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Residenze Sanitarie Assistenziali. Due sentenze sulle rette danno ragione agli utenti
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
1 agosto 2009 0:00
 
Commentiamo due pronunce, una del Tar Brescia 2009, sent. n. 1457, l'altra una meno recente della Corte di Cassazione sez. 3 n. 26863/08 che, in modo puntuale la prima e in modo indiretto la seconda, confermano le ragioni dell'utenza e dei parenti nella questione del pagamento delle rette di degenza per gli anziani non autosufficienti alle Rsa.
Ricordiamo in breve che la legge prevede che i costi del servizio pubblico di assistenza e cura degli anziani non autosufficienti o dei portatori di handicap grave, siano a carico delle Istituzioni. La retta di degenza e' suddivisa in quota sanitaria (a carico delle Asl) e quota sociale (a carico dei Comuni). Il Comune puo' emanare regolamenti che prevedano la compartecipazione dell'utente al pagamento di parte di quest'ultima, nel rispetto della normativa ISEE. Quest'ultima disciplina a sua volta prevede che la compartecipazione debba esser computata sulla base dei soli redditi dell'assistito e che non possano esser richiesti soldi ai suoi parenti. (1)  
I Comuni e le regioni hanno da tempo messo in atto legislazioni e prassi che contravvengono a detta normativa generale.
Il Tar Brescia, nella sentenza citata, affronta di nuovo il tema e annulla una determina comunale che accolla ai parenti i costi di degenza per una signora ricoverata in una Casa alloggio per non autosufficienti. In una breve e sintetica motivazione, il Tribunale affronta i nodi della normativa, confermando che non e' ipotizzabile una richiesta di denaro ai parenti per la preclusione che l'art. 2 comma 6 della Dlgs. 109/98.  
In primo luogo si afferma che anche laddove la legge regionale stabilisse il contrario, inserendo apposite categorie di obbligati, non potrebbe utilmente farlo: "..Questa appare del resto l'unica interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto diversamente la legge regionale avrebbe invaso la potesta' legislativa statale sui rapporti di diritto privato".  
In secondo luogo si afferma chiaramente l'illegimittita' della "prassi di far sottoscrivere ai familiari dell'assistito un impegno al pagamento dell'intera retta al momento dell'ammissione nelle residenze del tipo de qua (V. Tar Brescia 22 settembre 2008 n. 1102)". Cio' conferma a pieno la nostra tesi: detti atti di impegno sono nulli e annullabili sotto un profilo civilistico e contrattuale, ma anche viziati e illegittimi sotto il profilo del relativo procedimento amministrativo.  
Si tratta di importanti e significativi passi avanti nella definizione della complessa materia, sia perche' le Regioni stanno tentando in tutti i modi possibili di contrastare l'operativita' delle norme nazionali legiferando in modo ad esse contrario, sia perche' le Rsa, dal canto loro, si fanno forti delle sottoscrizioni che i parenti del degente sono costretti a firmare all'atto di ricovero, per chiedere ai tribunali decreti ingiuntivi a loro favore.  
E proprio in merito a quest'ultimo argomento che occorre segnalare la sentenza della Corte di Cassazione su citata, che affronta la natura giuridica dell'impegno che il familiare dell'assistito sottoscrive in favore della casa di cura. Il caso e' relativo alla fideiussione prestata da un parente nei confronti di un altro ricoverato, all'epoca in cui la legge non attribuiva i costi alle Istituzioni nei modi su descritti. Tuttavia, anche se oggi le scritture possono ormai ritenersi radicalmente nulle per violazione di norme imperative e comunque annullabili, la pronuncia potra' risultare utile nei contenziosi civili perche' afferma la possibilita' del recesso unilaterale del fideiussore. La Corte di Cassazione nella pronuncia in esame, dopo aver distinto fra le fattispecie giuridiche dell'espromissione e dell'impegno unilaterale, conclude che in ogni caso, dagli stessi impegni si puo' recedere: “D'altra parte, pur volendo ritenere che ricorra nella specie un contratto di espromissione, che e' contratto tra creditore e terzo, del tutto svincolato dal rapporto esistente tra terzo e obbligato e tra quest'ultimo e il creditore, la facolta' di recesso unilaterale, prevista dall'art. 1373 c.c. Per i contratti ad esecuzione continuata e periodica, che rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all'esigenza di evitare la perpetuita' del vincolo, in sintonia con il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto spetta al terzo che assume l'obbligazione altrui...".  
Cio' significa che, anche laddove un giudice dovesse malauguratamente ravvisare la validita' dell'impegno, dovrebbe in ogni caso prendere atto dell'intervenuto recesso da parte del familiare dell'assistito. Dunque, un ulteriore mossa si profila per coloro che hanno sottoscritto tali atti per i propri parenti ricoverati nelle Rsa: recedere immediatamente a mezzo di raccomandata ar.  
   
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