell’antica musica classica turca/ottomana, si cerca di ricacciare le donne sotto la tutela maschile, si ricreano nei locali spazi separati per uomini e per donne, si incentivano i delatori, si imprigionano i critici di Erdogan e del suo apparato, si calpestano i diritti civili in generale, si minacciano multe favolose ai cineasti che mostrano scene di baci nei loro film; in una parola si vuole tappare la bocca e togliere l’aria a chi vuole respirare ancora liberamente.
Invito a leggere questo articolo di Dündar, perché ci fa conoscere con efficace semplicità alcuni tratti della storia del suo paese e i pericoli che la Turchia sta correndo adesso, e invito anche a leggerne altri  pubblicati in traduzione su questo sito, perché possono aprirci gli occhi su una deriva, le cui avvisaglie, purtroppo, sono rintracciabili anche qui da noi. 
 
Una limitata scelta di articoli di Can Dündar rintracciabili su queste pagine web:

Non tradite l’Europa  

Libertà dei giornalisti: niente lieto fine 


Turchia: fede in calo nonostante Erdogan

Le lacrime della stampa turca

Il triste primato della biblioteca della prigione

Turismo: tutto incluso in cella di gruppo

 
Per avere la panoramica di tutti gli articoli di Can Dündar pubblicati su questo sito, vedere qui
 
 
LA PULCE NELL'ORECCHIO IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS