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IL VIAGGIO E LA DIMORA
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 luglio 2001 0:00
 
Per il mio compleanno un'amica, che insegna in una scuola media frequentata per la stragrande maggioranza da ragazzi extracomunitari, mi ha scritto gli auguri su un biglietto sul quale e' stampata una poesia che le era piaciuta.

Vivere una sola vita
In una sola citta'
In un solo paese
In un solo universo
Vivere in un solo mondo e' prigione

Amare un solo amico
Un solo padre
Una sola madre
Una sola famiglia
Amare una sola persona e' prigione

Conoscere una sola lingua
Un solo lavoro
Un solo costume
Una sola citta'
Conoscere una sola logica e' prigione

Avere un solo corpo
Un solo pensiero
Una sola conoscenza
Una sola essenza
Avere un solo essere e' prigione

Ndjock Ngana

Aveva scoperto il biglietto pochi giorni prima, in occasione di una festa multiculturale tenutasi nel comune dove si trova la scuola, e della multiculturalita' questa poesia potrebbe essere un po' il manifesto. Una sorta di invito a considerare come segno di liberta' e liberazione la possibilita' di incontrare persone diverse, conoscere lingue differenti, modi di vivere, mentalita', citta' e paesi che non si conoscevano prima. E cio' vale per chi parte dalla propria realta' per incontrarne un'altra, cosi' come per chi si trova a ricevere nella propria realta' questi testimoni diretti di mondi "lontani".

Ma non contiene, questa poesia, anche la manifestazione di quell'anelito prettamente umano alla conoscenza di cio' che vi e' al di la' del nostro consueto orizzonte fisico e mentale? Quell'anelito che si puo' esprimere in diverse maniere. Dalla curiosita' piu' superficiale che si esaurisce in una presa d'atto frettolosa di un nuovo nome o una nuova immagine, che forse non restera' neppure impressa nella memoria, fino alla determinazione di andare a conoscere nel modo piu' preciso e approfondito possibile cio' di cui ho ricevuto magari solo un improvviso messaggio inatteso, arrivando a sobbarcarmi fatiche inusuali -del corpo, della mente, dello spirito- per seguirne le tracce. Per sapere.
Non esprime, questa semplice poesia, l'impulso che sta alla base del destino di tanti personaggi noti nella nostra cultura, come Ulisse o Cristoforo Colombo che vanno alla scoperta di "nuovi mondi" geografici? O come Pitagora e Einstein, alla ricerca delle relazioni piu' intime della natura e della vita; Freud e Jung, che interrogano la complessita' dell'animo umano; Agostino e Teresa d'Avila, che sentono l'attrazione di un "oltre assoluto"? E del pellegrinaggio immaginale di Dante Alighieri attraverso i mondi ultraterreni, cosi' come quello materiale dei pellegrini che si sono mossi nei millenni -e tuttora si muovono- per recarsi nei piu' diversi santuari che le varie religioni mettono a loro disposizione? Con la variante, per finire, del turista contemporaneo. E senza dimenticare i cosmonauti. E, naturalmente, i cibernauti....

Chi non ha mai provato, almeno una volta, la gioia che da' avvertire che il mondo ci si schiude davanti nella sua incommensurabile vastita'? Lo stupore di una leggerezza sconosciuta, nell'istante in cui cade la zavorra di logore abitudini e si fermano meccanismi ormai inutili?
Chi non ha almeno sognato, di notte o a occhi aperti, un incontro, una piega diversa per la sua vita? Chi non e' mai stato colto, almeno una volta, da una nostalgia inspiegabile per qualcosa di sconosciuto e non ben definibile, eppure presente, in quell'istante, di una presenza palpabile, solo si avesse (avuto) voglia (e coraggio) di muovere il primo passo per seguirlo? La nostra vita: marcia forzata o danza armoniosa? Chissa'........

Mentre leggevo questa poesia e annuivo, perche' mi toccava nell'intimo corde che fanno risuonare una musica di liberta', all'udire la quale il respiro si fa piu' ampio e profondo, subito, nella mente, si affianco' a questa composizione e alla sensazione che suscitava, il ricordo di un'altra composizione che dice una cosa tutta diversa. E altre sensazioni ed emozioni suscita: il fascino della semplicita' piu' assoluta, l'aspirazione a una vita in se' raccolta e compiuta, la nostalgia di una dimora, una condizione in cui sentirsi sicuri e protetti.
E' il capitolo LXXX del "Tao Te Ching" di Lao Tse*, che dice cosi':

"in piccol regno con non molta gente
far si' che se vi sia capace
non trovi impiego alcuno
far si' che la gente prendendo sul serio la morte
non s'allontani per andare in giro
e sebbene vi sian carri e navigli
che nessuno vi possa mai salire
e sebbene vi siano corazze e spade
che nessuno giammai le metta in vista
che il popolo ritorni novamente
ad annodar le corde e se ne serva
trovera' buoni i suoi cibi splendide le sue vesti
tranquilla la sua stanza gaudioso il suo costume
e se due paesi son tra lor vicini
da udire l'un dell'altro i cani e i polli
che la gente venendo vecchia a morte
non abbia avuto mai tra se' rapporti".

E l'interessante fu, allora (e continua a essere ora), che non mi apparvero (e non mi appaiono) contrapposte, bensi' come due risvolti, potenzialita', aneliti dell'animo umano, che vogliono essere mantenuti insieme nella mente e nel cuore, perche' questa, forse, e' la sfida (o l'invito) che ci viene dalla vita. Non separare le parti di cui siamo composti noi esseri umani, ma tenerle insieme davanti agli occhi e onorarle ambedue, anche quando, nella pratica, necessariamente dobbiamo seguirne una e non l'altra.

Me le sono trascritte, queste due composizioni, l'una a fianco dell'altra, perche', tenendomele cosi' davanti agli occhi, ne scaturisce come un suggerimento su cio' che potrebbe essere l'integrita' della vita.

E mi chiedo se tante divisioni ideologiche e politiche, e pure religiose, non affondino almeno in parte le radici proprio nel fatto che vogliamo separare le parti di cui si compone quell'amalgama che chiamiamo "essere umano". Chi ne privilegia e ne assolutizza una, pretendendo che la vita sia tutta improntata ad essa, dovra' per forza disprezzare l'altra e considerare pericolosi coloro che in quel momento la vivono o sentono l'urgenza di realizzarla nella loro vita. Ma la divisione operata in questo modo, prima che all'esterno, non avviene all'interno di chi compie tale operazione? E il conflitto, prima di esplodere in forma piu' o meno violenta al di fuori, non cova divorante nell'intimo dell'individuo che si rende nemica una parte di se'

*La versione e' ripresa da "La regola celeste di Lao Tse", Sansoni, Firenze 1954.
N.B. "annodar le corde" si pensa significhi un ritorno al periodo prescrittura.
Non stupisca che altre versioni contengano differenze anche notevoli in alcuni versi. La sostanza, tuttavia, e' la stessa, e
semmai, queste differenze aggiungono un elemento di riflessione, non lo tolgono.
 
 
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