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Omaggio a Danilo Dolci e al suo amore appassionato per il riscatto degli oppressi
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
3 luglio 2024 11:16
 
 In questi ultimi giorni si è ricordato il centenario della nascita di Danilo Dolci , nato il 28 giugno 1924 a Sesana, allora in Italia, oggi in Slovenia, e morto il 30 dicembre 1997 a Trappeto (PA), dove si era trasferito nel 1952 (dopo un periodo trascorso a Nomadelfia ), per condividere la vita della popolazione emarginata e oppressa di quella parte della Sicilia, dove la massa della gente era disoccupata, analfabeta, affamata e in balia della mafia, nella latitanza dello Stato. La sua azione, volta ad affermare i diritti umani e civili fondamentali, fu sempre ispirata alla nonviolenza praticata e teorizzata dal perugino Aldo Capitini (1899-1968) , al quale ultimo si deve l'invenzione della bandiera arcobaleno della pace e  l’organizzazione della prima “Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli” da Perugia ad Assisi (24 settembre 1961), marcia che si ripete ancora oggi con grande concorso di persone.

Come si può capire da questi minimi accenni, affacciarsi, anche solo un poco, sulla vita e l’azione nonviolenta di Dolci, così decisa a eliminare lo sfruttamento delle persone che non hanno voce, dando loro consapevolezza di sé – affacciarsi, dico, alla vita di Dolci ci può portare a capire meglio anche la situazione di oggigiorno e guidarci verso le azioni più giuste da compiere, come il riconoscimento universale della dignità di ogni singola persona, qualunque sia la sua provenienza, colore della pelle, ceto sociale, e il suo diritto a vivere una vita degna di questo nome (lavoro, giusta retribuzione, istruzione, partecipazione alla vita sociale e ogni altra cosa che rende cittadini consapevoli della propria forza).

Adesso voglio portare lo sguardo sul Danilo Dolci poeta. E’ dal 1974 che ho un volume della casa editrice Einaudi che racchiude le sue poesie sotto il titolo di Poema Umano, una raccolta che vale ancora la pena di leggere. Sono composizioni, in cui fa da titolo il primo verso.
Ne propongo qui tre, partendo da quella che amo di più, soprattutto per l’ultimo verso, che mi ha sempre emozionato e che mi prenderò la libertà di mettere graficamente in evidenza.

C’è chi insegna
Guidando gli altri come cavalli
Passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato
 
C’è chi insegna lodando
Quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
 
Profondamente stimavo un amico
Quasi invidiando un altro, a cui diceva
Stupido, e non a me.
 
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad
ogni sviluppo, ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato
”.
 
La seconda poesia è questa:
Chi si spaventa quando sente dire
‘rivoluzione’
forse non ha capito.
Non è rivoluzione
tirare una sassata in testa a uno sbirro,
sputare addosso a un poveraccio
che ha messo una divisa non sapendo
come mangiare;
non è incendiare il municipio
o le carte in catasto
per andare da stupidi in galera
rinforzando il nemico di pretesti.
Quando ci si agita per giungere
al potere e non si arriva
non è rivoluzione, si è mancata;
se si giunge al potere e la sostanza
dei rapporti rimane come prima,
rivoluzione tradita.
Rivoluzione è distinguere il buono
già vivente, sapendolo godere
sani, senza rimorsi,
amore, riconoscersi con gioia.
Rivoluzione è curare il curabile
profondamente e presto,
è rendere ciascuno responsabile.
Rivoluzione
è incontrarsi con sapiente sapienza
assumendo rapporti essenziali
tra terra, cielo e uomini: ostie sì,
quando necessita, sfruttati no,
i dispersi atomi umani divengano
nuovi organismi e lottino nettando
via ogni marcio, ogni mafia”.

(N.B. il termine “ostie” nel quint’ultimo verso ha il significato latino di “vittime”)
 
E infine la poesia che, in calce, ha l’avviso di reati per le scritte ivi menzionate – una delle forme di manifestazione nonviolenta considerate dalle autorità sbrigativamente “reato”.
 
Sui muri della vecchia scuola media
Si allarga la lesione e riappare,
sfacendosi a scagliette la pudica
calce dei premurosi sbirri,
VOGLIAMO SCUOLE VERE
SCUOLE SICURE PER I NOSTRI FIGLI.
 
Sui muraglioni, le scritte
L’AGRICOLTURA E’ STORDITA
SI COMPRA CARO E SI VENDE PER NIENTE,
stanno figliando per chilometri
 
Dove avevamo urlato col pennello
Malgrado l’insistere sbirresco
ACQUA PURA ALLE CASE
NON FOGNE-STRADE
Sopra muri inzuppati in melme immonde
-  ammuffiscono le robe negli armadi
Dissestati, e le ossa di dolori -,
è spuntato un cartello ad avvisare che iniziano i lavoro di restauro
”.
 
[in calce alla composizione ecco l’avviso di reato:]
“Ora arriva il Decreto di giudizio con queste imputazioni:
…a) di danneggiamento continuato e aggravato (arrt. 82 cpv, 110, 635 p.p. e cpv. n. 112 comma I n. I C.P.) per avere, agendo in concorso tra loro ed essendo riuniti in più di cinque persone, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, imbrattato e deteriorato tracciandoci con vernice particolarmente resistente scritte varie, a caratteri cubitali e per una vasta superficie, diversi edifici pubblici e precisamente il palazzo di giustizia, il muricciolo di base e la scalinata del Teatro Massimo, il Palazzo Comitini ove ha sede la prefettura, la Sede Centrale dell’Università degli Studi, l’edificio sito in Piazza Verdi ove ha sede il Provveditorato delle Opere Pubbliche, i Quattro Canti di Città, il Palazzo dei Normanni, il Palazzo di Orleans.
b) di contravvenzione agli artt. 656, 110 C.P. per avere, in concorso tra loro, scrivendo sui muri esterni di cui alla lett. A) le espressioni “Sveglia! Classe operaia” ed altre simili, diffuso notizie tendenziose per le quali poteva essere turbato l’ordine pubblico”.

A chi legge, la libertà di farsi qualche domanda su questa terza poesia e l’aggiunta finale.
 
[Le poesie si trovano alle pagine 105, 97, 62 del volume DANILO DOLCI, Poema umano, Giulio Einaudi editore, Torino1974]
 
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