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Il Paese di Alice. Il prezzo della non educazione e informazione civica è troppo alto
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Il paese di alice di Vincenzo Donvito
14 novembre 2018 10:25
 
  Il senso civico e l’educazione civica non sono mai da sottovalutare, perché sovrintendono alle regole scritte, vocali e di comportamento della nostra quotidianità, consentendoci di vivere meglio in tutto quello che condividiamo con gli altri (la cosiddetta comunità), e non solo. E’ quanto per esempio, dovrebbe essere utilizzato se, prendendo un autobus decidiamo di salire dalle porte dedicate alla discesa e dove è scritto in modo evidente “vietato salire”; e questo accade perché siamo distratti o perché riteniamo che la nostra necessità è superiore a qualunque regola, e magari lo facciamo tenendo per mano un nostro figliolo che – così - “impara”.
Nel nostro contesto nazionale, scene come quella del nostro esempio sono all’ordine del giorno. Questo accade perché sia il senso civico che l’educazione civica sono affidati alla buona volontà delle famiglie e degli individui, mentre coloro che abbiamo delegato a rappresentarci e a gestire la cosa pubblica, a parte alcuni cartelli, disastrosamente emblematici, nei luoghi pubblici (“è vietato assolutamente fumare”, è il più tipico: perché assolutamente?…), non fanno niente di concreto; o se lo fanno – al momento – sembra che siano solo buone intenzioni, magari per qualche promessa elettorale.
Di questo oltre ad esserne consapevoli quotidianamente, ne siamo anche vittime. In senso ampio, perché se si ritiene legittimo entrare in un autobus da dove è scritto “vietato salire”, non si capisce perché non si dovrebbe ritenere altrettanto legittimo evadere il fisco, perché magari si pensa che le tasse siano troppo alte. Esempio non a caso, perché si tratta di un comportamento che viene anche incoraggiato da parte di chi ci amministra con i continui condoni o paci fiscali. E l’Italia va.
Noi come associazione ne siamo particolarmente coinvolti, avendo tutti i giorni a che fare con cittadini che hanno qualche problema nei confronti di amministrazioni pubbliche o aziende private che, quando hanno torto e non si tratta di loro errori, sono quasi sempre situazioni in cui la norma viene elusa fidando sull’ignoranza del proprio interlocutore.
Riportiamo un classico esempio con cui quasi quotidianamente abbiamo a che fare; in questo caso è col servizio telefonico di consulenza che mettiamo a disposizione dei cittadini.
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Cittadino. Buongiorno, mi è arrivata una multa perché dicono che non ho dichiarato, entro i termini di legge, chi era alla guida del mio veicolo quando è stata commessa un’infrazione al codice della strada.
Aduc. Quando le è arrivata la multa, e quando è stata commessa l’infrazione per la quale avrebbe dovuto fare questa dichiarazione?
Cittadino. L’infrazione è di maggio scorso, ma il verbale l’ho ritirato alle Poste solo ora a metà novembre perché, vivendo all’estero, non avevo visto la cartolina che mi comunicava di andare a ritirare la raccomandata alle Poste. La cartolina mi era stata inviata a luglio scorso.
Aduc. La regola è che se lei non va a ritirare la raccomandata entro 10 giorni, il verbale si dà per notificato, e da questo decimo giorno parte il conteggio, nel suo caso 60 giorni, entro cui comunicare chi era alla guida del veicolo. Quindi lei ha sforato i termini.
Cittadino. Ma io vivo all’estero e solo ogni tanto vado a vedere la posta lì dove ho la residenza.
Aduc. Se lei non ha la residenza all’estero, e quindi se ancora cittadino italiano sarebbe iscritto all’Aire, e lì le avrebbero dovuto notificare il verbale entro 360 giorni, è ovvio che la notifica avviene dove lei ha la residenza, che per l’appunto è il luogo in cui su comunica all’autorità dove si è reperibili. Nel suo caso avrebbe dovuto incaricare un suo conoscente di passare ogni tanto a vedere la posta.
Cittadino. Ma questo lede il mio diritto di movimento e di lavoro.
Aduc. No (ndr. - e gli rispieghiamo come funziona la residenza)
Cittadino. No, non mi convince, e credo che non debba pagare perché queste cose, ingiuste e vessatorie, non le sapevo…
Aduc. Crediamo non siano vessatorie, mentre su “ingiuste” se ne può discutere in termini accademici, perché questa è comunque la legge.
Cittadino. Ah, ho capito, voi non difendete il cittadino. Andrò da un’altra associazione.
Aduc. Prego, faccia pure.
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Dialoghi del genere, presso i nostri uffici e ai nostri telefoni, sono all’ordine del giorno. E sono conseguenza di quanto abbiamo scritto nella prima parte di questo articolo. Situazione temporanea in attesa che il nostro Paese divenga più civico? Magari! E’ vero il contrario. La situazione peggiora sempre di più. Sono quasi trenta anni che Aduc svolge questo servizio di informazione e consulenza e – ovviamente anche colpa nostra perché comunque siamo parte della comunità – non abbiamo mai registrato una tendenza opposta.
Motivi? Svariati.
Il primo, legato alla quantità, è perché nel 2018 la comunicazione e l’informazione a 360 gradi è sempre più accessibile a chiunque. Quindi, mentre in passato a contestare eventuali distorsioni dei servizi pubblici e privati erano i pochi che ne conoscevano la possibilità, oggi questa “platea” si è allargata (e questo è un bene), coinvolgendo anche i meno eruditi, che raccolgono quel che sembra loro più interessante dal turbinìo di informazioni che gli gira intorno. Informazioni che, complici anche non poche associazioni che promettono rimedi per tutto (basta che gli sprovveduti paghino), sono spesso fuorvianti.
Il problema principale, però, è che continuano ad esserci sempre meno eruditi civici (e questo lo sanno anche tutti coloro – anch’essi in crescita - che propongono loro rimedi impossibili).
E quindi, il secondo motivo per cui ciò accade ci riporta alle nostre osservazioni sul deficit di informazione ed educazione civica di cui abbiamo scritto.
Per concludere.
Ben vengano le innovazioni tecnologiche che ci consentono un quantità di informazioni che prima erano inimmaginabili. Ma per far sì che non producano - da parte degli informatori come da parte degli informandi – quello che abbiamo documentato, occorre una base educativa e culturale dove, la responsabilità dello Stato, è centrale. L’alternativa è il caos in cui viviamo oggi, e che peggiora. Forse qualcuno è interessato a questo caos? Bene, ci troveranno sempre a metter loro i bastoni fra le ruote. Oppure – peggio - qualcuno ritiene che a questo caos di informazione si debba rimediare col controllo dello Stato, dimenticando – ovviamente parliamo per quelli in buona fede – che quando lo Stato era onnipresente anche nel nostro Paese, con le dovute differenze temporali e tecnologiche, la situazione era tutt’altro che migliore?
Non è facile. Ma non è impossibile. Noi di Aduc ci proviamo facendoci sbattere i telefoni in faccia da chi dice che si rivolgerà ad altri che ritiene più funzionali al suo “delirio” civico. Aspettiamo chi ci amministra.
 
 
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