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Coronavirus. La nuova “autocertificazione” rischia di essere controproducente stimolando a non sottoporsi al test?
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Il penalista di Fabio Clauser
20 marzo 2020 9:00
 
 Abbiamo già avuto modo di chiarire qual è la portata applicativa del reato previsto e punito dall’art. 650 del codice penale, ossia il mancato rispetto di un provvedimento legalmente dato dall’Autorità.
Abbiamo anche avuto modo di accennare quali sono i limiti applicativi dei reati richiamati nel modello di “auto-dichiarazione” che può essere richiesto al momento dei controlli disposti dalle Forze dell’Ordine.
In sintesi: ferma restando ogni valutazione di legittimità del provvedimento reso dall’Autorità e ferma restando ogni considerazione che caratterizza il caso singolo, in linea di massima, può essere contestata, a chi non rispetti gli obblighi enucleati nei decreti, la citata contravvenzione.
In questo caso, non potranno essere applicate misure “precautelari” e dunque la persona fermata, pur denunciata dovrà essere lasciata libera dopo l’identificazione e non potrà essere arrestata.
In un secondo momento, se il procedimento non dovesse essere archiviato dal Pubblico Ministero, l’interessato riceverà la notifica degli atti giudiziari e dovrà valutare, con il proprio avvocato, la migliore strategia difensiva. Nel caso di notifica di un decreto penale di condanna, che prevede il semplice pagamento di una pena pecuniaria, ci saranno brevi termini (di 15 giorni) per fare importanti valutazioni difensive, anche per evitare la iscrizione del precedente nella “fedina” penale (ossia il certificato penale).
Il Governo aveva inoltre fatto riferimento alla c.d. autodichiarazione (che è disciplinata dal DPR 445/2000) ed è stato divulgato un modello, recentemente aggiornato, da compilare e da consegnare alle forze dell’ordine al momento del controllo.

Il nuovo modello prevede – per quanto qui interessa - che chi debba uscire dalla propria dimora dichiari di essere “consapevole delle conseguenze penali previste in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale (art. 495 c.p.)”, di “non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus COVID-19”, “di essere a conoscenza delle sanzioni previste (…) in caso di inottemperanza delle predette misure di contenimento (art. 650 c.p., salvo che il fatto non costituisca più grave reato)”.
Nel resto ricalca il precedente modello.

Ebbene, le perplessità già analizzate restano e, anzi, si acuiscono.
Da un primo punto di vista, il richiamo all’art. 495 c.p. pare fuorviante.
Facciamo un passo indietro: il delitto in commento fu modificato nel 2008 (con il Decreto Legge n. 92, denominato “Misure urgenti in materia di Sicurezza Pubblica” con l. 125/2008).
La pena fu sensibilmente elevata e la fattispecie fu differenziata dal falso ideologico per estenderne l’applicazione anche ai casi in cui le false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale non fossero contenute in un atto pubblico.
Altro effetto ottenuto era quello di rendere possibile l’arresto immediato nel caso in cui i soggetti controllati avessero fornito false attestazioni al pubblico ufficiale.
Ad ogni buon conto, il richiamo a quel delitto è improprio anche perché il contenuto dei modelli non riguarda l’identità o lo stato (civile) o le qualità personali, ma riguarda un fatto: la necessità di uscire di casa, la circostanza di essere positivi al test o di trovarsi in quarantena obbligatoria.
Il problema – come abbiamo detto più volte – non è secondario perché per la violazione dell’art. 495 c.p. è ammesso l’arresto facoltativo.
Ma il nuovo modello lascia spazio ad ulteriori perplessità soprattutto in relazione alla positività al test.
In particolare, viene da chiedersi se la nuova “autocertificazione” non sia criminogena, controproducente, o peggio, non rischi di avere l’effetto perverso di estendere il contagio.
La domanda è semplice: come si può pretendere che gli individui si sottopongano al test se sanno che, una volta risultati positivi, avranno conseguenze giuridiche solo peggiorative?
Il risultato che si ottiene con la minaccia di gravi sanzioni ai soggetti “risultati positivi” pare quello di disincentivare la trasparenza e le comunicazione fra soggetti “non ancora risultati positivi” ed il Sistema Sanitario, individui che potrebbero percepire un vantaggio a sottrarsi ai test.
Insomma, il richiamo fuorviante a norme sanzionatorie che non sembrano neppure applicabili rischia di comprimere il ricorso alle strutture sanitarie e dunque di estendere il contagio.
 
 
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