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Vita da cani. Coronavirus: al bando la carne di cane e di gatto? Dai cinesi che mangiano i topi, ai pipistrelli infettati nei laboratori, se intanto si cambiassero alcune abitudini alimentari sarebbe un bel successo!
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Vita da cani di Donatella Poretti
2 marzo 2020 13:47
 
 Tutto ebbe inizio con uno sconosciuto mercato del pesce di Wuhan nella lontanissima Cina. Pare non vendessero solo pesce, ma ogni sorta di animali in condizioni igieniche a dir poco precarie: procioni, cervi, pipistrelli contaminati, ecc... Tutto andava nella stessa direzione di eventi passati quando nel 2003 la Sars comparve nei mercati di fauna selvatica nel sud della Cina, un virus diverso da qualsiasi altro.
Poi, dopo le leggende e le paure ancestrali, vengono pubblicati i primi studi sulle riviste scientifiche. The Lancet, ripubblicata sul sito di Science, ricostruisce la prima fase dell'epidemia: il primo caso di infezione da 2019-nCoV risale al primo dicembre e la persona infettata non era stata al mercato ittico di Wuhan. Dei primi 41 casi esaminati dal gruppo di ricerca cinese guidato da Chaolin Huang, dell'ospedale Jin Yin-tan di Wuhan, 27 (pari al 66%) erano stati al mercato a partire dal 10 dicembre.
Quindi uno studio prodotto da alcuni scienziati della South China University: i biologi Botao Xiao e Lei Xiao, nel loro rapporto, hanno analizzato l'area circostante al mercato ed hanno identificato due laboratori che conducono ricerche su pipistrelli e agenti patogeni. Il più vicino, il Wuhan Center for Disease Control and Prevention, si trova a soli 280 metri dal centro di diffusione del virus. In passato uno scienziato che lavora in quel laboratorio ha riferito di essere stato attaccato dagli stessi pipistrelli due volte e, conoscendo l'estremo pericolo della possibile infezione, si è messo in entrambe le occasioni in quarantena volontaria per 14 giorni. Secondo gli scienziati, dunque, "è plausibile che il virus sia trapelato dal laboratorio e abbia così contaminato i pazienti iniziali, anche se in studi futuri saranno necessarie solide prove".
Poi in un secondo laboratorio, posto a 12 chilometri di distanza dall'ormai noto mercato del pesce di Wuhan gli scienziati stavano testando un particolare virus sui pipistrelli, partendo dalla primordiale Sars. E secondo quanto pubblicato dal pool di ricercatori, questo derivato potrebbe essere trapelato dal laboratorio. In attesa di maggiori evidenze lo studio si conclude con un avvertimento: "Potrebbe essere necessario rafforzare i livelli di sicurezza nei laboratori a rischio biologico ad alto rischio, che potrebbero essere trasferiti lontani dai centri urbani e da altri luoghi densamente popolati".

Nel frattempo se un Governatore si lascia sfuggire frasi del tipo che tutti abbiamo visto i cinesi mangiarsi topi vivi, le paure ancestrali restano sempre sotto traccia, e in particolari momenti di panico trovano terreno ancora piu' fertile.

Di certo in Asia esiste un traffico stimato in trenta milioni di cani macellati ogni anno. Mercati specializzati nella vendita di questa carne considerata una vera e propria leccornia.
E se a noi vengono i brividi nella schiena, oggi sembrano passati millenni dal politicamente corretto dello scorso settembre, quando in Gran Bretagna il ministero della Giustizia bocciava un disegno di legge volto a bandire completamente il consumo di carne di cani e gatti sul terreno britannico: una misura ritenuta “culturalmente offensiva” nei confronti delle popolazioni dell’Estremo Oriente.

E allora ben venga la notizia che la Cina ha approvato il bando immediato del consumo di carne di animali selvatici (come pipistrelli e serpenti), insieme alla stretta sul commercio illegale a tutela di vita e salute delle persone.
Un plauso ancora piu' grande alla città di Shenzen con i suoi 12 milioni di abitanti che fa un ulteriore passo in avanti e ha gia' vietato la vendita e il commercio di carne di cane e di gatto. Potrebbe fare da apripista per un divieto che si estende a tutto il Paese, dove i cani vengono principalmente catturati per strada, e senza normative in merito all’allevamento e alla filiera, il tutto si traduce in una completa assenza di regolamentazione, anche da un punto di vista sanitario.

E se dal Coronavirus si cambiassero queste abitudini alimentari sarebbe un bel successo!
 
 
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