testata ADUC
Plastiche buttate negli oceani. Verso la decuplicazione da qui a dieci anni
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
13 febbraio 2015 11:43
 
In mancanza di profondi cambiamenti nella gestione dei rifiuti, la quantita' di materie plastiche riversate negli oceani potrebbe decuplicare nel prossimo decennio. E piu' la densita' di questi oggetti nell'ambiente marino aumenta, piu' alta e' la possibilita' che essi finiscano per accumularsi nella filiera alimentare -cioe', alla fine, nei nostri stomaci. Questo movimento di ritorno al mittente e' gia' cominciato.
E' quanto assicurano, in sostanza, diversi recenti lavori, tra cui l'ultimo pubblicato oggi nella rivista Science, che sono i primi a determinare, Paese per Paese, i principali contribuenti all'inquinamento dei mari grazie alla plastica. La biologa Jenna Jambeck (Universita' della Georgia, ad Athens, Usa) e i suoi coautori, stimano che i 192 Paesi costieri del Pianeta hanno prodotto, nel 2010, un totale di circa 275 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, 8 milioni dei quali sono finiti negli oceani. “Queste quantita' aumentano ogni anno, e la nostra stima per il 2015 e' di circa 9,1 milioni di tonnellate”.
La Cina, il primo contributore all'inquinamento dei mari
In base al modello sviluppato dai ricercatori, il primo contributore mondiale sarebbe la Cina, che avrebbe riversato da sola, nel 2010, circa 2,8 milioni di tonnellate di materie plastiche negli oceani. A seguire si classificano Indonesia, Filippine, Vietnam e Sry Lanka. Gli Usa sono in 20ma posizione. Nessun Paese dell'Unione Europea figura tra i primi venti maggiori inquinatori; ma i 23 Paesi europei che dispongono di un accesso al mare, sarebbero, considerandoli nel loro insieme, il 18mo maggiore contribuente di detriti in plastica.
“E' un articolo rivoluzionario che da' al problema dei detriti marini una nuova prospettiva”, dice Richard Thompson (Universita' di Plymouth, UK), la cui équipe, nel 2004, ha individuato l'ampiezza del problema posto dalla microplastiche disperse nei mari del Globo. “In generale, cerchiamo di stimare la quantita' di detriti nell'ambiente marino contando il numero di rifiuti che fluttuano sulla superficie degli oceani -dice il biologo britannico-. Ma siamo in diversi a pensare che questo metodo ci porta a sottostimare il problema”.
Jenn Jambeck e i suoi colleghi lo hanno preso in considerazione in un altro senso. Analizzando i dati sulle quantita' di rifiuti plastici prodotti ogni anno e i metodi di gestione degli stessi, i ricercatori sono giunti a stimare la quantita' di materie plastiche che finisce logicamente la propria vita in mare. Le dinamiche economiche in merito, hanno loro permesso anche, per la prima volta, di valutare l'ampiezza del problema non solo attuale, ma per il futuro. Se i sistemi di gestione dei rifiuti non vengono migliorati o se le quantita' di plastica utilizzate non diminuiscono, non si sarebbe lontani dagli 80 milioni di tonnellate di plastica che potrebbero essere disperse ogni anno nei mari da qui al 2025.
Ingestione di plastica da parte degli organismi marini
L'ampiezza dei flussi di plastica nell'oceano conferma ancora una volta che la stragrande maggioranza di questi rifiuti non si trova sulla superficie, ma che i cicli naturali offrono loro una varieta' di destinazioni. Guidati dal biologo Andrés Cozar (Universita' di Cadix), alcuni ricercatori hanno pubblicato nell'estate del 2014 i risultati di una campagna a livello mondiale: da 7.000 a 35.000 tonnellate di materie plastiche sono state individuate sulla superficie degli oceani. A dicembre, un'altra pubblicazione, basata sulla estrapolazione di dati locali, riportava una quantita' di plastica galleggiante di 269.000 tonnellate. Diverse stime mostrano l'ampiezza delle incertezze, ma tutte ricordano che l'essenziale di cio' che e' stato introdotto negli oceani e' nascosto, introvabile.
“Questo suggerisce l'esistenza di una combinazione di meccanismi che ritirino con successo la plastica galleggiante sulle acque di superficie, dice Cozar-. Vi sono diverse possibili vie di trasferimento verso l'interno dell'oceano. Una di queste, l'ingestione di plastica da parte degli organismi marini, e' oggetto di una particolare preoccupazione”. Tra questi campioni, Cozar e i suoi colleghi credono di trovare molto piu' che pezzi di plastica della dimensione di qualche millimetro, che fino ad oggi sono stati scoperti. Queste dimensioni sono precisamente quelle di uno zooplancton. Probabile spiegazione: i pesci predatori di questi zooplancton ingeriscono grandi quantita' di pezzi di plastica. “Una quantita' di pubblicazioni scientifiche mostra in rapido aumento il consumo di microplastiche da parte degli organismi marini”.
Secondo Richard Thompson, i singoli appartenenti a circa settecento specie marine -tra cui i pesci della Manica o molluschi comuni come le cozze, etc.- si sono mostrati contaminati da delle microplastiche. “In generale in questi organismi si trova una piccola quantita' di microplastiche, dice Thompson. Ad oggi non c'e' ancora un allarme sanitario, ma e' sicuramente una messa in guardia per il futuro”.

(articolo di Stéphane Foucart, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 12/02/2015)
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS