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Stati Uniti d'Europa. Italia referenda est
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Stati uniti d'europa di Redazione
7 maggio 2018 7:48
 
 Pubblichiamo un articolo -satirico, ma..- di phastidio.net che, anche se dello scorso dicembre (si riferiva ad alcune prese di posizione del tempo), e' tornato di struggente attualita' dopo le recenti prese di posizione del leader dei M5S Beppe Grillo, subito fatte proprie dai dirigenti del suo movimento.

Torniamo sul tema del mitologico referendum per fare uscire l’Italia dall’euro, rilanciato dal candidato premier del M5S, Luigi Di Maio. Il quale ha detto che, se l’Europa non accogliesse le nostre richieste, sarebbe inevitabile indire questo referendum ed a quel punto lui voterebbe per l’uscita, stante l’impossibilità di ottenere il trenino elettrico richiesto alla Ue. Vediamo che accadrebbe, anche se dentro di voi una petulante vocina ve lo spiega da anni. 
Intanto, il referendum. Prendiamo a prestito le parole di Barbara Lezzi, cittadina specialista in lettura della produzione industriale, così come consegnate al suo Facebook:
«Il referendum per uscire dall’Euro di cui ha parlato Di Maio sarebbe solo un referendum consultivo, come quello del 1989, ma ribadiamo che si tratta dell’ultima ratio nel caso in cui l’Europa continuasse a ignorare le richieste dell’Italia. Speriamo di non dover mai arrivare a tanto, ma in quel caso il M5S chiederebbe un mandato chiaro agli italiani»
Dunque: referendum consultivo, come quello del 1989 sul potere costituente del Parlamento europeo, che trovate spiegato qui. Intanto, noterete che, per fare svolgere quell’idealistico referendum, servì una legge costituzionale, che fu approvata all’unanimità delle due camere e come tale non richiese referendum confermativo. Come i più perspicaci tra voi avranno notato, anche senza leggere la voce Wikipedia, quello fu un referendum a carattere plebiscitario, di quelli che segnano il trionfo dei buoni sentimenti.
Qualcuno sano di mente pensa che l’eventuale governo Di Maio disporrebbe della maggioranza parlamentare per fare approvare una legge costituzionale senza passare dal referendum confermativo? Anche no. Quindi, segnate: serve un referendum confermativo della legge costituzionale necessaria per introdurre il referendum consultivo sull’uscita dall’euro. Ma possiamo farcela: il premier Di Maio e il M5S iniziano una martellante campagna a favore dei due referendum concatenati. Qualcuno, alla comunicazione del movimento, pensando ad un brillante spin con hashtag carpiato in demi-volée, gioca col latino e con reminiscenze scolastiche che si rivelano purtroppo mal metabolizzate. Il paese si riempie quindi di cartelloni pubblicitari tricolori con la scritta: “Italia referenda est“. Sconcerto tra le cancellerie europee.
Sull’abbrivio del patriottico entusiasmo, il referendum confermativo della legge costituzionale che introduce il quesito da sottoporre a referendum consultivo (avete notato il sublime chiasmo?) viene approvato dalla maggioranza dei cittadini. E qui iniziano i problemi. I mercati fiutano il sangue, prevedendo la vittoria del sì anche al secondo referendum, quello decisivo: inizia una violenta fuga di capitali, ed un attacco speculativo massivo ai nostri titoli di stato.
Il premier Di Maio si presenta in tv a reti unificate, e annuncia solenne: “prima la nostra Costituzione, poi i mercati”. Di conseguenza, vengono introdotti controlli sui capitali e limitati i prelievi di contante dai bancomat, ai quali la popolazione si dirige a passo spedito, dopo aver preso consapevolezza che forse torna la lira.
Nel frattempo, è il caos. In televisione, sempre a reti unificate, compare Beppe Grillo con Davide Casaleggio, per rassicurare la popolazione che il progetto di reddito di cittadinanza non subirà ritardi, e che verranno introdotti miniassegni del Tesoro, in attesa che il referendum si celebri. Di più, scandisce Di Maio:
«Poiché siamo sotto attacco di forze occulte straniere e dobbiamo resistere, gli stipendi dei dipendenti pubblici verranno pagati in miniassegni del Tesoro. Le aziende private avranno la possibilità di fare lo stesso, attingendo ad un conto di anticipazione del Tesoro, sempre in miniassegni, per risparmiare euro da destinare a pagamento delle importazioni, in attesa dell’esito del referendum e di avere una moneta tutta nostra»
La popolazione non la prende bene e si verificano i primi scontri di piazza. Nel frattempo, i rendimenti alle aste dei Btp schizzano alle stelle mentre la Bce si astiene dall’intervenire, visto peraltro che sta procedendo alla fuoriuscita dal QE.
Di Maio resiste, va a Bruxelles e chiede con forza che l’Italia possa fare più deficit e più debito, minacciando in caso contrario di confermare il referendum consultivo. I partner europei si guardano negli occhi, poi lo guardano in faccia: “ma benedetto figliolo, se il referendum è già convocato, e state messi così, che vuoi esattamente da noi?”. “Vi sto dando l’ultima chance”, replica paonazzo ma sempre molto composto il giovane premier, che rientra in Italia mentre i disordini infuriano, con assalti agli uffici postali e violenze fuori dagli sportelli bancari.
A poche settimane dal traguardo del referendum consultivo, le aziende iniziano a licenziare massicciamente. La cittadina Laura Castelli appare a sua volta in televisione, dicendo che questa impennata di licenziamenti aumenta effettivamente il nostro output gap e costringerà quindi l’Europa a farci fare più deficit, ben oltre il 3% del Pil. “Ecco la prova provata che le ricette del MoVimento sono le uniche in grado di farci ottenere da Bruxelles quello che ci spetta! Abbiamo vinto, chiedeteci scusa!”, dichiara festante a Ottoemezzo da Lilli Gruber, prima di uscire da una porta secondaria per sfuggire alla folla inferocita radunatasi fuori dallo studio televisivo.
Arriva il giorno del referendum consultivo. Gli italiani, prostrati da settimane di caos monetario e civile, lo respingono plebiscitariamente. Il premier Di Maio appare in televisione a reti unificate, dalla località segreta dove nel frattempo è riparato a causa del precipitare della situazione. Indossando un visore della banca online che intendeva trasformare nella nuova Banca d’Italia 4.0, proclama: “il popolo italiano ha parlato, dandomi sicurezza: restiamo nell’euro”, riconoscendo al contempo il governo di unità nazionale formatosi giorni addietro a Roma e guidato da Mario Draghi, autorizzato dai partner europei a ricoprire in via del tutto eccezionale il ruolo di presidente della Bce (agli ultimi mesi di mandato) e di premier italiano, per tentare di riportare la calma nel paese.
Di Maio, duramente provato dalla drammatica esperienza ed abbandonato da tutti i suoi concittadini di partito, si dimette da parlamentare e va a fare il webmaster in Africa dichiarando “voglio restituire ai più sfortunati del pianeta tutto quello che la vita mi ha donato”. Qualcuno giura di averlo avvistato sugli spalti dello stadio di Monrovia. Grillo inizia una tournée teatrale intitolata “Ve lo do io l’euro”, ottenendo enorme successo. “Vi ho preso per il culo tutti questi anni, vi rendete conto?”, strepita sul palcoscenico mentre prende a mazzate una stampante 3D, accolto da vere e proprie ovazioni.

(articolo di Mario Seminerio, tratto da phastidio.net -andrà molto peggio prima di andare meglio- del 19/12/2017)
 
 
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