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Pace fiscale grazie ai soldi in nero? Noi siam tra coloro che non capiscono e ci teniamo ad essere come Alice nel paese delle meraviglie
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Il paese di alice di Vincenzo Donvito
13 giugno 2019 14:21
 
 Mediaticamente impazza la notizia che il vicepremier Matteo Salvini vorrebbe una nuova pace fiscale grazie al recupero dei soldi (essenzialmente “neri”, dicono) che molti italiani hanno nelle cassette di sicurezza. Paghi un tot, in generale quanto dovuto al fisco, niente more e penali, e sei legale. Il modo di chiamarla con idioma inglese, “voluntary disclosure”, dovrebbe farla digerire meglio perché esterofila (sembra che anche i sovranisti – nonostante il dente avvelenato verso l’Ue - sottostiano a questo complesso di inferiorità dell’italiano medio verso tutto ciò che non è Italia), sostanzialmente non molto esplicita come il brutale termine “condono”. E spesso si usa, in ogni “political corner” (wow, anche noi col british) anche il termine rottamazione. Abitualmente il condono – ops, la voluntary disclosure – viene sempre trattato male da tutti, ma solo quando è proposto dalla parte politica avversa (quello del Pd nel 2017 – ministro Maria Elena Boschi imperante – non arrivo neanche ad essere presentato per una rivola dentro la stessa maggioranza dell’epoca). Ma nonostante questo, quando si tratta di drenare un po’ di soldi, ché altrimenti sembra non si riesca, siccome il bacino “nero” sembra che sia immenso ed eterno, gli scrupoli vanno a ramengo. A sentire i ragionamenti di chi propone (il ministro Salvini nel nostro caso), è come farsi una bagno di realismo: “visto che ci sono, e visto che non pochi si presume seguiranno la nostra benevolenza, perché non condonare? I soldi, sono per l’appunto soldi, senza colore e senza parte”. E sembra che il realismo sia quanto venga richiesto da questo governo che, addirittura (più realistico di così) si basa su un contratto tra – dicono loro – diversi che altrimenti si scannerebbero (vedi cosa è successo sulla cannabis …. parole, parole e parole).

Noi siamo tra coloro che pagano le tasse, anche quando magari ritardiamo – grazie alla comprensione dei dipendenti - nel pagare gli stipendi, perché se le tasse non le paghi, le multe arrivano salate, il dovere civico, bla bla bla…. E quando non basta la benevolenza dei dipendenti, ci rivolgiamo a coloro che ce li possono prestare/anticipare, pagando loro questo servizio e dilazionando nel tempo il nostro debito. Quando scriviamo “noi siamo tra coloro che”, ci riferiamo ad uno spettro molto ampio di contribuenti, che fanno parte della vita economica di tutti i giorni e di tutti i settori produttivi e dei servizi. Ma… siamo fessi? No, non ci sentiamo tali. Ma comprendiamo, pur non condividendoli, coloro che fanno altrimenti e – quando e se lo fanno – si mettono in regola con la voluntary disclosure del governo e del momento di turno… che non manca mai, qualunque sia il colore e il broncio di chi ci amministra.

Rimane però una questione non secondaria, e che riguarda non tutti gli “estremisti” della democrazia, del diritto e della libertà come noi, ma chi ci governa: qual è il messaggio (i governi crediamo dovrebbero fare anch equesto) che si vuole dare a chi domani ci governerà? Allo stato dei fatti sembra una sorta di “campa e tira a campa’”, con lo Stato che – senza che glielo chiedi, ma mettendolo di fronte ad un dato di fatto – ti presta i soldi a tasso zero e/o fa poco quando ti pizzica (povere Fiamme Gialle, strumento in divisa – e perché non in “borghese” - consapevole di questa farsa).
E’ questo una sorta di nuovo ordine economico, tra l’altro anche ben calibrato e sperimentato nel tempo? Noi ci vergogniamo, consapevoli che in politica la vergogna non esiste e che in non-pochi ci guarderanno con un sorriso di commiserazione perché ci inseriscono nella categoria di coloro che non capiscono.
Nel frattempo, ai nostri figli e non solo, insegneremo queste cose che ci dicono che non capiamo. Fieri e contenti di essere come Alice nel Paese delle meraviglie.
 
 
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