Non passa giorno senza essere inondati di numeri e percentuali. Sondaggi mordi e fuggi (
gli italiani tornano ad essere ottimisti e altre 'impressioni' analoghe) o studi molto piu' accurati, condotti con metodi scientifici (rapporti Istat su occupazione, prodotto interno lordo, ecc.). Purtroppo non e' migliorata la capacita' di leggere le statistiche, di incardinare attorno ai dati essenziali una ponderata discussione e poi procedere alle decisioni.
I motivi sono tanti.
Alcuni studi sono farlocchi, condotti e/o finanziati a puro scopo pubblicitario da soggetti interessati. L'azienda che produce sistemi di comunicazione satellitare, per esempio, che annuncia la prossima esplosione delle connessioni ad Internet tramite satellite.
In altri casi, le statistiche vengono occultate dal governante di turno, perche' i dati non sono strumentali al suo 'credo': il fatto che calino i reati, per esempio, non fa il gioco di chi vuole criminalizzare l'immigrazione, cosi’ vengono taciuti.
In altri casi, i numeri forniti dalle ricerche non servono a far prendere atto del fallimento delle strategie finora adottate, ma semplicemente a reiterare allarmi. Eloquente in tal senso e' il caso del mercato degli stupefacenti. Aumentano i consumi di sostanze proibite, con conseguente economia drogata da investimenti criminali in attivita' commerciali e produttive, ma i politici proibizionisti continuano a ripetere stancamente 'la droga fa male', tappandosi gli occhi sul fallimento delle politiche di contrasto.
In altri casi ancora, e rimaniamo in ambito di strumentalita' partitica, si contestano i numeri: 'non e' vero che il Prodotto interno lordo e' in calo'.
L'uso poco scientifico dei numeri non sfugge poi alle mode. Con fenomeni che assumono rilievo solo perche' legati ad un termine, usanza, strumento o tecnologia sulla bocca di tutti. Basti pensare a pedofilia, truffe e altro, realta' umane vecchie come il cucco che vengono monitorate e 'pubblicizzate' solo quando hanno a che fare con Internet, che funge da catalizzatore di attenzione, vista la sempre maggiore rilevanza. Al contrario, non destano tanta attenzione le 'truffe' perpetrate quotidianamente da venditori 'fisici' (banche, assicurazioni, venditori porta a porta) e viene quasi del tutto ignorata una realta' consolidata: violenze sui bambini avvengono quasi esclusivamente nel recinto familiare. Ma questo e' poco interessante, cosi' la campagna di criminalizzazione della Rete va avanti, creando un senso di insicurezza, non commisurato agli effettivi pericoli.
Numeri a convenienza, consuetudini e conservatorismi ci portano ad avere una visione distorta del Paese. Per esempio, che effetto avrebbe se, cosi’ come avviene per disoccupazione e vendite di auto, mensilmente il Tg1 annunciasse: 'il mercato del porno continua a crescere, piu’ 10% a gennaio; italiani depressi, farmaci antistress consumi record a Natale'. Il dibattito che ne potrebbe scaturire sarebbe concreto, affrontando tematiche che riguardano milioni e milioni di italiani.
A volte, i fenomeni non vengono misurati per consuetudine, o per conservatorismo. L’Istat solo da poco aggiorna, in modo piu’ sistematico, il paniere di prodotti/servizi su cui viene calcolata l’inflazione. E’ di questi giorni la notizia che rientrera’ nel paniere anche il costo delle badanti. Per anni abbiamo misurato la variazione del costo della vita, senza considerare una voce molto pesante del bilancio per non poche famiglie italiane e’. Per anni abbiamo discusso basandoci su una realta’ virtuale, senza badanti e (fino allo scorso anno) senza Adsl. In passato le incongruenze erano ancora maggiori.
La cosa piu’ grave, pero’, e’ un’altra e riguarda la contabilita’ nazionale, non solo italiana. Per calcolare il prodotto interno lordo si somma la produzione delle aziende private e della pubblica amministrazione. Per misurare il settore privato c’e’ un parametro, il prezzo di vendita sul mercato di prodotti e servizi. Metodo non applicabile alla ‘produzione’ del pubblico, che viene misurata sommando i costi sostenuti per personale, cancelleria, energia, ecc.. Se poi i costi della pubblica amministrazione siano dovuti a ruberie o inefficienze, non e’ dato sapere. Se abbiano dato vita a servizi eccellenti o all’ordinario sfascio di pratiche inutili, non lo sappiamo misurare.
E’ come essere in un Paese perso in un vuoto, senza appigli, che si dimena alla ricerca di punti fermi. Un Paese senza conoscenze, senza dati che in queste condizioni sta introducendo il federalismo, non solo fiscale. Come si puo’ attuare una riforma di tale portata senza adeguate misurazioni?
A che servono i numeri? Ad avvalorare i pregiudizi (quelli del ministro Renato Brunetta o quelli che difendono a spada tratta gli attuali sprechi), oppure ad analizzare la realta' senza alcuna reticenza? Occorrerebbe invece che tutti -individui e italiani- abbiano la forza di guardarsi per quel che sono e fanno.