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Sovranità, benessere, democrazia. La lezione della Nuova Caledonia per noi europei
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Stati uniti d'europa di Vincenzo Donvito
4 novembre 2018 13:15
 
 Arrivano e sono espliciti – e previsti dai sondaggi dei giorni e mesi scorsi – i risultati del referendum che, in Nuova Caledonia, ha chiesto agli elettori “volete che la Nuova Caledonia abbia la piena sovranità e divenga indipendente”?. Il NO vince. Le valutazioni di politica, economia, geopolitica che sono in gioco in quel contesto della “colonia” francese (grande grossomodo come la nostra Regione Lazio) nel sud del Pacifico, sono tanti e significativi: abbracciano la storia dell’umanità di alcuni secoli passati, quando i “grandi” occidentali – inglesi, francesi, spagnoli e portoghesi, soprattutto - andarono ad impossessarsi di pezzi del mondo all’epoca lontani, e ricchi di materie prime che hanno fatto il nostro benessere (il nichel, nella fattispecie della Nuova Caledonia). Una storia che in alcuni casi continua ad esser tale, ma ovviamente con enormi differenze rispetto al passato: le colonie non sono più terre di schiavi e di deportazione di carcerati, ma solo “retaggi” che, in un modo o nell’altro, continuano ad avere rapporti con gli originari colonizzatori (il caso dell’Australia nei confronti del Regno Unito, è solo il più “grande”, e ricordiamoci che il Canada ancora oggi è una monarchia costituzionale federale retta dalla regina d’Inghilterra).
La vittoria del NO al referendum della Nuova Caledonia è il rifiuto del sovranismo. Non entriamo nel merito della varie vicende che hanno portato a questo referendum e alle ragioni sconfitte di chi avrebbe voluto l’indipendenza, ma ci soffermiamo solo sull’aspetto “sovranità”. Un aspetto per il quale da secoli sono morte milioni di persone, in contesti in cui l’assenza di sovranità significava sottomissione, violenza, mancanza di diritti, sub-economia, sfruttamento, oppressione etniche, razzismo etc. Un aspetto di cui noi europei ne sappiamo tanto, e altrettanto tanto abbiamo sofferto e, complice tra i primi anche lo Stato Italia, abbiamo deciso di farne a meno per il benessere, la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza. Il nostro risultato si chiama al momento Unione Europea (UE). Nel caso della Nuova Caledonia l’aspetto sovranità ha dovuto confrontarsi su una presenza francese che coi secoli è molto cambiata rispetto a quella originaria che, nello specifico, aveva portato a dimezzare la etnia maggioritaria kanaky, facendola diventare minoritaria rispetto alle altre, oltre che più sfruttata. Una presenza francese che oggi, con ancora tanti problemi, significa prosperità e libertà, e che i residenti hanno deciso di confermare.
Affascinante l’aspetto “indipendenza”, “sovranità”? Se guardiamo indietro nella storia, lo è sicuramente. Ma il mondo oggi è diverso, molto diverso. E quei Paesi che si sono e continuano ad intestardirsi con la sovranità, sono tra coloro che stanno peggio (si pensi al Venezuela che non riesce neanche ad avere benefici dalla propria ricchezza petrolifera). Questo non vuol dire che bisogna dipendere dai grandi Paesi, ma che il mondo di oggi, grazie anche alle istituzioni internazionali (pur coi loro limiti), è diverso (l’Africa non è una miniera di schiavi per gli Usa, per esempio) e si possono intessere rapporti di reciproco scambio e beneficio col rispetto delle proprie diversità.
E’ il caso - di cui abbiamo sopra riferito - della Nuova Caledonia. Per noi è il caso dell’Unione Europea. Di fronte alla forti spinte sovraniste che sono in corso tra alcuni Paesi membri della Ue (anche il nostro, anche se tutti i giorni ci viene detto di no dal governo, ma il giorno dopo fanno come se avessero detto di sì), dobbiamo cercare di comunicare e far comprendere quali siano i vantaggi dell’assenza del sovranismo e perché dobbiamo lottare contro, soprattutto indicando gli ulteriori vantaggi che in Ue potremmo avere passando dall’attuale assetto confederale ad uno federale (sul modello Usa, per esempio). I vantaggi che fino ad oggi noi italiani abbiamo avuto dall’Ue sono giganteschi (primo fra tutti la moneta unica, l’euro, che ci consente di essere presenti a livello internazionale con una forza monetaria), non ultimo la capacità contrattuale nel contesto economico e politico internazionale (capacità, a nostro avviso ancora limitata proprio in virtù del fatto che l’Ue non è ancora una forza federale e federalista). Facciamone tesoro: seguiamo le vicende del piccolo lembo di terra francese nel Pacifico del sud, sì da capire come giocano e come si evolvono oggi queste tematiche, non solo in termini politici ed economici ma anche e soprattutto culturali.
 
 
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