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Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 3: CETA e il clima si accoppiano bene?
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Stati uniti d'europa di Redazione
11 novembre 2016 14:15
 
Il quotidiano le Monde e il sito web tedesco Correctiv.org si sono messi a spulciare dall'inizio di novembre nelle duemila pagine dell'accordo commerciale Ceta, siglato domenica 30 ottobre tra l'Unione Europea e il Canada, per tentare di capire se le paure dei suoi oppositori sono fondate o meno.
1mo articolo – i tribunali di arbitraggio minacciano la democrazia?
2do articolo – l'agricoltura europea sara' sacrificata?
3zo articolo – Ceta e il clima si accoppiano bene?
4to articolo – la democrazia europea sara' diseredata?
5to articolo – i servizi pubblici sono minacciati?
6to articolo – il CETA e' inarrestabile?
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Creando dei potenziali ostacoli giuridici nella regolamentazione e aumentando possibilmente le emissioni di gas ad effetto serra in Canada, l'accordo commerciale CETA tra Unione Europea e Canada pone dei seri problemi nella lotta contro il riscaldamento climatico.
A – Le sabbie bituminose sono passeggeri clandestini del CETA?
Il problema
Il Ceta e' criticato perche' potrebbe permettere dei nuovi investimenti nella sabbie bituminose canadesi che non solo aumenterebbero le emissioni di gas ad effetto serra ma potrebbero stimolare l'importazione di questo petrolio molto energivoro e poco ecologico in Europa.
E' un po' probabile
Lo studio di impatto pubblicato nel 2011 dalla Commissione europea affermava che il CETA potrebbe stimolare gli investimenti europei nelle sabbie bituminose della provincia canadese dell'Alberta. Diverse disposizioni del trattato sono state avanzate per giustificare questo timore, ma il loro impatto minimo e lo stato attuale del mercato petrolifero, rendono questa previsione per lo meno incerta. Spiegazioni.
Due disposizioni presenti nel testo dell'accordo hanno sollevato degli interrogativi:
- l'impegno del Canada a riformare la legge sugli investimenti stranieri quando il CETA entrera' in vigore. In pratica, si trattera' di alzare la soglia al di sopra della quale un investitore straniero puo' prendere una parte maggioritaria nel capitale di un'impresa canadese senza domandare una autorizzazione alle autorita'. Questa soglia sara' alzata da 1 miliardo a 1,5 miliardi di dollari canadesi. Ma i capitali dei giganti petroliferi canadesi che estraggono le sabbie bituminose sono molto al di sopra di questa soglia e restano molto protetti da interventi stranieri che possano levare loro il controllo.
- La facilitazione della mobilita' per i lavoratori stranieri in Canada. L'articolo 7 del capitolo 10 sulla mobilita' dei lavoratori, prevede per esempio di allungare da tre mesi a tre anni la durata del soggiorno per alcuni quadri qualificati stranieri, senza obbligo di domandare un visto. Sara' dunque teoricamente piu' facile per le imprese petrolifere straniere, come la francese Total, di far venire del personale. Ma questo avra' poco impatto su produzione o esportazione dei prodotti petroliferi.
Nell'autunno del 2014, l'episodio della direttiva europea sulla qualita' dei carburanti ha pertanto fatto reagire i difensori dell'ambiente come la ONG di Bruxelles Corporate Europe Observatory, ostile al CETA: “Il governo canadese ha lavorato durante gli anni al servizio di imprese petrolifere e del gas canadesi per facilitare la direttiva europea sulla qualita' dei carburanti. Questa direttiva avrebbe dovuto prendere in considerazione l'impatto ambientale dei prodotti petroliferi provenienti dalle sabbie bituminose canadesi, la cui estrazione e produzione richiedono più energia. Dopo anni di battaglia, la direttiva emessa dalla Commissione europea (7 ottobre 2014) riconobbe che le emissioni di anidride carbonica di questo petrolio erano piu' importanti, ma tuttavia non impose alle imprese europee di dichiarare la parte dei petroli non convenzionali nelle loro importazioni. Finalmente, il sistema non penalizza ne' scoraggia piu' le imprese ad investire o importare dei prodotti estratti dalle sabbie bituminose”.
Malgrado questo, lo stato attuale del mercato del petrolio rende molto complicato ed incerto l'avvenire dell'estrazione delle sabbie bituminose in Canada, Il costo esorbitante delle infrastrutture necessarie per estrarre questo petrolio dalla sabbia non permette alle estrazioni attuali di essere produttive se non ad un prezzo minimo del barile intorno ai 70-80 dollari americani -molto al di sopra del suo livello attuale, a 50 dollari. Un aumento del prezzo del petrolio e' difficile da prevedere perche' la domanda mondiale rallenta nello stesso tempo della crescita cinese, che ha agito come un vero e proprio motore della crescita mondiale.
