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A proposito di globalizzazione
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Macromicro economia di Domenico Murrone
15 marzo 2007 0:00
 
Un artigiano napoletano guarda in televisione la cerimonia degli Oscar cinematografici. Tra gli ospiti c'e' Angelina Jolie. Indossa un completo di raso bianco, bellissimo. Un abito su misura di quelli che gli stilisti italiani offrono alle star per "pubblicizzarsi". Quell'abito l'aveva cucito Pasquale, l'artigiano napoletano, in un fabbrica in nero di Arzano. E' un dettaglio tratto dal libro Gomorra di Roberto Saviano. L'episodio citato racconta i legami tra due mondi -che in altre epoche neppure si sfioravano: il lavoro nero nella periferia di Napoli e lo scintillio del jet set internazionale; l'oscurita' di un sottoscala con un tavolo da lavoro e le luci della ribalta cinematografica e televisiva. Non esistono compartimenti stagni nel mondo globalizzato.
Le opinioni sulla globalizzazione spaziano dall'esaltazione, all'aperta ostilita'. Sicuramente e' un processo pieno di contraddizioni, come tutte le novita' (e l'episodio narrato ne e' testimonianza). Sicuramente e' un processo irreversibile.

Globalizzazione: tendenza delle imprese a sviluppare congiuntamente processi di internazionalizzazione e di informatizzazione. L'aumento della complessita' delle organizzazioni multinazionali che operano in Paesi diversi e che adottano ormai moduli operativi flessibili, non piu' standardizzabili secondo un modello unico, diventa gestibile solo se corrispondentemente aumenta la potenza e la centralizzazione del sistema informativo. (Nota 1)

L'elemento centrale della globalizzazione e' il sistema informativo, che permette di coordinare tutte le mosse affinche' i prodotti arrivino nei punti vendita a disposizione dei consumatori (piu' o meno agiati). Un sistema informativo e' un insieme di uomini, mezzi e procedure. Fino a qualche anno fa imprese e Governi potevano delineare un sistema "limitato", occorreva tener conto di informazioni provenienti da un ambito territoriale limitato. Ora gia' in fase di progettazione di un prodotto occorre avere una visione globale. Dove mi conviene acquistare le materie prime? Come le trasporto? E l'imballaggio? E come curare l'aspetto ambientale che e' un valore a cui i consumatori sono sempre piu' sensibili? Dove vendo?
Un ottimo esempio di azienda globalizzata e' la catena di distribuzione di origine svedese Ikea. L'azienda si approvvigiona in Estremo Oriente e in altre parti del mondo. Cio' ha permesso alla societa' di aprire centri commerciali in tutto il pianeta (e' conveniente, ha un buon rapporto qualita'/prezzo). Ha mantenuto, pero', il "marchio" nordico nella comunicazione (i prodotti hanno nomi svedesi). La cosa e' possibile grazie a due elementi: uno molto visibile (la comunicazione rivolta ai consumatori), l'altra oscura: l'insieme di tutte le attivita' coordinate che porta il legno indonesiano in Cina per essere lavorato e trasformato in una sedia; venduta in seguito in tutto il mondo.
Di Svezia nei negozi Ikea non c'e' la sedia, ma il concetto di sedia. Una sedia solida, "calda", svedese.
In Italia, purtroppo, sono ancora in molti (associazioni di imprese, politici, sindacati, associazioni di consumatori) a difendere le singole produzioni, le singole fabbriche, i prodotti tipici dell'agricoltura. A colpi di delibere si moltiplicano le denominazioni di origine protetta. Come se il marchio Dop garantisse vendite, utili e posti di lavoro. Non si capisce che piu' che una legge e' il mercato che da' un valore aggiunto ad un prodotto.
Il mercato e' il luogo di incontro tra domanda e offerta. Purtroppo le produzioni italiane non hanno un veicolo commerciale. Le catene commerciali italiane sono pochissime. E i vantaggi del "marchio" Italia vanno ad altri. Sapete chi sta facendo conoscere la pizza ai cinesi? Pizza Hut, multinazionale statunitense. Mentre qui lavoriamo in burocrazia, altri fanno i soldi con un "patrimonio italiaco".

Nota 1: enciclopedia "L'Universale", edita da "Il Giornale" in collaborazione con le Garzantine.
 
 
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