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Divento un professionista. Vita da clandestino
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Vita da clandestino di Vincenzo Donvito
30 settembre 2017 13:23
 
 Dopo anni di studio.. mi ha fatto un po’ fatica star dietro alle insistenze e ai consigli di babbo e mamma… ho portato a casa la laurea. Ed ora, che faccio? Beh, cerchiamo di metterla a profitto. Ma cosa voglio essere e fare domani? Boh! Quand’ero agli inizi degli studi che grossomodo ho scelto, anche per convincermi che erano interessanti rispetto alla innata tendenza a preferire il gioco -bastava che fosse tale-, pensavo tante cose. Dall’astronauta che tutti i ragazzini vorrebbero fare, ero passato al medico, all’ingegnere, allo scrittore, al musicista, all’attore, al professore (questo piu’ che altro per dare l’illusione ai miei), all’avvocato, e via cosi’. Ma veramente voglio fare la carriera professionale privata? Forse e’ meglio partire dal valore legale del titolo di studio. Con questo potrei accedere ad una miriade di concorsi che mi sfinirei a furia di farli. Si’ ma che concorsi? All’universita’? Lasciamo perdere. I baroni mi escono dagli occhi. Provo ad insegnare nella scuola pubblica. No, per carita’, poi arrivo a 60 anni che sono ancora precario. Nella scuola privata? E dove sono qui in Italia, a parte qualcuna sfigata, che’ le altre sono sempre in mano ai baroni come le pubbliche? Non siamo mica in America! Certo, ci sono i concorsi dove la laurea ti da’ punti… ma voglio veramente andare a fare l’impiegato in una municipalizzata, dove il titolo di studio mi serve solo per avanzare e non per metterlo a tesoro? Non lo so. Non lo so. E non lo so. So solo che, per ora, babbo e mamma generosi e permettendo, mi posso prendere tempo. E magari, faccio un concorso, che ne so, per infermiere o spazzino, e poi vediamo come butta. Magari li’ conosco qualche dirigente dell’azienda e facciamo una qualche combutta. Una volta che sei dentro, dice che e’ piu’ facile. Aspetta, nel frattempo, anche se non sono iscritto all’ordine, qualcosa la posso fare, do’ una mano a quell’amico iscritto, praticamente faccio il lavoro per lui, e l’amico ci mette la firma e la faccia. Ma almeno mi sento meno in colpa per i soldi coi miei. Ma siamo sicuri che saro’ all’altezza della prestazione professionale che viene richiesta, a me per conoscenza o al mio amico che ne prende troppe e non ce la fa a farle tutte, ed e’ un peccato buttarle via? Dai, che vuoi che sia, mi ci impegno; e poi, non e’ detto che il mio amico iscritto all’ordine non ci metta un occhio oltre che la firma. Credo. E i soldi. Eh si’, lo so. Sarebbero a nero. E che devo fare. Nel frattempo…. Del resto, anche se volessi andare a fare il lava-macchine per fare un po’ di soldi, non lo potrei fare, perche’: chi ti prende, visto quanto gli costeresti e gli impegni fiscali di cui si dovrebbe far carico? Non siamo mica nei film americani? Sai che: nel frattempo mi faccio un viaggio. Vado una quindicina di giorni li’, in quella capitale oltre frontiera, dove magari, anche solo per fare il cameriere, e’ piu’ semplice. E mi ambiento. Entro nella lingua, nella cultura, nel quotidiano. Si’ dai, che se mi piace, li’, anche se devi studiare come un dannato per farti valere, almeno ti valutano per quel che sei e non perche’ sei l’amico di quell’altro.
 
 
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