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Amministrazione di sostegno. Corte d'Appello pone al centro la volonta' del beneficiario
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Famiglia e individuo di Claudia Moretti
6 ottobre 2010 9:23
 
Abbiamo gia' parlato della vicenda del Sig. P. In breve la storia e' questa. Convivente di fatto da anni con la sig.ra A, portatore di alcuni disturbi psicotici, aveva fatto, con atto notarile nel 2006, la nomina di amministratrice di sostegno della propria compagna, in previsione di una sua futura esigenza o bisogno, come prevede il codice civile all'art. 408. Nel 2008, essendosi verificati eventi di salute che ritenevano opportuna la nomina da parte del giudice tutelare, si era rivolto, tramite la sua compagna stessa, al Tribunale. I parenti del medesimo, tuttavia (che peraltro non lo frequentavano ormai da anni), si recarono, fuori udienza, dal giudice e manifestarono il proprio dissenso alla nomina della sig.ra A. Che' a loro dire lo aveva allontanato da loro.
Il giudice, senza chiarirne le ragioni, diede peso alla diatriba familiare piu' che alla stessa volonta' del sig. P, che a propria insaputa e contro volonta', si trovo' "affibbiato" un amministratore di sostegno estraneo alla sua vita, un avvocato nominato dal Tribunale. Avvocato che peraltro, sebbene ufficialmente "gratuito", avrebbe, comunque -e giustamente- avuto diritto ad una indennita' per il lavoro svolto.
Il sig. P. ha vissuto detta "imposizione" come una grave violazione dei propri diritti e della propria autodeterminazione. Situazione che si puo' ritenere anche un grave uso distorto e paternalistico della giustizia.
La Corte d'Appello di Firenze, con ordinanza del 17 settembre 2010, ha ristabilito la legalita', annullando il decreto in questione per numerosi motivi.
Riportiamo alcuni passaggi del provvedimento.
In primo luogo la Corte ha ricostruito il quadro normativo che disciplina la scelta del nominando amministratore di sostegno:
L’ art. 407 cc. prevede che: “Il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce... e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa;
il successivo art. 408 cc. prevede che: ”La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità.... In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado”.
La Corte afferma, inoltre, che a meno che non siano comprovati "gravi ragioni" per ritenere la volonta' del beneficiario insincera o viziata, spetta al medesimo la scelta di chi avere a proprio sostegno.
"Dunque il legislatore ha stabilito criteri e limiti precisi nella scelta dell’ amministratore di sostegno, in particolare ha autorizzato il Giudice Tutelare a discostarsi dalle indicazioni dell’ interessato “in presenza di gravi motivi” ed ha comunque indicato come soggetti idonei ad assumere l’incarico in primis il coniuge e subito dopo la persona stabilmente convivente.
Ciò premesso -rileva la Corte- nella fattispecie non sembra che tali indicazioni siano state rispettate: la nomina di persona diversa da quella indicata -teoricamente del tutto ammissibile- è stata effettuata senza alcuna motivazione e valutazione della situazione concreta (cfr. decreto di nomina... pur non essendo contestato che si trattava della persona stabilmente convivente con il P., nè avendo il Giudice svolto alcun accertamento sulle capacità ed attitudini di costei; non si ravvisa nel provvedimento impugnato quell’attenzione ai bisogni ed interessi (nemmeno individuati) del soggetto da tutelare, come la legge impone, non sono specificate le ”gravi ragioni” poste a protezione del beneficiario che hanno indotto il Giudice Tutelare a discostarsi dalle richieste -peraltro ampiamente argomentate- dei ricorrenti.
Per tutti questi motivi, e considerate altresì le violazioni procedurali lamentate, che pure non appaiono irrilevanti, il decreto deve ritenersi illegittimo e va revocato".
 
 
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