E' quindi molto difficile al momento, quai impossibile, affermare che il CETA servira' per portare vantaggi al petrolio canadese.
B – Le politiche climatiche potrebbero essere attaccate dalle imprese?
Il problema
Il meccanismo dei tribunali degli investimenti (Investment Court System, ICS) introdotti dal CETA e' criticato perche' potrebbe permettere alle imprese di contestare delle politiche climatiche di interesse pubblico se esse sono contrarie ai loro interessi.
E' possibile
Il diritto degli Stati di realizzare delle politiche di interesse pubblico “legittime”, come quelle per “la protezione della salute pubblica, la sicurezza, dell'ambiente” e' ben presente, sia nel testo del CETA che nella dichiarazione interpretativa aggiunta in seguito al trattato.
Un modo di rispondere alla moltiplicazione degli ultimi anni delle procedure di arbitraggio lanciate contro le decisioni pubbliche sull'ambiente -per esempio la vicenda Vattenfall, dal nome della societa' svedese di energia che si e' rivolta nel 2012 ad un tribunale di questo tipo per reclamare 4,7 miliardi di dollari al governo tedesco, come compenso per la chiusura di sue due centrali nucleari, come conseguenza della decisione di Angela Merkel di abbandonare l'energia nucleare dopo l'incidente di Fukushima (la procedura e' tuttora in corso).
Nonostante le garanzie, il CETA precisa che possono essere contestate le decisioni degli Stati che infrangendo il “trattamento giusto ed equo”, costituiscono una “espropriazione indiretta” di un’impresa o frustrano le loro “legittime attese”, facendo loro delle “dichiarazioni specifiche” per incitarle ad investire.
Insomma, le politiche ambientali non potrebbero essere contestate in se stesse, ma perche’ sono discriminatorie nei confronti di un attore o perche’ violano degli impegni gia’ presi da parte di un governo.
In proposito, ci si puo’ domandare se i giudici del CETA non avrebbero potuto condannare il governo francese per aver vietato, nel 2011, la frattura idraulica nell’esplorazione e l’estrazione dello shale gaz, e aver invalidato delle concessioni minerarie precedentemente concesse a dei petrolieri….
La sola maniera di premunirsi contro questo tipo di procedura e' di mettersi fuori della portata della libera interpretazione dei giudici, e’ di escludere chiaramente alcuni settori del campo di applicazione del sistema di arbitraggio ICS. E’ il caso, nel CETA, per tutte le politiche legate alle sovvenzioni o alla stabilita’ finanziaria. Ma non le politiche che tendono a ridurre i gas ad effetto serra, contrariamente a quello che aveva raccomandato il Parlamento europeo nel 2015.
Gli Stati hanno ugualmente la possibilita’ di premunirsi individualmente contro i rischi di attacchi, prendendo delle riserve nazionali negli allegati I e II del testo. Ma, sui nove Paesi che vietano la frattura idraulica, solo la Bulgaria ha preso questa precauzione. Sollecitato dal quotidiano Le Monde, il ministro francese dell’Ambiente non ha dato seguito alle domande di spiegazione su questo “oblio” francese.
Second la ONG di Bruxelles Corporate Europe Observatory, il rischio che gli investitori canadesi dei settori minerari ed energetici approfittino del meccanismo di arbitraggio del CETA, e’ alto, perche’ esse si orientano gia’, e sempre piu’, verso gli arbitraggi privati.
“Gli investitori canadesi in Europa sono numerosi in questi settori, e le imprese minerarie sono gia’ presenti in un certo numero di progetti controversi attraverso l’Europa. I professionisti del settore minerario si rifanno a questo accordo che loro definiscono “decisivo” e che potrebbe avere delle implicazioni maggiori per le imprese del settore (…). I reclami della Canadien Gabriel Resources contro il governo rumeno, che ha deciso di opporsi al progetto di miniera d’oro Rosia Montana perche’ avrebbe delle conseguenze ambientali disastrose e l’espropriazione di numerosi residenti nei territori coinvolti, da’ un buon quadro sul tipo di reclamo che gli Stati membri dell’UE dovrebbero attendersi di ricevere”.
Al contrario, il governo canadese e’ gia’ stato attaccato a piu’ riprese per il passato per tribunali simili. Una legge del 2011 che limitava le attivita’ estrattive in Quebec, per esempio, e’ stata contestata da un’impresa canadese che aveva investito nella regione. Lone Pine reclama 118 milioni di dollari da Ottawa.
C – Il CETA portra’ ad un aumento delle emissioni di gas ad effetto serra?
