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Vita da cani. Divorzi e separazioni, cani e affido condiviso: dall’Alaska ai Tribunali italiani
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Vita da cani di Donatella Poretti
25 gennaio 2017 16:47
 
Se i cani sono sempre piu’ componenti del nucleo familiare, tanto che se ne sollecita anche l’iscrizione all’anagrafe, quando la famiglia si sfascia si pone il problema, come per i figli minori, del loro destino. E come per i figli in alcuni casi si ricorre al giudice per stabilirne l’affidamento.
Oltreoceano l'Alaska fa da apripista e diventa il primo Stato americano che, per legge, si impegna nelle cause di divorzio in tribunale a tutelare il ''benessere'' degli animali, trattandoli come i figli e non piu' proprieta', come previsto dalla normativa vigente negli Stati Uniti. Il giudice dovra' decidere a chi affidare il cane o il gatto di famiglia, potendo optare anche per l'affidamento congiunto se lo riterra' opportuno, e sempre nell'interesse del cane o del gatto non dei proprietari. La norma include gli animali anche negli ordini restrittivi per violenza domestica, obbligando i padroni dell'animale messo sotto protezione di far fronte ai costi di eventuali pensioni in cui l'animale soggiorna per scampare alle violenze in casa.
In Italia mentre si sollecita una norma ad hoc (1) che affidi al giudice la possibilita’ di decidere in caso di separazioni non consensuali il destino dell’animale di famiglia, la giurisprudenza ha reso alcune interessanti pronunce.
Il Tribunale di Roma, con un verdetto “innovativo”, ha deciso per l’affido condiviso di Spot, un cagnolino di nove anni conteso da due ex conviventi arrivati alle vie legali. Per decisione del giudice monocratico della Capitale adesso il cane, un meticcio trovatello, vivra’ sei mesi con l’uno e sei mesi con l’altra “con facolta’ per la parte che nei sei mesi non lo avra’ con se’, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa”.
Il Tribunale di Foggia ha statuito con un’ordinanza che “il giudice della separazione puo’ ben disporre, in sede di provvedimenti interinali, che l’animale d’affezione, gia’ convivente con la coppia, sia affidato ad uno dei coniugi con l’obbligo di averne cura, e statuire a favore dell’altro coniuge il diritto di prenderlo e tenerlo con se’ per alcune ore nel corso di ogni giorno”.
Il Tribunale di Cremona con una sentenza del 2008 ha garantito ad entrambi i coniugi la gestione condivisa dell’animale, dividendo al 50% le spese per il mantenimento.
Il Tribunale di Como, con sentenza del febbraio 2016, ha omologato l’accordo con il quale i coniugi hanno concordato le modalità di gestione e cura dell’animale domestico. La pronuncia e’ rilevante nella parte in cui afferma che le disposizioni con cui le parti concordano l’assegnazione ed il mantenimento dell’animale domestico non contrastano con l’ordine pubblico. Ed infatti il decreto di omologa svolge la funzione di controllare la compatibilita’ dell’accordo con le norme cogenti e con l’ordine pubblico. Ciò è chiaramente evincibile con riferimento alle statuizioni di natura economica atte a suddividere le spese per il mantenimento e la cura dell’animale domestico, alla pari di qualsiasi altra spesa familiare. Nel caso degli animali domestici, i coniugi hanno inoltre un particolare interesse a preservare il rapporto d’attaccamento o di compagnia con l’animale, che non si esaurisce nell’interesse patrimoniale.
Tali pronunce si allineano con l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nel 2007, secondo cui “il cambiamento della natura del rapporto tra proprietario e animale di affezione, non piu’ riconducibile alla mera proprieta’ di un oggetto di cui il detentore avrebbe la completa disponibilita’ (…)”, riferendosi all’intestatario del microchip.

In senso contrario, il Tribunale di Milano, con provvedimento del 2.3.2011, ha dichiarato inammissibile la domanda volta all’assegnazione degli animali di casa in quanto l’ordinamento attualmente non prevede la possibilita’ di affidare o assegnare gli animali domestici, “ne’ essendo compito del giudice della separazione quello di regolare i diritti delle parti sugli animali di casa”.
Il Tribunale di Milano tuttavia dal 2013, ha accolto fra le clausole di una separazione consensuale il patto secondo cui gli animali domestici, (e’ successo per due gatti), vanno affidati al coniuge presso cui e’ collocato il minore. Questo perche’ l’animale domestico non rientra tra le “cose” ma, secondo l’interpretazione piu’ moderna e alla luce del trattato di Amsterdam, viene riconosciuto come “essere senziente”.

(1) il ddl 1392 del 2009 della sen.Chiaromonte aggiungeva un articolo al Codice Civile

 
 
 
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