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Censura dei forum Aduc. Ecco perche' non ci piace la sentenza della Corte di Cassazione
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Osservatorio legale di Claudia Moretti
15 marzo 2009 0:00
 
Dire che non ci piace e' troppo poco. Solleva in noi dubbi e inquietanti perplessita': lo svuotamento dell'art. 21 della Costituzione, ossia la norma che garantisce a chiunque di esprimere e manifestare liberamente il proprio pensiero. Ma ricapitoliamo: a seguito di denuncia, la Procura di Catania apriva un procedimento penale nei confronti di alcuni interventori del nostro sito, che avevano espresso le proprie idee, con toni forti e non sempre "riverenti" nei confronti della religione cattolica, degli apparati che la governano, non risparmiando epiteti e insulti nei confronti dei preti pedofili. Immediatamente scattava il sequestro integrale di due interi nostri forum "Di' la Tua" (ben 700 interventi oscurati, buoni o cattivi che fossero, indistintamente). Per fortuna, la maggior parte di essi veniva, in seguito a nostro ricorso, dissequestrata. Ne rimanevano, e ne rimangono ad oggi, ancora nove censurati, quei nove post che costituiscono oggetto del pendente giudizio penale.
Fra i motivi che ci hanno spinto a ricorrere per Cassazione, oltre quelli sulla laicita' dello Stato e sulla profonda dignita' del proprio credo e sentimento, religioso o meno che sia, ve ne e' uno di importanza capitale: la liberta' di manifestazione del pensiero.
Per questo si e' invocato, anche per i post che ad oggi sono oggetto di indagine e giudizio della magistratura penale, il dettato della Costituzione (1).

Cosa dice esattamente l'art. 21 della Costituzione?
1 -Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
2 - La stampa non puo' essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
3 - Si puo' procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorita' giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
4 - In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorita' giudiziaria, il sequestro della stampa periodica puo' essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorita' giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.
5 - La legge puo' stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
6 - Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Dunque, il primo e il sesto comma riguardano chiunque, mentre il secondo, il terzo, il quarto e il quinto, riguardano piu' specificamente "la stampa".

Cosa abbiamo chiesto alla Corte di Cassazione? (2)
In estrema sintesi, abbiamo chiesto il dissequestro integrale:
- invocando il comma 1 dell'art. 21, che rappresenta la regola generale: chiunque ha diritto di esprimere e diffondere il proprio pensiero. Tale non e' mera affermazione di principio buono e giusto. E' una regola ferrea che trova nei commi successivi specificazione e indicazione tassativa delle sue eccezioni e riserve di legge. Per questo nessun sequestro preventivo ad una condanna e' ammissibile, se non nei casi previsti dalla Costituzione stessa (commi 2 e 3);
- chiarendo che, a sostegno di quanto sopra, sono stati scritti i commi 2, 3, 4 e 5 che riguardano la stampa, e il comma 6 -che invece riguarda chiunque- e che pone l'unico limite alla liberta' di espressione e manifestazione del pensiero: "il buon costume", oggi inteso dalla giurisprudenza costante come pudore sessuale;
- chiedendo che i forum in questione fossero assimilati in termini di garanzie da sequestri preventivi alla stampa "ufficiale", essendo ormai desueta una interpretazione che sottoponga a diverso trattamento l'informazione ufficiosa da quella ufficiale;
- abbiamo precisato come l'art. 403 c.p., vilipendio alla religione cattolica, non e' compreso fra quei reati che possano in astratto derogare alla inviolabilita' del diritto di parola, oltre che insussistente a nostro avviso nei forum ad oggetto, perche' non rivolto ad alcun individuo determinato.
 
Cosa ci ha risposto la Corte di Cassazione? (3)
1 - L'art. 21 comma 6 della Costituzione non e' il solo limite alla "censurabilita'" posta dal costituente, ma uno dei limiti possibili.
2 - Il forum non e' assimilabile alla stampa e pertanto non gode della incensurabilita' prevista ai commi 2,3,4 e 5.
3 - Il sentimento religioso e' un bene costituzionalmente tutelato a prescindere che oggetto dell'offesa sia una persona piuttosto che un dogma.
 
Il terzo punto ce lo aspettavamo: mala tempora currunt. Oggetto del diritto dovrebbe essere l'essere umano, la persona, l'individuo, non la tesi, la teoria, il dogma, il simbolo, ecc... ma pare proprio che quando si tira fuori la religione cattolica salti perfino qualche principio generale dell'ordinamento.
Il secondo e' quello che ha contornato di commenti positivi la notizia della sentenza. Se e' vero che i forum non sono assoggettati alle regole burocratiche previste per la stampa e che chi gestisce un sito non per questo risponde come invece il direttore responsabile di testata, e' pure vero che, cosi' facendo si tolgono all'informazione ufficiosa, ai blog, ai forum (ormai seguito ben oltre la carta stampata!), quelle garanzie previste dai commi 2, 3, 4 e 5.
Per questo la sentenza non ci piace: divide fra liberta' di manifestazione del pensiero di serie A e quelle di serie B.
Ad oggi infatti non e' piu' attuale una interpretazione che releghi le guarentigie costituzionali di cui sopra alla sola stampa in senso tecnico o alle testate giornalistiche ad essa equiparate (l. 62/2001). Invero, le ragioni che hanno portato il Costituente nel 1948 ad utilizzare la parola "stampa" erano ovviamente legate a quell'unica forma di diffusione del pensiero e dell'informazione cui piu' diffusamente la popolazione poteva accedere. A sessanta anni dalla sua adozione la Carta costituzionale ben puo' essere interpretata, senza minimamente stravolgerne il senso, ma anzi per adeguarla alle tecnologie sopravvenute e ai nuovi mezzi di espressione del libero pensiero (newsletter, blog, forum, ecc.), includendo queste ultime nel concetto di "stampa".
Del resto, non ha ormai piu' senso detta distinzione, e sconfinerebbe invece nella disparita' di trattamento di situazioni del tutto analoghe. Si corre infatti il concreto rischio di compiere assurde e irragionevoli discriminazioni, poiche' uno stesso scritto non sarebbe sequestrabile se pubblicato sul quotidiano "La Repubblica", mentre lo sarebbe se pubblicato su un notiziario online (come su un blog o un forum), solo perche' questi ultimi non sono "testata giornalistica", e dunque non sono tenuti all'assolvimento degli obblighi di registrazione. E' cio' a parita' di contenuto.
Ma cio' che lascia piu' spazio alle perplessita' e alle preoccupazioni e' quanto sostenuto dalla Corte nel primo motivo di rigetto del ricorso: l'art. 21 comma 6 della Costituzione non sarebbe il solo limite alla "censurabilita'" posta dal costituente al comma 1
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.",
ma uno dei vari limiti possibili posti dal legislatore:
"Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.".
Ora, non importa esser esperti di diritto o degli ermeneuti di alto livello per capire che se cosi' fosse, nessun senso avrebbe avuto per il Costituente scrivere l'art. 21. In particolare del tutto vuota (perche' soggetta a qualsiasi eccezione che il legislatore di turno intenda) sarebbe la disposizione al comma 1.
Nessun significato poi avrebbe poi porre una distinzione fra stampa e non stampa (posto che comunque in generale il legislatore fa cio'che vuole). Ma soprattutto, se cio' non avesse voluto costituire tassativa eccezione, non avrebbe avuto alcun senso porre il comma sei in Costituzione. Non solo, secondo questa tesi, il buon costume, ma tutto il resto sarebbe potuto esser oggetto di preventiva censura e repressione.
La Corte assume l'ipotesi dei delitti contro l'onore e la reputazione a sostegno di quanto appena detto. Ma a ben vedere non tiene conto del fatto che, ben potra' esser oggetto di distruzione quella manifestazione del pensiero giudicata definitivamente come "oggetto di reato", ma cio' che invece la Costituzione, a nostro avviso, mira a salvaguardare, e' proprio il sequestro preventivo e la censura pre-giudiziale!
Meglio avrebbe motivato la Corte se avesse assunto quali limiti possibili alla liberta' di espressione costituzionale la tutela dei soli beni altrettanto costituzionalmente protetti. Cosa che, implicitamente forse ha inteso fare, laddove cita la Corte Costituzionale a sostegno della pari forza e pari tutelabilita' dei diritti di cui all'art. 21 cost. e quelli protetti dall'art. 403 c.p. Rimane pero' aperta un questione di forte rilievo: ma se il legislatore nazionale puo' porre limiti alla liberta' di manifestazione del pensiero che non siano di stretta derivazione costituzionale (o delle relative riserve di legge), cosa ne rimane della stessa? Alla prossima censura potremo ancora invocare l'art. 21 della Costituzione?
 
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AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
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