Il problema
Il CETA e’ criticato dalle organizzazioni ambientaliste perche’ potrebbe contravvenire agli impegni climatici presi dai Paesi dell’UE e il Canada nell’ambito della COP21, e portare ad un aumento dei gas ad effetto serra.
Difficile da dire, ma e’ probabile
E’ difficile rispondere precisamente a questa questione centrale. Al contrario, appare molto chiaramente che un trattato di libero scambio come il CETA e’ concepito per accrescere la quantita’ di scambi di merci tra due parti e, di conseguenza, aumentare le emissioni di gas ad effetto serra che sono prodotte dai mezzi di trasporto (essenzialmente i trasporti marittimi).
Tutti i settori economici non saranno coinvolti in maniera significativa da questo trattato, ma alcuni lo saranno senza dubbio e contribuiranno ad accrescere le emissioni di gas ad effetto serra. Tali aumenti potrebbero rendere irraggiungibili gli obiettivi di riduzione delle emissioni, almeno per il Canada, che e’ il nono piu’ grosso produttore mondiale di gas ad effetto serra.
Lo studio di impatto sul CETA, pubblicato nel 2011 dalla Commissione europea, fornisce in proposito un sondaggio sulle conseguenze di questo trattato di libero scambio sull’ambiente.
Senza sorprese, i settori del trasporto e dell’automobile, potrebbero far crescere le emissioni canadesi di gas ad effetto serra. Gli obiettivi di riduzione del Canada per l’anno 2020 (-17% in rapporto alle emissioni del 2005), ne sarebbero gia’ coinvolte, in parte a causa dell’estrazione delle sabbie bituminose.
Nello stesso modo, gli obiettivi presi nel quadro della COP21 (una diminuzione del 30% delle emissioni in rapporto al 2005), giudicati chiaramente insufficienti dal Climate Action Tracker, saranno molto probabilmente disattese a meno che non saranno adottate delle serie misure per ridurre le emissioni.
Altri settori potrebbero contribuire ad aumentare le emissioni di gas ad effetto serra, come l’agricoltura. Anche le aziende agricole che praticano l’allevamento intensivo sono suscettibili di aumentare le emissioni di metano (un gas il cui potenziale riscaldamento e’ ventiquattro volte piu’ elevato di quello del CO2). E’ anche possibile, secondo la Commissione europea, che il CETA stimoli gli investimenti europei nel settore del carbone in Canada.
Lo studio di impatto abbozza diverse soluzioni per limitare la crescita delle emissioni. L’instaurazione di una tassa carbone in Canada, per esempio, contribuirebbe a rallentare o dissuadere finanziariamente gli investimenti nelle energie fossili. Delle reali crescite nell’efficacia energetica delle automobili prodotte in Canada o della flotta mercantile che trasporta le merci, potrebbero anche contribuire a limitare l’impatto climatico del CETA. Ma ne siamo ancora lontani.
Per quanto riguarda il trasporto marittimo, per esempio, l’organizzazione marittima internazionale ha adottato delle misure nel 2011 per migliorare il consumo di carburante, ma queste non si applicano che alle nuove navi e non alle migliaia di navi cisterna, porta-containers e le navi portainfuse che solcano gia’ gli oceani -che costituiscono la stragrande maggioranza della flotta mondiale. Di conseguenza, nessuna misura e’ stata presa. A fine ottobre, i 171 membri dell’Organizzazione mondiale internazionale hanno stabilito collettivamente un calendario per attuare una strategia che abbassi le emissioni di gas ad effetto serra. Ma questa prevede che sia messa in opera solo a partire dal 2023…
Secondo gli ultimi dati disponibili e le politiche attuali, il Canada nel 2030 avra’ ridotto le sue emissioni del 4,5%, secondo le previsioni piu’ ottimiste, ben lungi dal 30% promesso prima della COP21 -un contributo giudicato gia’ insufficiente da diverse organizzazioni indipendenti. In quanto all’UE, se ci si attiene alle misure attuali, essa avra’ ridotto nel 2030 le sue emissioni tra il 22 e il 30% in rapporto ai livelli del 1990, anche qui ben lungi dall’impegno del 40% (giudicato “medio” dal Climate Action Tracker).
L’accorod CETA apre quindi la strada a dei potenziali ostacoli giuridici che complicheranno l’adozione di legislazioni ambientali. Visti i tempi stretti che si impongono per ridurre rapidamente le nostre emissioni di gas ad effetto serra, e’ molto probabile che sara’ significativamente indebolita la capacita’ degli Stati di raggiungere i loro obiettivi climatici minimi.

(articolo di Maxime Vaudano)
 
 
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