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Vita da cani. Condannare l’uccisione di un 4 zampe perché ucciso o perché ucciso con crudeltà?
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Vita da cani di Angela Furlan
20 maggio 2020 11:58
 
 “Perché dovremmo considerare di minor valore la sofferenza inflitta ad altre creature, per il semplice fatto che queste appartengono ad una specie diversa dalla nostra?”
(Prof. Dr. Jean-Claude Wolf - Docente di etica e di filosofia politica presso l’Università di Friburgo in Svizzera

A seguito del fatto terribile verificatosi lo scorso 7 maggio nel siracusano ai danni di un povero cane ho provato un motto di sdegno e di disagio molto simile al sentimento che mi ha spinta a costituire Super Minus e che si può sintetizzare nella straordinaria frase di Marco Pannella che recita: “il crimine più grande è stare con le mani in mano.” E, per quanto mi riguarda, è ormai certo che non so stare con le mani in mano, almeno non davanti all’ingiustizia, alla prepotenza ed alla violenza.
Faccio questa premessa perché i recenti fatti di Priolo Gargallo mi hanno costretta a pormi una domanda: possono i nostri amici a 4 zampe rientrare nell’ambito di tutela di Super Minus (SM) in quanto soggetti vulnerabili?

Appurato, infatti, che l’ambito di azione di SM riguarda le così dette persone vulnerabili quali, a titolo esemplificativo, gli indigenti, gli anziani con gravi problematiche familiari e sanitarie, i disabili, i minori abbandonati, i detenuti o ex detenuti, i tossicodipendenti, le donne vittime di violenza, i rifugiati, gli immigrati in stato di bisogno e tutti quei soggetti che hanno subito una violenza, una discriminazione o una violazione del principio della parità di trattamento a causa della loro situazione personale e sociale, mi sono chiesta se fosse possibile far rientrare nel suo ambito di competenze, altresì, gli amici a 4 zampe per il tramite del paradigma della vulnerabilità.

In effetti, è innegabile che negli ultimi anni si sia sviluppata una crescente sensibilità popolare verso gli amici animali che ha trovato sempre maggior riconoscimento anche in sede legislativa. Basti pensare al tristemente noto caso della Green Hill di Montichiari (l’allevamento lager che “creava” cani di razza Beagle destinati alla vivisezione) e alle importanti sentenze di condanna che ne sono derivate, che hanno costituito la colonna portante per rafforzare la consapevolezza dei diritti degli animali anche in altri ambiti, come il palio o il circo. Ovvero ancora alla importantissima sentenza della Cassazione Penale, sezione III, n° 46291 del 2003 che ha riconosciuto come il maltrattamento di animali non sia da considerarsi solo come fatto “fisico” ma anche “psichico” ,attribuendo finalmente agli amici animali la dignità di esseri viventi capaci di provare emozioni quali dolore e paura a fronte di comportamenti umani non ispirati a simpatia.

Purtroppo, tuttavia, nonostante i notevoli passi avanti compiuti nell’ambito dei diritti degli animali, il paradigma che domina la materia è ancora di tipo antropocentrico. Non è un caso, infatti, che l’intero titolo IX bis – inserito nel codice penale dalla pur fondamentale legge n° 189/2004 – rechi come titolo “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”, sottendendo come la molla da cui origina la tutela sia, ancora una volta, il sentimento compassionevole dell’uomo verso l’animale e non ancora il fatto-reato in se stesso. A riprova di questa impostazione, a mio avviso ancora troppo antropocentrica, si pongono le norme contenute all’interno del titolo anzidetto che tipizzano i reati previsti, in particolare, l’uccisione di animali (art. 544 bis cp) ed il maltrattamento (art. 544 ter cp) richiamando espressamente il concetto di crudeltà da parte dell’uomo verso l’animale. A voler dire che cagionare la morte di un animale non assume rilievo penale in quanto tale, bensì “solo” quando sia commessa con modalità o per motivi che urtano la sensibilità umana.

Ugualmente da leggere autonomamente è la nozione di necessità richiamata dalle norme anzidette. Si può, infatti, affermare che in questo caso, la nozione di necessità non coincida con la nozione di stato di necessità rilevante per configurare la scriminante di cui all’art. 54 c.p. ma sia, invece, più ampia e di altra natura, maggiormente compatibile con quella speciale dei reati all’esame. Ne consegue, dunque, che il concetto di necessità - che deve venir meno affinché si realizzi uno degli anzidetti reati contro gli animali -sia determinato da bisogni sociali e da esigenze produttive, purché realizzate nel rispetto di determinate regole. A titolo esemplificativo, dunque, non sarà sanzionabile l’uccisione di animali destinati all’alimentazione umana in quanto la loro uccisione dovrà essere considerata una necessità del genere umano. La trattazione di questo tema, particolarmente complesso, esula dall’argomento trattato in questa sede e pertanto ne rinvio l’approfondimento.

Quanto fino ad ora sostenuto mi fa concludere che probabilmente sarà possibile inserire nell’ambito di azione di SM altresì la tutela dei diritti degli animali. Abbiamo, infatti, sostenuto che gli animali sono a tutti gli effetti esseri vitali e senzienti, dotati di una propria sensibilità e quindi soggetti di diritti. Abbiamo affermato altresì che la tutela fino ad ora loro attribuita è relativamente debole in quanto in parte ancora condizionata dal sentimento umano verso di essi. Ne consegue conclusivamente che, godendo gli animali di una tutela limitata ad una modalità di azione che deve urtare la sensibilità umana, essi rientrino a tutti gli effetti nella categoria dei soggetti svantaggiati e quindi ben possano considerarsi vulnerabili.
Ritengo, infine, che questa loro condizione di vulnerabilità possa venir meno con un auspicabile intervento legislativo che vada nella direzione di attribuire rilievo penale a fatti reati, quali appunto l’uccisione ovvero il maltrattamento dei nostri amici a 4 zampe, in quanto tali e senz’altro non perché commessi con modalità o per motivi che urtino la sensibilità umana. Sarebbe già un importante passo avanti verso una maggior tutela dei diritti degli animali, abrogare nelle due norme citate la parole: “per crudeltà”.

 
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