Nel momento in cui i britannici si apprestano ad abbandonare l’Europa, è per le sue azioni positive piuttosto che per punire i nostri vicini per il loro comportamento irresponsabile, che l’Unione, che unisce i Paesi del Vecchio Continente, può dimostrare la sua utilità. Spesso giudicata troppo burocratica o lontana dalle preoccupazioni quotidiane degli europei, la Commissione è un facile bersaglio. Ma i bracci di ferro si moltiplicano e quelli di recente anche con la Cina, gli Stati Uniti o il Gafa ci dimostrano che quando l’Europa è unita e determinata, essa è capace di marcare dei punti per i suoi cittadini.
Individualmente, la Francia e i suoi vicini pesano poco, Collettivamente è difficile quanto impensabile, per numerose imprese come per gli Stati partner, di privarsi di un accesso alla prima zona commerciale del Pianeta. Disuniti, gli europei non sono che un mercato da conquistare, incapaci di fissare le proprie condizioni. Uniti, essi divengono un mercato potenziale che puà agire e non solo subire.
Nella questione della difesa del diritto d’autore, come nella difesa dei dati personali della RGPD, Bruxelles e Strasbourg hanno fatto opera utile. Senza inginocchiarsi al governo comunista cinese che ha elevato alle proprie frontiere una barriera di ferro digitale per impedire ai campioni americani digitali di infilarsi nel suo mercato, l’Europa apre le sue porte ma fissa delle condizioni democratiche. I Google, Amazon, Facebook, Apple, Uber, Netflix e altri, sanno che è meglio un buon accordo con l’Europa che dei cattivi procedimenti giudiziari.
Di fronte alla Cina in generale e a Huawei in particolare, l’Europa cerca anche sempre più di parlare con una sola voce. Senza cadere negli eccessi di Donald Trump che demonizza l’Impero del Male, l’Europa deve difendere dei principi essenziali sul terreno commerciale come quello della reciprocità. Se le nostre domande sono giuste, le nostre esigenze giustificate e se noi trattiamo con rispetto ma fermezza una Cina che non potrà cercare di dividerci per meglio regnare, noi saremo quelli che ci guadagnano.

(editoriale di David Barroux, pubblicato sul quotidiano Les Echos del 27/03/2019)