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Ora religione a scuola. Tutti devono avere un'alternativa formativa
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
1 settembre 2010 12:41
 
Il Tribunale di Padova, lo scorso 30 luglio, ha emesso un' ordinanza che stabilisce (o meglio ri-stabilisce) in breve un principio fondamentale del nostro ordinamento: la liberta' e la non discriminazione religiosa.
Il caso e' quello di una bambina che, non avendo scelto di frequentare l'ora di religione, inizialmente era stata lasciata in classe durante lo svolgimento delle lezioni confessionali, poi spostata in altra classe ove si svolgevano altre lezioni di tutt'altro genere. I genitori sono allora ricorsi in tribunale invocando i propri diritti e il comportamento lesivo dell'amministrazione.
Il Giudice ordinario in primo grado aveva rigettato il ricorso dei genitori, asserendo che non solo non vi fosse l'obbligo di impartire un insegnamento parallelo e alternativo al corso di religione, ma che comunque la bambina non era stata vittima di alcuna discriminazione. Ricorsi in appello al collegio, i ricorrenti hanno ottenuto giustizia, con anche un simbolico risarcimento del danno e la condanna della scuola a rimediare.
La pronuncia presenta profili di interesse, e puo' costituire un buon precedente per coloro che subiscono per i propri figli un trattamento simile nelle scuole.
In primo luogo e' interessante il tipo di azione giudiziaria con cui si e' proceduto, ossia l'azione anti-discriminazione, contenuta agli articoli 43 e 44 del T.U. Immigrazione.
Si tratta di un'azione giudiziale che chiunque anche senza avvocato puo' proporre. Un'azione che si svolge senza formalita' e con le procedure semplificate della camera di consiglio. Insomma, una cosa diversa rispetto al normale e dissuasivo percorso ad ostacoli che e' il giudizio civile ordinario.
In secondo luogo si affrontano con la pronuncia, in maniera capillare, le norme che regolano l'insegnamento religioso nelle scuole, norme che impongono all'amministrazione di procedere nella creazione di una valida offerta formativa che consenta la vera liberta' di scelta dello studente, senza che vi siano dissuasioni o condizionamenti. Si citano circolari ministeriali e lo stesso Concordato, nel quale si esprime con chiarezza l'esigenza di non discriminare chi non intenda avvalersi dell'insegnamento cattolico. E allora, poco pregio hanno le “scuse” dell'amministrazione di non avere soldi sufficienti per organizzarsi. Il dovere della scuola permane.
L'ordinanza, inoltre, chiarisce come gli atti discriminatori ben possano consistere anche in comportamenti apparentemente neutri, ma che in realta' offendano indirettamente l'uguaglianza sostanziale e la liberta' di scelta. Per questo, l'esser lasciata in classe durante l'ora di religione, sebbene libera di “non ascoltare” o leggere altro, rappresenta chiaramente un comportamento discriminatorio.
Infine, il Tribunale condanna al risarcimento del danno non patrimoniale per un ammontare complessivo di euro 1500 (con grave compensazione delle spese) stabilendo che la lesione subita per un anno dalla studentessa corrisponde senz'altro alla violazione del diritto all'istruzione (nel caso alternativa) e alla liberta' di scelta religiosa. Beni entrambi tutelati dalla nostra Costituzione.
Adesso l'ordinanza sia di esempio a tutti coloro che si trovano nella medesima situazione. E sia di esempio a chi dovesse giudicare sui ricorsi anti discriminazione.
 
 
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