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Il Paese di Alice. Cittadini di cosa? I segnali delle migrazioni: umane ed economiche
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Il paese di alice di Vincenzo Donvito
9 ottobre 2019 14:17
 
 “Buongiorno, volevo una consulenza sull’immigrazione. La mia fidanzata è indiana, vuole venire a trovarmi per un po’ in Italia ed ha chiesto il visto turistico all’ambasciata italiana a New Delhi. Le è stato negato già per la seconda volta, anche se lei in India ha un lavoro stabile (presso un ministero), un conto bancario che dimostra la sua solvibilità, e qui ha me come referente economico che, ovviamente, la ospiterei. Non so più che fare, anche perché chiedendo all’ambasciata italiana i motivi per cui le è stato negato il visto, non ci rispondono”.
Questo accadeva ieri nei nostri uffici, dove un paio di volte alla settimana facciamo anche un servizio di consulenza sui diritti degli immigrati.
A porci la domanda è un professionista fiorentino con lo sguardo perso nel vuoto perché non sa che fare. La nostra consulente, un avvocato specializzato in diritti dei migranti, sconsolata anch’essa, ha dovuto fargli presente la realtà agghiacciante che gli si prospettava: “le ambasciate hanno termini e motivi discrezionali per la concessione di qualunque tipo di visto, e se pensa di presentare la richiesta per una terza volta crediamo sia altamente probabile che si troverà davanti ad un nuovo rifiuto. Legalmente c’è solo un metodo: il ricorso al Tar del Lazio… con quello che comporta in termini pratici ed economici un ricorso del genere: avvocato amministrativista, costi altissimi e tutta una pratica svolta da una cittadina indiana in un tribunale italiano”. Il nostro professionista, sempre più perso e spaesato: “ma io l’amo”. La nostra consulente: “c’è solo una strada abbastanza sicura da seguire: sposatevi in India, fate tutta la pratica (costosa e lunga: traduzioni giurate dei documenti, che poi talvolta si perdono nel percorso tra l’India e l’Italia, etc..) per il riconoscimento del matrimonio presso il Comune dove intendete risiedere e, superata la difficoltà di quando la ormai moglie dovrà venire in Italia (momento in cui potrebbe succedere di tutto, sempre a discrezione dell’autorità), una volta che la signora è sul nostro territorio è inespellibile in quanto sua moglie. Ma, mi scusi: voi volevate sposarvi?”. Il professionista: “ci amiamo, ma al momento non avevamo mai considerato questa decisione...”. Imbarazzo, sguardi interrogativi, di intesa, di domanda, di sofferenza, di speranza. La nostra consulente: “Non saprei che altro dirle, mi faccia sapere se decide di intraprendere quanto le ho consigliato e se posso esserle d’aiuto”.

Tutto normale? Dipende da cosa si intende per “normale”. Noi non abbiamo potuto non fare una riflessione sulla libertà e sull’amore delle persone. Che devono sottostare alle leggi di uno Stato specifico quando, invece, il loro amore e tutta la loro vita ha poco a che vedere con lo Stato, italiano o indiano che sia.

Per il loro amore… c’è poco da spiegare: è loro, e non c’è Stato o ideologia o religione o economia che possa contrastarlo… se si vuole farlo dovremmo cominciare a negare secoli e secoli di letteratura e di storia che in materia ci hanno insegnato come la felicità è legata anche ad amori che sono legati alle alchimie senza frontiere (fisiche e mentali) degli individui.
Per lo Stato, forse ci viene negato di acquistare prodotti (per restare nello specifico del nostro esempio) indiani, forse a noi italiani ci viene negato, come alla giovane indiana della nostra storia, il visto per andare in India, forse non parliamo e ascoltiamo e vediamo, anche a costo zero, quel che accade in tutto il mondo, India inclusa, potendovi anche partecipare grazie alla potenza degli attuali mezzi di comunicazione? Ma se ci è “consentito” tutto questo, siamo noi ancora cittadini e sudditi di questo o quell’altro Stato? E non piuttosto individui/persone di un Pianeta che ci fa stare tutti insieme contemporaneamente ma che, come nel nostro caso, consente di amare solo a distanza o in modo unidirezionale (io italiano che vado facilmente in India)?

C’è più di qualcosa che non torna e che ci fa considerare l’inadeguatezza delle nostre istituzioni, dei nostri ordinamenti per l’organizzazione della nostra esistenza e, in un certo senso, anche della nostra felicità. Gli Stati moderni erano nati per questo qualche secolo fa, ma oggi, in un Mondo diverso da quello di qualche secolo fa, sono una gabbia, un limite, una sofferenza, una rinuncia alla nostra identità. La cittadinanza, diretta emanazione di questi Stati nati dalle idee dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, è espressione della realtà e della libertà degli individui? La storia che abbiamo raccontato oggi sembra dimostrarci che non solo ci sono dei limiti, ma anche delle negazioni. E la storia dell’umanità ci ha insegnato che gli umani, e non solo, di fronte alle negazioni si ribellano.
Noi ora abbiamo colto questo messaggio, la difficoltà sta nel renderlo fruibile a chi scegliamo perché ci governi.
 
 
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