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Rette Residenze Sanitarie Assistenziali. La legislazione regionale del Veneto
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
3 marzo 2010 19:26
 
Nonostante le pronunce di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato hanno chiarito come la legislazione regionale in merito ai contributi sulle rette di degenza in Rsa non possa derogare (tanto piu' se in peggio) alla normativa nazionale, le Regioni non si rassegnano e tentano di soccorrere i Comuni che non riescono a far fronte ai propri obblighi istituzionali. Come? Legiferando con normative che vorrebbero sovrapporsi alla legge dello Stato per derogare, in maniera peggiorativa, ai diritti dei cittadini, alle regole.
Dopo la legge della Regione Toscana (n.66 del 2008) sull'istituzione del Fondo per la non autosufficienza, infatti, ecco che ci prova la Regione Veneto. Sulla falsariga della prima, ha anch'essa istituito un fondo per la non autosufficienza, con legge n. 30 del 18 dicembre 2009.
Ci sia consentita una lettura critica della stessa, al pari di quella che abbiamo piu' volte espresso nei confronti dell'analoga –pressoche' identica- disciplina toscana.
Seppur, infatti, per molti aspetti migliorative di una situazione di illegalita' diffusa e variegata in cui i Comuni hanno normato (in modo illegittimo e abnorme) a piacimento, si pongono ancora in aperto contrasto con le norme nazionali.
Ricordiamo in breve che spetta per legge alle Asl e al Sistema Sanitario Nazionale pagare le spese relative alla quota sanitaria della retta di ricovero (50%) nelle prestazioni integrate socio-sanitarie, mentre spetta ai Comuni la restante quota sociale (l'altro 50%) della stessa. I Comuni possono chiedere un contributo ai pazienti ricoverati e la materia che regola detta -solo eventuale- compartecipazione dell'utente ai costi delle prestazioni e' regolata con una legge dello Stato che disciplina i parametri per il calcolo Isee, il decreto legislativo n. 109 del 1998, successivamente modificato e integrato, proprio nei passaggi che riguardano i benefici socio-sanitari relativi ai soggetti ultrasessantacinquenni e portatori di handicap grave.
Tali norme prevedono in primo luogo che non si possano richiedere somme ai parenti dei pazienti ricoverati invocando gli obblighi civilistici alimentari. In secondo luogo che, contrariamente a quanto accade in relazione ad altri benefici sociali per cui si ha riguardo ai redditi del nucleo familiare, per questi particolari pazienti si dovra' tener conto esclusivamente ai soli loro redditi. Non solo, ma la legge nazionale prevede che non si possa tener conto di tutti i loro redditi. Gli allegati alla legge 109, cosi' come interpretati dall'Inps e dalla giurisprudenza, impongono il computo dei soli redditi imponibili a fini Irpef e non anche pensioni di invalidita', emolumenti assistenziali di varia natura, indennita' di accompagnamento e assimilati.
Bene, a fronte di questo quadro, la legge regionale del Veneto pretende, come anche quella della Toscana, di sovrapporne uno proprio, che di fatto impone maggior oneri al soggetto destinatario del ricovero nelle Rsa.
In particolare si legga quanto previsto in alcuni commi dall'art. 6:
Misura delle prestazioni
“.....
2.Le prestazioni garantite dal Fondo non sono sostitutive bensì integrative di quelle sanitarie o di rilievo sanitario e sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza integrata socio-sanitaria.


Cosa significa? Significa che con questa legge la Regione (tramite la creazione del fondo) intende far fronte al pagamento delle somme che spettano di legge ai Comuni, ossia i contributi relativi alla “quota sociale”. Nulla di male, se non fosse che comunque al paziente sono chiesti denari non dovuti. Infatti, anche per ottenere i benefici da parte del fondo, l'amministrazione procedente vagliera' la posizione economica dei pazienti, alle condizioni che seguono:

3.Per i beneficiari delle prestazioni a carico del Fondo, l'indennità di accompagnamento è considerata ai fini dell'approvazione del progetto individualizzato di cui all'articolo 2;

E cio', come si e' detto, si pone in contrasto con la normativa nazionale.

non è prevista alcuna compartecipazione alla spesa per le prestazioni a carattere semiresidenziale erogate presso i centri diurni a favore dei soggetti disabili.

Questa, invece, e' una scelta positiva che non si puo' che accogliere con favore.

4.Per i beneficiari delle prestazioni a carattere residenziale, l'importo di cui al comma 1 è ridotto in misura pari alle somme percepite a titolo di trattamento pensionistico, ferma restando la conservazione di una quota del medesimo non inferiore alla somma corrispondente al 25 per cento del trattamento minimo di pensione INPS per i lavoratori dipendenti.

Anche questo, come visto, si pone in contrasto con la normativa nazionale.

5.Per le prestazioni a carattere residenziale di cui al comma 4 e per la parte di spesa non coperta dai livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) la Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare, adotta un atto di indirizzo che stabilisce i criteri per la compartecipazione alla spesa al fine di assicurare uniformità ed omogeneità agli interventi sul territorio regionale.

Ancora una volta si pretende, del tutto in contrasto con i principi costituzionali di cui all'art. 117 della Costituzione sovrapporre alla normativa Isee nazionale, una speculare Isee regionale volta a disciplinare il costo della compartecipazione a carico dell'utenza.
Insomma, se in apparenza il quadro si uniforma, e si tentano soluzioni economicamente sostenibili, e' pur vero che ancora siamo lontani dal rispetto della normativa prevista a livello statale.
 
 
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